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Da Trump uno show di guerra nella spietata e folle tragedia siriana

Nel 2006 il generale serbo Stanislav Galic è stato condannato all’ergastolo dal Tribunale internazionale per la ex-Jugoslavia. Nel novembre scorso lo stesso tribunale ha condannato all’ergastolo il generale serbo Ratko Madlic. Tutti e due sono stati giudicati colpevoli dello stesso reato: avere assediato Sarajevo quasi trenta anni fa. Sì, perché l’assedio, anche se nelle scuole Agamennone e Achille sono ancora celebrati come eroi, è considerato dalla convenzione di Ginevra del 1949 e dai protocolli aggiunti nel 1977 «crimine di guerra». O meglio: è crimine di guerra quando colpisce i civili con i bombardamenti, quando usa la fame come arma, quando taglia acqua, elettricità e medicine, quando impedisce di portare aiuti agli assediati, cioè in pratica sempre.

Eppure di assedi come quello di Sarajevo in Siria se ne è prodotti in serie. Anzi l’assedio è stata la principale arma di guerra e la guerra in Siria è stata anche solo per questo aspetto una lunga guerra fatta con «crimini di guerra». Secondo la organizzazione umanitaria Siege Watch nel gennaio scorso oltre settecentomila siriani vivevano sotto assedio in trentatré città o zone circondate dal nemico. L’Onu oggi ne riduce di molto la stima parlando di dieci città assediate e di quattrocentomila assediati. Ma in ogni caso in Siria non c’è solo l’assedio di Ghouta orientale. E nemmeno il solo «crimine di guerra» del probabile attacco chimico del regime di cui si parla in questi giorni perché viola la convenzione internazionale del 1993 che proibisce l’uso, la produzione e la conservazione di armi chimiche. Anche da questo lato secondo l’Onu in tutta la guerra ci sarebbero stati addirittura trentatré attacchi chimici. Ammesso e non concesso che tutti siano riconducibili alla responsabilità di Assad per sanzionarli tutti sarebbe stato necessario un attacco missilistico in media ogni due mesi. Per questo l’attacco missilistico di sabato 14 aprile ai siti militari siriani è soprattutto uno show per dire nel momento in cui in Siria Assad e Putin stanno vincendo: «Guardate che ci siamo anche noi!».

Le guerre civili, si sa, sono fra tutte le guerre le più «incivili». E la tragedia siriana è fra le più spietate e folli di tutte le guerre civili. Non si può infatti trovare un senso ad una guerra condotta da ambo le parti in nome dei siriani e che riesce a far fuggire dalla propria casa due terzi dei cittadini della Siria con sette milioni di sfollati in patria e cinque milioni di profughi all’estero. E se le maggiori responsabilità ricadono senza dubbio sul regime di Assad, in Siria è anche difficile per quasi tutti scagliare la prima pietra. A Ghouta i civili che fuggivano sono stati colpiti dai mortai dei ribelli. Ad Aleppo i ribelli hanno bombardato la parte della città in mano ai governativi. A Raqqa i civili sono stati usati come scudi umani dall’Isis. Il brasiliano Paulo Sergio Pineiro che ha presieduto la Commissione di inchiesta sulla Siria condotta dall’Onu ha concluso: «Tutte le parti condividono la colpa per avere completamente ignorato le regole di guerra».

Ma la guerra civile siriana è diventata sempre più una guerra anche con molti, troppi invitati internazionali. Assad non avrebbe avuto tutte le truppe necessarie per cacciare e accerchiare lentamente i ribelli nelle tante enclaves in cui sono stati alla fine assediati se non avesse avuto l’appoggio dei pasdaran iraniani e dei loro hezbollah libanesi e non avesse alla fine potuto contare sulla aviazione russa per bersagliare le città insorte. D’altra parte il mondo occidentale e in particolare gli Stati Uniti si sono disimpegnati e perfino disinteressati progressivamente davanti al teatro di guerra siriano a mano a mano che i ribelli sul posto dimostravano di essere una entità insignificante rispetto agli islamisti radicali. Nel frattempo l’evoluzione dell’Afghanistan, dell’Iraq, della Libia dimostrava quanto fosse difficile fare arrivare qualche container pieno di democrazia di stampo occidentale nel mondo arabo. Poi l’intervento della Turchia in Siria contro i curdi neutralizzava i nemici di Assad più laici e determinati.

Alla fine l’annuncio del ritiro degli americani dalla Siria fatto da Trump lasciava Putin e l’Iran padroni del campo dopo che il presidente americano aveva fatto tutto il possibile per inimicarsi l’uno e l’altro e ha pochi strumenti in mano per potere influire sull’uno e sull’altro. Ma è da lì, da una nuova distensione internazionale fuori da questo clima di nuova guerra fredda di oggi, che prima o poi, ma più prima che poi, si dovrà ricominciare per portare un barlume di speranza nella Siria delle stragi, delle macerie, dei profughi.