Opinioni & Commenti

Burqa, non a colpi di legge

Alberto Campoleoni

La commissione Affari costituzionali della Camera ha approvato il testo della legge che prevede multe fino a 500 euro per chi indossa burqa e niqab in luoghi pubblici (salvo casi particolari) e indica il carcere e la negazione della cittadinanza per chi obbliga le donne a indossare veli o indumenti che coprano completamente il viso. Il testo dovrà andare avanti e verrà discusso in aula, dopo le vacanze estive.

La questione è delicata e coinvolge diversi livelli. Anzitutto vi è un problema di ordine pubblico che richiede la possibilità di identificazione delle persone, possibilità che verrebbe meno con indumenti che coprono quasi del tutto le donne. In realtà, però, su questo punto la legislazione italiana ha già una legge apposita. Il nuovo testo insiste su burqa e niqab, legati al mondo islamico.

Un’altra questione riguarda la dignità della donna. Il velo integrale, inteso sempre come “imposto” alle donne, andrebbe a violare proprio la dignità femminile. Souad Sbai, deputata Pdl di origine marocchina che ha messo a punto il testo di legge, ha affermato soddisfatta che “questa legge è per le donne” e, ancora: “Sia chiaro a tutti che il burqa non è un diritto di libertà ma solo e sempre un’aberrante imposizione”. Per altri è ”una prigione di stoffa”.

Al fondo c’è poi il problema decisivo dell’integrazione tra persone e culture diverse. Nello spazio culturale europeo abitano sempre più tradizioni culturali e religiose anche molto differenti, talvolta in conflitto tra loro.

L’Italia arriva al “divieto di burqa” (siamo solo al primo passo di un iter ancora lungo) dopo altri Paesi d’Europa. E in questi stessi Paesi, ad esempio in Francia e in Belgio, nei mesi scorsi sono stati sollevati sia i temi della sicurezza, sia quelli della dignità femminile. Così come, in quei Paesi come oggi in Italia non è mancato chi ha rilevato come una legge contro burqa e niqab sia sostanzialmente inutile, se non dannosa. Inutile perché il fenomeno interesserebbe pochissime persone e perché le norme per la sicurezza ci sono già; dannosa perché potrebbe alimentare nuove segregazioni e ulteriori contrapposizioni, diffidenze e ostilità, in particolare verso l’Islam (che peraltro, rispetto a burqa e niqab ha posizioni molto diversificate). Il commissario per i diritti umani del Consiglio d’Europa, Thomas Hammarberg, commentando l’entrata in vigore della legge anti-burqa in Belgio, ha sostenuto tra l’altro che potrebbe costituire “una violazione delle norme europee dei diritti umani”.

Il fatto vero resta quello dell’integrazione che peraltro dovrebbe essere pensata tenendo conto delle diversità. La sempre maggiore complessità socio-culturale-religiosa dell’Europa impone anche un supplemento di fantasia nella costruzione dello spazio comune. Certo, tenendo conto di “diritti-doveri comuni” (tra questi, ad esempio, vi è anche la riconoscibilità nei luoghi pubblici secondo Emma Bonino, tra i “nove saggi” che hanno elaborato un rapporto sul futuro dell’integrazione presentandolo al Consiglio d’Europa, rapporto nel quale, proprio sulla questione burqa e luoghi pubblici sono rimaste idee differenti, anche contrastanti) e nello stesso tempo della delicatezza dovuta alle sensibilità e alle ragioni di opportunità che si intrecciano nelle diverse comunità territoriali. Forse – lo rilevavano, mesi fa, ad esempio, i vescovi francesi, analizzando la situazione nel loro Paese – procedere a”a colpi di legge” non è la cosa migliore.