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Nicaragua: il Governo accetta le condizioni dei vescovi per il dialogo. Ancora violenze nella città di Masaya

La vicepresidente del Nicaragua, Rosario Murillo, ha risposto alla Conferenza episcopale accettando le quattro condizioni che i vescovi avevano posto per proseguire il dialogo con presidente Ortega.

Il Nicaragua vive ore di tensione e incertezza dopo le repressioni nei confronti degli studenti che sono proseguite anche la scorsa settimana e dopo la lettera dei vescovi al presidente Daniel Ortega, con quattro condizioni per proseguire nel dialogo (consentire l’ingresso nel Paese della Commissione interamericana per i diritti umani, sopprimere i corpi paramilitari, far cessare la repressione e dare segni credibili di volontà di dialogo). Sabato, poche ore dopo l’appello dei vescovi, la vicepresidente Rosario Murillo, moglie di Ortega, aveva risposto alla Conferenza episcopale, accettando tutte e quattro le condizioni: «Siamo pronti a concretizzare l’appello al dialogo il più presto possibile, per la tranquillità di tutti i nicaraguensi». Aggiungendo poi di accogliere tutti e quattro i punti espressi dai vescovi e impegnandosi «a lavorare perché si stabiliscano la verità e le responsabilità» di quanto accaduto nelle ultime settimane.

Tuttavia, nella giornata di sabato le forze speciali hanno compiuto una nuova violenta repressione nella città di Masaya, la culla del folclore e dell’artigianato del Nicaragua. Il bilancio è stato di due vittime e un centinaio di feriti e, solo in seguito a questo fatto, è intervenuto direttamente in tv il presidente Ortega, che si è unito «al dolore del popolo di Masaya» chiedendo «che cessi lo spargimento di sangue». Ieri tantissimi cittadini si sono spostati con vari mezzi di locomozione da Managua a Masaya per solidarizzare con gli abitanti della città colpita il giorno prima dal nuovo attacco.

Dal suo profilo Twitter, il vescovo ausiliare di Managua, mons. Silvio José Báez, ha rivelato che nella giornata di ieri non sono stati rivolti inviti alla Commissione interamericana per i diritti umani per entrare nel Paese. E che vari sacerdoti hanno continuato a ricevere intimidazioni e minacce telefoniche. Nella sua omelia il presule ha detto: «Il momento è delicato. Per questo non dobbiamo lasciarci sopraffare dall’emozione, dall’ira o dalla precipitazione irresponsabile, e neppure dalla paura e tanto meno dalla violenza».