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Siria, attentati a Damasco: Nunzio, «Camminiamo su strade grondanti sangue»

«Abbiamo sentito un forte boato che ha sprigionato una enorme nuvola di fumo. Eventi abituali qui. Solo dopo, guardando la televisione locale abbiamo appreso che il bilancio delle vittime è enorme». Il nunzio apostolico in Siria, monsignor Mario Zenari, racconta così al Sir l'esplosione di un'autobomba questa mattina in pieno centro a Damasco che ha provocato, secondo i media, 53 morti e 200 feriti, anche se il bilancio ufficiale parla di 35 vittime e 237 feriti.

«Le immagini trasmesse – dichiara il nunzio – mostravano corpi carbonizzati, a brandelli e altre scene terribili». L’autobomba non è stata l’unica esplosione di questa «tragica» mattinata nella capitale siriana: «Un colpo di mortaio è caduto anche qui a meno di trecento metri dalla nunziatura. Per noi è difficile distinguere se siano esplosioni, cannonate, colpi di arma da fuoco». Da fonti militari si è appreso che l’attacco di mortaio era diretto alla sede dello Stato maggiore dell’Esercito, un edificio da poco sottoposto a restauri. Con questi attacchi il conflitto civile tra fautori del presidente Assad e i ribelli armati dell’Opposizione entra prepotentemente nel centro moderno di Damasco: «Un primo attacco si era verificato circa dieci giorni fa, ma non di questa ampiezza».

«Attualmente siamo nella nunziatura apostolica che è nei paraggi dell’ambasciata di Italia e di altri Paesi come l’Iraq, gli Usa, in una zona non molto distante dalla nota piazza degli Omayyadi. Finora siamo rimasti abbastanza fuori dalla tormenta ma adesso anche qui si registrano colpi e scambi a fuoco». Circa la notizia, rilanciata da un’agenzia locale, su un possibile attentato contro di lui, progettato in ambienti militari e dell’intelligence siriana, come rappresaglia contro i suoi recenti pronunciamenti sul conflitto, mons. Zenari spiega di «non avergli dato peso. Questa mattina ho fatto tradurre dall’arabo la notizia. Da quel che ho appreso è che alcuni non avrebbero gradito delle mie dichiarazioni, risalenti a una settimana fa, in cui dicevo che qui stiamo camminando sul sangue delle vittime sparse ovunque, strade e marciapiedi, anche a Damasco. In quella occasione dicevo anche che la Siria sta vivendo, più che la Quaresima, il suo Venerdì Santo, e invitavo la comunità internazionale a non lavarsi le mani e a non fare la parte di Ponzio Pilato. L’unica via per uscire rapidamente dal conflitto è costringere i contendenti a negoziare. Di quella dichiarazione non ritiro nemmeno una virgola. Rischiamo, lo ripeto, di camminare su strade e marciapiedi grondanti di sangue».