Opinioni & Commenti

Costruire il bene comune con il più mondano degli strumenti: la politica

di Domenico Delle Foglie

Nelle cose della vita, come anche nelle dinamiche sociali, talvolta basta una parola giusta nel momento giusto per rimettere in moto energie assopite, sollecitare volontà impigrite, provocare intelligenze temporaneamente ingrigite. Certamente è accaduto a Reggio Calabria, dove i cattolici italiani hanno vissuto la 46esima Settimana Sociale nel silenzio assordante dei media, quanto mai disattenti nel decifrare cosa vada maturando in quella porzione di popolo a cui sta a cuore la costruzione del bene comune.

Così va il mondo, si dirà. Certo, se i cattolici si fossero contati e divisi, in «destri» e «sinistri», figuriamoci i titoloni dei giornali. Ma niente di tutto questo è accaduto. Semplicemente hanno preso sul serio le parole di incoraggiamento contenute nel messaggio di Benedetto XVI: «Rinnovo l’appello perché sorga una nuova generazione di cattolici, persone interiormente rinnovate che si impegnino nell’attività politica senza complessi d’inferiorità. Tale presenza, certamente, non s’improvvisa; rimane, piuttosto, l’obiettivo a cui deve tendere un cammino di formazione intellettuale e morale che, partendo dalle grandi verità intorno a Dio, all’uomo e al mondo, offra criteri di giudizio e principi etici per interpretare il bene di tutti e di ciascuno». Da qui riparte l’azione politica dei cattolici italiani, ben consapevoli della sfida: restituire al Paese una prospettiva di crescita partendo dal grande patrimonio sociale del cattolicesimo.

Dunque, un ritorno alla politica come esercizio «alto» della responsabilità personale e comunitaria. Una prospettiva resa praticabile dal metodo di lavoro «laico» con intensissime sessioni di gruppo sui cinque ambiti dell’Agenda di speranza: intraprendere nel lavoro e nell’impresa, educare per crescere, includere le nuove presenze, slegare la mobilità sociale, completare la transizione istituzionale.

Valuteremo le conclusioni fra qualche tempo, anche se già disponiamo di alcuni punti di riferimento certi. Innanzitutto il federalismo: non dovrà dividere il Paese, ma dovrà contenere in sé i germi della solidarietà e della sussidiarietà. Poi, l’assoluta necessità del rinnovamento delle classi dirigenti, secondo i criteri della competenza e dell’onestà.

E ancora: il tema della rappresentanza che va rivisitato in favore di una scelta diretta degli eletti da parte degli elettori. Per non parlare dell’esigenza di restituire democrazia alla vita interna dei partiti. Tutto questo solo sul versante politico-istituzionale. Ma la Settimana Sociale ha saputo anche riproporre il tema della flessibilità del lavoro che mai deve naufragare nel precariato perenne. Così come l’inclusione sociale degli immigrati necessita di un sano e solido bilanciamento fra legalità e sicurezza, ma con un occhio di riguardo ai bambini nati in Italia da genitori stranieri. E per finire, l’esigenza di sbloccare l’ascensore sociale per garantire al nostro Paese l’apporto forte e originale di tutte le generazioni.

Di sicuro abbiamo dimenticato qualcosa, ma certamente non possiamo sottovalutare il forte richiamo del cardinale Angelo Bagnasco ai «valori primi» che costituiscono l’ossatura antropologica del nostro popolo. Pensare di poter costruire una proposta sociale, culturale e politica prescindendo dai valori della vita, della famiglia, della libertà religiosa ed educativa, sarebbe un esercizio vano. Solo una solida antropologia ci può aiutare a costruire il bene comune, anche attraverso il più mondano degli strumenti qual è, appunto, la politica.