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Spagna, scenario politico più instabile e frammentato. Si profila una grande coalizione?

Il Partito socialista resta prima forza, ma dalle urne non esce quella maggioranza che il premier uscente Sanchez si augurava. Boom dell'ultradestra di Vox. Nessun blocco (destra o sinistra) ha la maggioranza per governare.

Il voto di domenica 10 novembre non risolve lo stallo politico in cui si trova la Spagna, chiamata alle urne per la quarta volta in quattro anni. Il Partito socialista del premier uscente Pedro Sanchez resta solidamente la prima forza del Paese, col il 28,0 dei voti e 120 seggi: ne perde 3 rispetto alle scorse elezioni. Risale il Partito popolare di Pablo Casado: 20,8%, 88 seggi (ne aveva 66). Terza forza nazionale si impone l’ultradestra di Vox: 15,1% di consensi e 52 seggi (era a 24). La sinistra di Unidos Podemos cala di poco, crolla la forza centrista dei Ciudadanos. Notevoli i consensi dei partiti minori, con un parlamento frammentato.

Al momento nessun «blocco» (sinistra e destra) può contare sui 176 seggi per governare. Occorreranno altre trattative, con il rischio, che già oggi circola per il Paese, di un ennesimo ritorno alle urne. Pedro Sanchez dichiara: «il Psoe ha vinto le elezioni. Il nostro progetto è formare un governo progressista stabile. Mi rivolgo a tutte le forze politiche, escluse quelle che predicano l’odio». Ovvero non esclude una grande coalizione con i Popolari, oppure un governo di sinistra con Podemos, sostenuto dai catalani e dai baschi. Pablo Casado sottolinea: «il Pp ha ottenuto un buon risultato elettorale, ma il Paese non ha ottenuto un buon risultato». A Sanchez manda a dire: «decida cosa vuole fare. Perché la Spagna non può più aspettare». Santiago Abascal, leader di Vox: «Siamo la terza forza politica, alternativa patriottica e sociale che chiede l’unità della Spagna». In Catalogna – la particolarità – i partiti indipendentisti ottengono meno voti degli unionisti.

I commenti dei quotidiani spagnoli. «Sánchez fallisce: è tempo di una grande coalizione». Così il sito del quotidiano El Mundo apre stamattina, con un commento che definisce «più instabile, più frammentato e ingovernabile» lo scenario politico del Paese dopo le elezioni di ieri. Il voto «a causa dell’irresponsabilità di Pedro Sánchez e della sua incapacità di formare un governo» ha «permesso un riarmo di opzioni radicali, portando allo stesso tempo a una mappa post-elettorale dalla digestione complessa». Unica via d’uscita, una grande coalizione tra socialisti e popolari, «formula senza precedenti nel nostro Paese, ma assolutamente necessaria per far fronte alle attuali sfide». «Tornati ai blocchi di partenza» titola invece El Pais, che invita a «negoziare un programma minimo il prima possibile», affinché i partiti che sono «inequivocabilmente allineati con la Costituzione», fermino «la forza centrifuga che ha di fatto dato agli estremi una destabilizzante capacità decisionale politica». Infatti «le elezioni generali non hanno risolto le difficoltà nel concordare la maggioranza del governo. Al contrario, le hanno aggravate, corroborando l’inutilità di tornare ai seggi in cerca di una soluzione aritmetica per un problema che era ed è di altra natura», si legge sul quotidiano di Madrid, che vede come «risultato più palpabile» di questa fase politica difficile «l’allarmante rafforzamento dell’estrema destra».

«Il Psoe vince le elezioni con tre deputati in meno e un disastro strategico» campeggia sul sito de La Vanguardia. «Siamo dove eravamo», il commento politico, perché «il rischio di blocco permane» e «non si può escludere che lo spettacolo doloroso a cui abbiamo assistito dopo le elezioni del 28 aprile, con i partiti che bloccavano gli accordi, si ripeta». Secondo il quotidiano di Barcellona, è ora «che i partiti accettino che la frammentazione è arrivata, che sono obbligati a dialogare e, soprattutto, a raggiungere accordi che consentano la governance della Spagna».