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E ora Prodi provi a governare

di Claudio TurriniRomano Prodi può dire grazie a Elidio De Paoli, fondatore e presidente della «Lega per l’autonomia – Alleanza Lombarda – Lega Pensionati», presente nel solo collegio Lombardia 2. I suoi 44.580 voti sono stati decisivi alla vittoria dell’Unione alla Camera – ottenuta per soli 25.224 voti – consegnandogli un «premio» di ben 67 deputati. Per il Senato può ringraziare quei 387.145 italiani all’estero che votando per l’Unione gli hanno fruttato 4 senatori, sufficienti a ribaltare l’esito del voto italiano e garantirgli almeno due voti di scarto a Palazzo Madama, scongiurando così il pericolo di una doppia maggioranza per le due Camere, sempre che i sette senatori a vita non creino problemi. Sono le bizzarrie di un sistema elettorale, votato in gran fretta dalla Cdl a pochi mesi dal voto, che ha avuto il solo merito di ridurre le spese elettorali dei candidati e il numero delle schede nulle.

Intendiamoci, non è che abbia fatto rimpiangere il «Matterellum», ma ha dimostrato di essere anche questo una «camicia di forza» per il Paese. Prendiamo il sistema elettorale per la Camera, quello più «coerente», con il premio di maggioranza nazionale di 340 deputati. Gli sbarramenti per i coalizzati sono una buffonata (si recupera anche il miglior partito sotto il 2%) e il meccanismo è tale che viene incoraggiata la proliferazione delle liste collegate. Più sono e meglio è. Qualche voto, anche per sbaglio, anche solo tra i parenti dei candidati, lo prendono. E così portano il loro mattoncino alla costruzione della grande vittoria. Guardate quante erano: 12 per la Cdl e 13 per l’Unione, più 12 «non allineate» A Prodi hanno fatto gioco, ad esempio, anche i 22.010 voti della Liga Fronte Veneto. Se fossero stati con Berlusconi lo avrebbero fatto vincere. Al Senato, poi, il meccanismo dei premi su base regionale può far sì – e lo si è solo sfiorato – che con la maggioranza dei voti, anche solida, non si abbia quella degli eletti. Evento che non scandalizza nel maggioritario, ma che suona strano in uno sbandierato proporzionale.

Una lunghissima campagna improntata sullo scontro e sugli insulti reciproci e questo sistema elettorale hanno spinto gli elettori a votare in massa – e questo è positivo – ma ci consegnano un paese spaccato a metà: 18. 979.460 di italiani per Berlusconi e 19.001.684 per Prodi. Ma forse sarebbe meglio dire «contro Prodi» e «contro Berlusconi». Perché alla fine il collante che può tenere insieme Caruso e Mastella, o sul fronte opposto, Casini e Calderoli è solo l’essere «contro» la coalizione avversaria.

È da questo paese diviso, astioso, manicheo che deve ripartire Romano Prodi. In campagna elettorale ha sostenuto più volte di voler «unire il paese». È la sua volta, che ci provi. Una grande coalizione sul modello tedesco da noi è impossibile. Prima bisognerebbe disaggregare i due schieramenti, tagliando le ali estreme, il che oggi – anche grazie a questa legge elettorale – è impensabile. Resta da onorare l’impegno che mai più le regole comuni (Costituzione e legge elettorale) verranno fatte unilateralmente e a colpi di maggioranza. Una promessa che può essere onorata solo se si riesce davvero ad abbassare i toni e far ripartire il dialogo. E soprattutto urgono decisioni importanti sul fronte economico, del mercato del lavoro, dello stato sociale, dell’equità fiscale. Se su queste materie Prodi riuscirà a mettere d’accordo tutto il centrosinistra potrà governare. Altrimenti non resterà che il ritorno alle urne.