Opinioni & Commenti

«Cercate di essere veramente giusti!». Per i cristiani una strada da percorrere insieme

Sull’onda di commenti e riflessioni su pressanti problematiche di varia umanità che facebook consente di seguire, resto catturato da un aforisma che il prof. Nicola Fiorita dell’Università della Calabria pone a conclusione di un suo intervento (16 settembre 2018): «Non viviamo per essere salvi; viviamo per essere giusti».

Compito maggiore non c’è, se è vero, come è vero, quanto propone il testo base della prossima settimana di Preghiera per l’unità dei cristiani che recita: «Cercate di essere veramente giusti!» (Dt 16:18-20). Un tema che mi ha rimandato a quello della Settimana ecumenica del 2013 che recitava: «Quel che il Signore esige da noi», cioè «praticare la giustizia» (Michea 6:6-8). Per il carattere «profetico» che solitamente riconosco ai temi che vengono proposti anno dopo anno, sono portato a pensare che il tema di quest’anno integri ed imprima senso più ampio e specifico a quello che ho testè ricordato del 2013.

Già in quell’anno risuonò via radio una parola che non esito a riprendere data la sua indiscutibile attinenza al tema del prossimo gennaio. «Il Signore non desidera tonnellate di documenti di studio e, forse, è anche un po’ stanco di interminabili discussioni teologiche su quale chiesa sia veramente tale e quale, invece, lo sia un po’ meno. Egli desidera, invece, che le sue chiese si diano un po’ più da fare per promuovere la giustizia. Non credo – così predicò al Culto radio del 18 gennaio 2013 il pastore Fulvio Ferrario – che ciò significhi sostituire ai lunghi testi che discutono come la chiesa dovrebbe essere altri testi, altrettanto lunghi, su come dovrebbe essere la società. Forse basterebbe un poco più di giustizia nelle chiese, e cioè, meno emarginazione di chi la pensa diversamente dai capi, più partecipazione dei cosiddetti laici, cioè chiese meno clericali; finirla, una buona volta, con la discriminazione delle donne nella comunità cristiana. È solo l’abc, ma da qualche parte bisogna pur cominciare. Un simile tentativo otterrebbe almeno un risultato immediato: aiuterebbe a capire quali sono i veri problemi delle chiese oggi. Non è tutto, ma neanche poco».

Il testo sul quale converseranno insieme le diverse chiese cristiane dal 18 al 25 gennaio 2019 è mutuato dal libro del Deuteronomio e, in linea di coerenza con lo spirito dell’intero libro biblico, conserva un suo tratto giudiziario (e un po’ giustizialista). Ben conservando i tre principi apodittici «non piegherai il diritto», «non avrai riguardi personali» e «non accetterai nessun regalo», il nostro testo ci viene proposto dalle chiese indonesiane in una versione ispirata a «misericordia» (Salmo 145:8-9) e a «trasparente sincerità». È molto paterna la formulazione profetica del tema: «cercate di essere» è una espressione che malcela la consapevolezza divina delle nostre umane difficoltà ad essere giusti; «veramente», cioè «non falsamente», ma bandendo ogni «elegante» forma di insincero e interessato relazionarsi. È invito ad inverare le note indicazioni operative dell’agape (1 Cor 13:4-7) che sono i segni di una giustizia-in-atto a partire da quella indicazione comportamentale di dire «semplicemente “sì” quando è “sì” e  “no” quando è “no”» (Mt 5:37).

La prossima Settimana di Preghiera (18-25 gennaio) potrà essere occasione felice per mettere a fuoco non un tratto particolare della giustizia, ma la giustizia tout court quale sintesi di tutto quello che si può intendere come tensione, pensiero ed agire ecumenici. Imperativa per il nostro tempo la parola di Gesù: «Conviene che noi adempiamo ogni giustizia», ogni aspetto e forma di giustizia (Mt 3:15), quale «esigenza divina rivolta agli uomini» (J. Gnilka).

Una vena di spirito apocalittico crea disagio nel parlare di giustizia tema che non deve evocare inappellabili giudizi divini, ma solo invitare al senso di responsabilità come risposta della nostra fede al Cristo che ci salva. Una responsabilità verticale, quanto al nostro rapporto con Dio, che non si risolve con il soddisfacimento del proprio istinto religioso, ma anche una responsabilità orizzontale nel nostro relazionarci con l’altro, il che imprime pienezza di senso concreto a quella nei confronti di Dio. In Cristo il nostro rapporto con Dio va inquadrato nella giustificazione divina entro la quale va vista e vissuta la nostra comunione ecumenica intracomunitaria ed inter-ecclesiale. Semmai, cominciando alla luce dell’invito esortativo che ci viene proposto quest’anno, perché insieme e in un émpito ecumenico si possa proclamare e celebrare il Signore «Nostra giustizia!» (Geremia 23:6) e autore della nostra «giustificazione» (Rm. 4:25b).

*Pastore della Chiesa Evangelica Apostolica Italiana