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Ballottaggi: trionfano le donne a 5 Stelle a Roma e Torino

Virginia Raggi e Chiara Appendino. Dalle 23.00 di domenica 19 giugno 2016, i nomi di queste due giovani donne sono entrati di diritto nella storia politica italiana. Entrambe espressione del Movimento 5 Stelle hanno conquistato rispettivamente i Comuni di Roma e Torino, superando i candidati del Pd. L’una ha sbaragliato il campo romano doppiando i voti del proprio avversario, Roberto Giachetti. L’altra ha battuto con un buon margine, ma recuperando ben 11 punti di distacco rispetto al primo turno, un esponente storico del Pd come Piero Fassino.

L’avanzata delle donne dei 5 Stelle è certamente il dato più significativo di questa tornata amministrativa che sancisce la nascita di un Terzo Polo che certamente vorrà giocare le sue carte nei futuri appuntamenti elettorali, a partire dalla battaglia referendaria che in autunno vedrà gli elettori italiani chiamati ad esprimersi sulla riforma costituzionale dalla quale può dipendere la nascita della Terza Repubblica.

La doppia vittoria delle candidate 5 Stelle là dove sono andate al ballottaggio è il segno di una rottura visibile del rapporto fiduciario dell’elettorato con una forza storica, il Pd, unica sopravvissuta alla stagione di Mani Pulite.

E il fatto che il Pd perda la guida di Torino è, in questo contesto, il dato per Matteo Renzi più allarmante. Se infatti a Roma il Pd era stato risucchiato nella melma di Mafia Capitale, nella inettitudine del «Sindaco Marziano» e nella totale ingovernabilità della capitale del Paese, nel capoluogo piemontese il Pd aveva salvaguardato la tenuta sociale di una città in piena trasformazione dopo il lento e inesorabile abbandono della Fiat.

Dunque, là dove il Partito democratico si è trovato a fronteggiare i 5 Stelle, ha dovuto cedere il passo. Ora si sprecheranno le interpretazioni più propriamente politiche rispetto alla sostanza di un voto amministrativo, ma queste elezioni mettono inevitabilmente in fibrillazione i progetti di Matteo Renzi. A partire dal referendum e sino alle future elezioni politiche la cui data sino a ieri certa, ovvero il 2018, appaiano ora meno lontane. Il centrosinistra si consola con Milano e Bologna, mentre il centrodestra appare a dir poco appannato.

Il voto amministrativo restituisce alcuni dati emergenti: la personalizzazione dello scontro politico (leggasi Renzi) non paga, il forte disagio popolare nei confronti di chi non ha saputo rimettere in moto l’economia e l’occupazione, la coalizzazione del voto di protesta sicuramente trasversale e popolare nei confronti della principale forza di governo, la mancata rottamazione del vecchio personale politico amministrativo, la convergenza dei voti del centrodestra sui candidati dei 5 Stelle.

E’ quest’ultimo il dato su cui il Pd è chiamato a sviluppare una profonda riflessione, partendo da una considerazione persino banale: cosa accadrebbe se, una volta approvato l’Italicum, nel caso di ballottaggio i cittadini si trovassero a scegliere fra un esponente del Pd e uno dei 5 Stelle per la guida del governo? Il centrodestra spianerebbe la strada a un premier grillino? E a parti invertite cosa farebbe il Pd? La domanda non è affatto banale, considerati i risultati delle amministrative. Qualcuno direbbe «è il tripolarismo bellezza!». Ma una battuta non ci salva e non ci salverà dal bisogno disperato di governabilità, sia a livello nazionale sia locale.

E di questo ci occuperemo tutti dalle prossime ore perché il tema della governabilità non si esorcizza neppure con una valanga di consensi. Peraltro piovuti su un Movimento di protesta che ha sciorinato in tutta la campagna amministrativa una lunga serie di «no», che immaginiamo saranno confermati dalle future scelte di governo e di amministrazione. Aspettiamo dunque fiduciosi che tutti i nuovi sindaci, pentastellati, di centrosinistra e di centrodestra, o espressione di tante e diverse liste civiche, sappiano restituire dignità al governo delle città.

E ai partiti nazionali, a tutti i partiti nazionali, chiediamo di rileggere il voto amministrativo nell’ottica della responsabilità. Non è questo il momento delle ritorsioni o delle scelte vendicative. Sono necessarie la lucidità dell’analisi, la freddezza intellettuale e anche dosi aggiuntive di maturità democratica e di disinteresse.

Doti tutte necessarie, in questa fase, per decidere cosa farne di questa Repubblica, attraverso il Referendum costituzionale. E poi ancora a chi affidare la guida del Paese nella tornata elettorale che vedrà protagonisti i cittadini italiani. Meglio sarebbe, per tutti, che quello che oggi viene definito il «trionfo dei 5 Stelle», divenisse domani il trionfo del buon governo e della buona politica. Altrimenti, di rottamazione in rottamazione…