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Calciopoli, arbitrato amaro per i Viola

Sconto di 8 punti a Juve e Lazio, nessuno al Milan e di appena 4 punti alla Fiorentina, che si vede però costretta a versare alla Figc gli incassi delle prime tre partite di campionato. Questo il verdetto della Camera arbitrale del Coni, presieduta dall’avvocato Pier Luigi Ronzani (e composta da Guido Cecinelli, Marcello Foschini, Luigi Fumagalli e Giulio Napolitano) emesso alle 22,30 circa di venerdì 27 ottobre (il testo della sentenza sulla Fiorentina del Collegio arbitrale del Coni). Rabbia e sconcerto tra i tifosi viola e delusione per la proprietà che può consolarsi solo con la derubricazione da illecito (art.6) a slealtà sportiva (art. 1) per la gara Lecce-Parma.

Ma proprio questo aumenta le perplessità: se non ha commesso illeciti perché penalizzarla così pesantemente? Se lo chiede la stessa società viola esaminando le motivazioni delle decisioni del Collegio dell’Arbitrato del Coni. La società viola si riserva di prendere eventuali decisioni legali nei prossimi giorni, intanto la sensazione che trapela è quella di “essersi trovata coinvolta nell’ennesimo pasticcio” con l’impressione che “sia stata trovata una soluzione che non facesse crollare il castello accusatorio che coinvolge altri personaggi. E’ stata confermata l’estraneità della Fiorentina però – fanno sapere dal club viola – le pene sono state confermate. Ne prendiamo atto anche se non capiamo”.

Nella storia della Fgci, gli episodi di “slealtà sportiva” sono sempre stati puniti con lievi penalizzazioni, attorno ai 2 punti per ogni violazione. Ora, a parte i dubbi su alcuni degli episodi addebitati (tipo il pranzo di Diego Della Valle con il designatore arbitrale Paolo Bergamo, quando per ammissione esplicita di quest’ultimo era una prassi consolidata per tutte le squadre di calcio), salta subito agli occhi la sproporzione tra le violazioni eventualmente commesse e la pena inflitta, che è stata, è bene ricordarlo, di 30 punti sul campionato scorso con conseguente perdita della Champions League (con grave danno economico) e di 15 punti su questo campionato (massima penalizzazione mai irrorata nella storia del calcio italiano), oltre alle inibizioni per i vertici, alla multa salatissima e all’obbligo di versare nelle casse della Figc l’incasso delle prime tre partite di quest’anno allo stadio Franchi. Quest’ultima pena, che è scappata fuori in sede di arbitrato del Coni, suona anche come beffa per i tifosi, i quali, affollando lo stadio, non sapevano certo di versare soldi nelle casse del “Palazzo”.

La stagione di “Moggiopoli” finisce in modo ridicolo. Si era partiti sull’onda di decine di intercettazioni che inchiodavano i vertici del calcio e alcune società, tra le quali Juve e Milan, che negli ultimi anni avevano fatto il bello e il cattivo tempo nei campionati di calcio. Si era commissariata la Federazione e nominato Francesco Saverio Borrelli a capo dell’Ufficio indagini, con l’intento di moralizzare il calcio e punire i colpevoli. Peccato che a Borrelli fossero stati dati solo pochi giorni di tempo e di fatto nessuna possibilità di indagine. Nonostante questa, e pur essendo digiuno del mondo del calcio, qualcosa ci aveva capito e perlomeno nella sua relazione aveva individuato in Juve e Milan le “sodali” che si spartivano gli affari calcistici. Ma già con la requisitoria del procuratore Stefano Palazzi (unico sopravvissuto dal terremoto che aveva colpito la Figc) si era capito dove si sarebbe andati a parare: nessuna volontà di accertare le colpe e di porre rimedi ai mali esistenti, solo quella di punire esemplarmente alcune società e alcuni personaggi per dare l’impressione all’opinione pubblica che giustizia fosse stata fatta. Guarda caso la posizione del Milan, che poteva facilmente ricattare tutto il mondo del calcio solo minacciando una ridiscussione dei diritti televisivi Mediaset, si era subito ridimensionata. Senza alcun dibattimento, né esame di prove, la Caf era arrivata a sposare in pieno le tesi precostituite di Palazzi: nessuna “cupola” sul mondo del calcio, solo episodi di slealtà e di illecito sportivo da sanzionare pesantemente, a prescindere dai riscontri oggettivi.

Un po’ di buon senso aveva cercato di applicarlo la Corte Federale, forse anche perché ci si era resi conto delle possibili conseguenze sui campionati di azioni clamorose alle quali si poteva spingere alcune delle società pesantemente penalizzate. Le sanzioni erano state tutte ammorbidite, rendendo la A alla Fiorentina e alla Lazio. Ma con il risultato paradossale di mandare assolti in pratica tutti gli arbitri (tranne De Santis) e lo stesso Carraro. Insomma, rimanevano in ballo alcuni presunti illeciti (cioè alterazioni di risultati sportivi), senza però che si capisse bene chi avrebbe potuto commetterli, se gli arbitri non c’entravano e i giocatori nemmeno…

Dopo l’occasione persa dalla Figc in sede di conciliazione, si è così arrivati all’arbitrato con buone speranze che anche se non poteva essere fatta “giustizia” (nel senso di fare piena luce sui fatti e punire i veri colpevoli) si sarebbero però almeno potute evitare ulteriori “ingiustizie” (cioè il punire pesantemente chi non c’entra o al massimo ha colpe lievissime). I cinque “arbitri” hanno discusso a lungo e, sembra, si siano anche divisi, nonostante che i evrdetti siano arrivati alla fine all’unanimità. Non hanno avuto però il coraggio di sconfessare la giustizia sportiva e i suoi gravi errori.

E’ stata la degna fine di una vicenda cominciata male (con la diffusione sui giornali di alcune intercettazioni e solo di quelle, tra le 100mila registrate nel corso dell’indagine) e proseguita peggio con collegi arbitrali che non hanno voluto approfondire. Se a questo aggiungiamo le ombre sulla vicenda intercettazioni Telecom (l’Inter, nel cui consiglio di amministrazione siedevano i vertici di Telecom, sapeva in anticipo?) e la mancanza di risposte della giustizia sportiva alle accuse pubbliche dell’ex-designatore degli arbitri Paolo Bergamo (“tutti i presidenti si rivolgevano a me, il mio telefono era intercettato e quei colloqui non sono emersi…”), si arriva all’amara conclusione che non è cambiato nulla dall’era Moggi… se non in peggio!Claudio Turrini DA INTERCETTAZIONI AD ARBITRATO, 6 MESI DI SCANDALO Parte da lontano la strada che porta alle sentenze pronunciate oggi dal collegio arbitrale del Coni. E’ il 2 maggio quando la Federcalcio annuncia l’apertura di un’inchiesta su intercettazioni, disposte dalla procura di Napoli, che vedono coinvolti personaggi di primo piano del calcio. Presto emergono i nomi di Luciano Moggi, Antonio Giraudo, del vicepresidente federale Innocenzo Mazzini.

E’ l’inizio di una valanga che in breve travolgerà i vertici del pallone italiano. Dal presidente della Federcalcio Franco Carraro a quello dell’associazione arbitri Tullio Lanese, dai designatori Pairetto e Bergamo al capo dell’Ufficio indagini, generale Pappa, passando per i fratelli Della Valle, Claudio Lotito, Adriano Galliani. L’Aia sarà costretta a sospendere nove arbitri e 10 guardalinee. In tutto saranno 26 gli indagati, tra dirigenti e direttori di gara.

Il 14 maggio la Juventus festeggia il 29/o scudetto, quello che le sarà poi tolto per finire sulle maglie dell’Inter.

Il 16 dello stesso mese arriva Guido Rossi come commissario della Figc. Il 23 Rossi nomina Francesco Saverio Borelli, ex procuratore di Milano, a capo dell’Ufficio indagini. Emergono responsabilità di Juventus, Milan, Fiorentina e Lazio.

Il 19 giugno Borrelli chiude la prima parte dell’indagine su ‘calciopoli’. Il suo lavoro è racchiuso nella relazione di 190 pagine consegnate al procuratore federale Stefano Palazzi.

A fine giugno parte, allo stadio Olimpico, il processo di primo grado che si conclude il 14 luglio con una raffica di sentenze choc: Juventus in B con 30 punti di penalità, oltre alla revoca dello scudetto per la stagione 2004-2005 e la non assegnazione del titolo di Campione d’Italia per il 2005-2006; Fiorentina retrocessa con -12 punti; Lazio in B con -7 punti; Milan in Serie A, ma partendo da -15 punti e fuori dalla Champions. Moggi e Giraudo inibiti per 5 anni; Lotito per 3 anni e sei mesi; Andrea Della Valle per 3 anni e sei mesi; Diego della Valle per 4 anni; Galliani per un anno.

Nelle motivazioni i giudici escludono l’esistenza di una vera cupola, ma accolgono in vari casi la tesi dell’ “illecito sportivo”.

Al termine dell’appello, il 25 luglio, la Corte federale presieduta da Piero Sandulli applica consistenti ‘sconti’. La Juventus resta in B, ma la penalità passa da 30 a 17 punti. Si salvano dalla retrocessione Lazio e Fiorentina, anche se salgono le penalizzazioni: la prima parte da -11, la seconda da -19. Il Milan ritrova la Champions e la penalità in A scende a -8. Come pena accessoria scattano le squalifiche dei campi. Dimagriscono anche le sanzioni a carico di presidenti e dirigenti, ma sono sconti che non soddisfano e basta poco per capire che la parola fine è ancora lontana.

Il passo successivo è quello della camera di conciliazione del Coni. Vi ricorrono tutti, anche il Milan che in un primo momento aveva annunciato di accettare il verdetto di secondo grado. Si comincia subito dopo ferragosto e si va avanti fino a settembre inoltrato.

Il 21 settembre Luca Pancalli prende il posto di Rossi – passato nel frattempo alla presidenza di Telecom – al vertice della Federcalcio. La conciliazione fallisce e si va agli arbitrati. L’11 ottobre si presentano Juventus, Lazio e Milan. I toni delle difese sono più pacati rispetto al passato, ma non meno fermi. Tutti chiedono l’azzeramento delle penalità ed i rossoneri anche l’attribuzione dello scudetto 2006. Il 12 tocca alla Fiorentina ed i legali del club non escludono il ricorso al Tar se la richiesta di annullamento della sanzione non sarà accolta. (Fonte: ANSA).

La Sentenza Fiorentina del Collegio arbitrale del Coni

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