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Pakistan, la nuova strage degli innocenti

Il portavoce dei miliziani: «Il governo sta prendendo di mira le nostre famiglie e le nostre donne. Vogliamo che provino lo stesso dolore». L'arcivescovo di Karachi Joseph Coutts: «Quello che è successo a Peshawar è un brutto segno... Vogliono distruggere le basi della nostra società». Paul Bhatti, ex ministro pakistano, invita il governo a intervenire contro le scuole coraniche dove s'insegna l'odio

Pakistan sotto choc. Questa volta il terrore ha toccato l’intoccabile e cioè la vita più innocente, quella dei bambini. Un commando affiliato al Tehreek-e-Taliban Pakistan (Ttp), armato di fucili, ha assaltato una scuola pubblica, frequentata da alunni tra 6 e 16 anni, appartenente all’esercito. 141 le persone che hanno perso la vita, di cui oltre 130 studenti. Decine i feriti, ma il bilancio è in continuo aggiornamento. I terroristi sono penetrati nell’edificio tenendo in ostaggio circa 500 tra studenti e insegnanti. L’azione è stata rivendicata dalla sigla Ttp (Tehreek-e-Taliban Pakistan). A scatenare l’attacco è stata la vendetta per l’operazione lanciata dall’esercito pakistano contro i miliziani nel Nord Waziristan e nella Khyber agency. Il portavoce dei talebani pachistani, Mohammed Umar Khorasani, ha detto: «Abbiamo scelto con attenzione l’obiettivo da colpire con il nostro attentato. Il governo sta prendendo di mira le nostre famiglie e le nostre donne. Vogliamo che provino lo stesso dolore». Parole di condanna sono state espresse in tutto il mondo, dal premier italiano Matteo Renzi a quello britannico David Cameron, al presidente della Repubblica francese François Hollande.

«Un immenso choc per tutto il Paese». Con queste parole l’arcivescovo pakistano di Karachi, Joseph Coutts, commenta le prime notizie che arrivano dai media internazionali sull’attentato talebano a Peshawar. «È una notizia sconvolgente, terribile e impensabile. Il segno che i talebani sono davvero pronti ad attaccare ovunque e a uccidere chiunque». L’arcivescovo spiega che quanto accaduto a Peshawar deve essere letto nel contesto in cui è stato realizzato. «I talebani – spiega – sono un gruppo di estremisti e hanno la mira di fare del Pakistan uno Stato islamico ripercorrendo qui lo stesso terribile disegno dell’Isis in Siria e Iraq. Il governo quest’anno ha lanciato un’azione militare contro di loro. Operano principalmente sulle montagne nel Nord-Ovest, in una regione al confine con l’Afghanistan, estremamente difficile da controllare. Questo attacco può quindi essere letto come un’azione di vendetta contro il governo prendendo di mira target civili che non sono assolutamente in grado di difendersi. È terribile che abbiano scelto proprio di attaccare una scuola dove ci sono bambini. Significa che i talebani non hanno limiti ed è gente pronta a fare qualsiasi cosa. È un segno di quanto brutali possano essere».

L’arcivescovo guarda con preoccupazione al futuro del Pakistan. «Quello che è successo a Peshawar – dice – è un brutto segno per ciò che potrà avvenire: a questo punto possono attaccare altre scuole, luoghi di culto, moschee, chiese addirittura ospedali. Queste persone vogliono distruggere le basi della nostra società attaccando le scuole e i nostri bambini». L’arcivescovo si rivolge direttamente ai terroristi: «Vorrei dire a queste persone che non possono aver fatto questo attacco in nome di una religione, perché Dio è il Misericordioso. Non so se c’è un modo o una via per parlare ai loro cuori. Posso solo dire che Natale è per noi cristiani un tempo di preghiera e chiederemo a Dio di toccare i loro cuori». E conclude con un messaggio rivolto a tutti gli uomini di buona volontà presenti nel Paese: «Tutti in Pakistan, musulmani e cristiani, siamo chiamati a trovare insieme una soluzione per risolvere questo problema».

«È gente che non ha religione, non ha cuore, non ha umanità». Pronuncia parole durissime Paul Bhatti, ex ministro pakistano. Ed aggiunge: «La mia più grande preoccupazione è che il governo non ha ancora preso le misure necessarie con programmi a medio e lungo termine per eliminare questo odio sempre più diffuso nel Paese. Qui non si tratta soltanto di cambiare la legge sulla blasfemia o di arrestare qualche persona. Occorrono programmi a lungo e medio termine per ridurre questi attacchi e agire laddove crescono e si fomentano queste ideologie estreme». Il riferimento di Paul Bhatti è preciso: «Ci sono in Pakistan una serie di scuole dove vengono formate queste persone, soprattutto giovani e addirittura bambini, che sono pronti a vivere e morire per certe ideologie. E il governo non ha ancora avviato alcun programma e alcuna azione per risolvere questo problema. Questa la mia più grande preoccupazione. Il governo deve fare passi concreti: ogni anno vengono fuori da queste scuole migliaia di bambini con ideologie che poi sono difficili da controllare. Gente manipolata che manipola, che fa presa soprattutto laddove povertà e ignoranza sono più diffuse. Due elementi che si sposano, l’uno con l’altro, in un meccanismo che lascia poca speranza».