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Radicalismo islamico: i combattenti «occidentali» sono quattromila

Il numero degli stranieri che decidono di aderire alla «causa» terroristica e unirsi alle organizzazioni jihadiste in conflitto in Siria e Iraq, continua a salire. Secondo l'ultima stima dell'International Centre for the Study of Radicalisation and Political Violence (Icsr), il totale dei combattenti stranieri supera ora le 20mila unità di cui quasi un quinto sono residenti o cittadini di Paesi dell'Europa occidentale.

I dati – resi noti al Sir dall’Osce – sono stati prodotti dall’Icsr in collaborazione con la Conferenza di Monaco sulla sicurezza (Munich Security Conference). Essi comprendono stime relative a 50 Paesi del mondo per i quali erano disponibili e sufficientemente affidabili i dati ufficiali stilati dai governi. Ad eccezione di alcuni Paesi del Medio Oriente, tutti i dati sono basati su stime risalenti alla seconda metà del 2014 e si riferiscono al numero totale dei viaggiatori nel corso dell’intero conflitto.

Secondo i dati dell’Icrs i combattenti italiani sarebbero 80, ma per Lorenzo Vidino, uno dei massimi esperti di Jihad in Italia, «il numero più attendibile è quello di 53 fornito dal ministro dell’Interno, Angelino Alfano». «Si tratta – spiega al Sir – di persone dal profilo piuttosto eterogeneo che appartengono a due gruppi: i siriani, una dozzina circa, persone che vivono in Italia da diversi anni che hanno scelto di rientrare per combattere nel loro Paese. Il secondo gruppo è quello degli italiani che non hanno legami con la Siria. Tra loro vi sono alcuni convertiti, come il genovese Delnevo, dei ragazzi di seconda generazione cresciuti, se non nati in Italia e i bosniaci o più in generale i balcanici». Cosa li spinge a combattere? «La voglia di aiutare sull’onda delle immagini di donne e bambini in difficoltà, in alcuni vi è l’attrazione religiosa e in altri quella politica con la nascita dello Stato Islamico considerato ambiente ideale nel quale vivere. Si tratta di una ideologia politica che utilizza una religione per avanzare la propria visione».