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Vescovi rapiti in Siria: smentita liberazione. Appello dei Patriarcati

Il segretariato del Patriarcato greco-ortodosso di Antiochia e di tutto l'Oriente smentisce questa mattina al Sir la notizia che i due vescovi rapiti siano stati liberati. Ed aggiungono che la notizia diffusa ieri è dovuta molto probabilmente dalla mancanza di comunicazioni con Aleppo. Altri particolari - circa cioè richieste di riscatto da parte dei rapitori - non possono essere dati perché - dicono - «sono momenti vitali».

L’unica posizione ufficiale è un comunicato congiunto rilasciato ieri dal Patriarcato Greco-Ortodosso di Antiochia e dal Patriarcato Siro-Ortodosso di Antiochia a cui appartengono i confratelli vescovi rapiti, il metropolita Paolo Yazigi, Arcivescovo di Aleppo e Alessandretta per i Greco-Ortodossi e il metropolita Giovanni Ibrahim, Arcivescovo di Aleppo per i Siro-Ortodossi. E ricordano che i due vescovi erano diretti ad Aleppo, «di ritorno da un incarico filantropico». I Patriarcati si dicono quindi «addolorati per questo rapimento come anche per altri eventi simili che toccano i cittadini qualunque sia la loro appartenenza».

«Il rapimento è un aspetto veramente terribile e da condannarsi senza esitazione di tale violenza, poiché disprezza la vita di singoli inermi. Noi, chiedendo ai rapitori di rispettare la vita dei rapiti, invitiamo tutti ad abbandonare tutto ciò che permetta o favorisca il conflitto confessionale e di parte tra gli appartenenti ad una stessa patria». È quanto scrivono in un comunicato fatto arrivare al Sir scritto congiuntamente dal Patriarca Greco-Ortodosso di Antiochia, Giovanni X (Yazigi, fratello maggiore di uno dei vescovi rapiti) e dal Patriarca Siro-Ortodosso di Antiochia Mar Zakka I (Iwas).

I due Patriarchi chiedono la liberazione dei due vescovi rapiti a nord di Aleppo, il metropolita Paolo Yazigi, Arcivescovo di Aleppo e Alessandretta per i Greco-Ortodossi e il metropolita Giovanni Ibrahim, Arcivescovo di Aleppo per i Siro-Ortodossi. «Ci rivolgiamo ai rapitori dicendo che i rapiti sono messaggeri di amore nel mondo, come attesta la loro missione religiosa, sociale e per la patria. Perciò invitiamo i rapitori a comportarsi in questo evento doloroso astenendosi da ogni violenza che non è utile se non ai nemici della nostra patria». Il pensiero poi si rivolge alla popolazione siriana. «Noi – scrivono – comprendiamo la preoccupazione dei cristiani in conseguenza di tale evento. Li invitiamo ad essere pazienti, a conservare la loro fede, appoggiandosi su Dio la cui forza esiste anche nelle nostre debolezze».

«Riteniamo – proseguono i due Patriarchi – che il rimanere nelle nostre patrie e il fare il possibile affinché siano una terra di pace e convivenza, sia un grande ed efficace strumento per difenderle». Il comunicato sottolinea che «i cristiani di queste terre sono una parte essenziale della composizione demografica dei popoli ai quali appartengono» e «lavorano come operatori di bene per impedire l’ingiustizia contro coloro che subiscono maltrattamenti». Il comunicato è dunque un appello alla pace in Siria: «Di fronte a questo evento di così grande dolore, invitiamo tutto il mondo a lavorare per porre fine a questa tragedia al cuore della Siria amata, affinché essa ritorni un paradiso di amore, sicurezza e convivenza pacifica». «Cogliamo l’opportunità per invitare i nostri concittadini, di tutte le confessioni islamiche, a lavorare insieme, gli uni con gli altri, in modo da dimostrare che ci rifiutiamo di considerare l’uomo come un prodotto da acquistare o vendere, uno scudo utile nelle guerre, o una merce politica o finanziaria».