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Discriminazioni sessuali, la Consulta boccia un pezzo della legge toscana

La Corte costituzionale ha bocciato una parte della legge regionale sull’orientamento sessuale e sull’identità di genere. In pratica sono stati cancellati due articoli, il 7 e il 16. Il testo – nato da una proposta dell’Arcigay e approvato da Ulivo e Rifondazione – fu molto criticato sin dall’inizio. «La contrarietà, però, più che a singole norme, – scrivemmo allora – attiene allo spirito che sottende questa legge, all’ideologia che la sostiene che va al di là della tutela sempre dovuta ad ogni persona». Il ricorso contro la legge 63 del 2004 era stato presentato dal governo Berlusconi nel gennaio 2005.

In pratica la sentenza della Consulta dice, in primo luogo, che la delega ad altra persona del consenso ad un trattamento sanitario è materia dell’ordinamento civile riservata in via esclusiva allo Stato. E all’ordinamento civile appartiene anche, con conseguente riserva allo Stato, ogni atto di disposizione del proprio corpo. Non solo. È stato cancellato il diritto di designare la persona a cui gli operatori sanitari devono riferirsi per ricevere il consenso e anche la possibilità che la richiesta di un trattamento sanitario – che abbia ad oggetto la modificazione dell’orientamento sessuale o dell’identità di genere – debba provenire personalmente dall’interessato. Al contrario, l’avvocatura dello Stato la limita all’esigenza di specifiche terapie o a stati patologici.

L’assessore Agostino Fragai ha replicato che «l’impianto complessivo» della legge «rimane ben saldo e non viene scalfito dalla sentenza della Corte costituzionale». Ma il capogruppo Udc Marco Carraresi ha ribadito che si trattava e si tratta di una legge «disomogenea» che rischia di «introdurre di fatto delle discriminazioni a rovescio» e, ha concluso, «la Consulta ci ha dato pienamente ragione».