Opinioni & Commenti

Filippine, liberato padre Bossi

Padre Giancarlo Bossi, il missionario del Pontificio istituto missioni estere, rapito il 10 giugno scorso nel sud delle Filippine, è stato liberato giovedì 19 luglio. La notizia della liberazione l’ha data poco prima delle 21 il presidente del consiglio Romano Prodi in una conversazione con i giornalisti.

“Non ho mai avuto la sensazione che mi volessero uccidere né ho mai ricevuto minacce di morte o violenza di alcun tipo”, ha detto il missionario all’agenzia Misna, poche ore dopo il rilascio, mentre si trovava nella sede della polizia a Zamboanga. “Mi hanno trattato bene… solo il cibo non era un granché: riso, sale e pesce secco. Per questo sono spariti un po’ di chili. Ma ho anche smesso di fumare: non tocco una sigaretta dal 27 giugno” ha aggiunto con tono quasi scherzoso il missionario italiano. I rapitori, ha detto ancora alla MISNA al telefono, “all’inizio si sono dichiarati appartenenti al gruppo di Abu Sayyaf e hanno detto di provenire dalla zona di Basilan”.

“All’inizio i rapitori erano 11, poi alla fine sono rimasti in 5. Mi hanno sempre portato rispetto” ha detto alla MISNA padre Giancarlo Bossi a proposito dei suoi carcerieri. “Sono stato messo su una barca e ci siamo diretti verso la zona di Lanau del Norte da dove non mi hanno mai spostato” ha aggiunto il missionario. “Abbiamo cambiato un paio di nascondigli in un’area di montagna, ma non ci siamo mai allontanati da questa zona”, che si trova verso la città di Cotabato, sempre sull’isola di Mindanao ma in direzione opposta rispetto a Zamboanga. La polizia ha confermato che la liberazione – a differenza di quanto si era appreso in un primo momento – è avvenuta al confine tra le province di Lanau del Norte e Lanau del Sur. “I miei sequestratori sono stati sempre corretti con me. Per capirci parlavamo il dialetto di Sibugay perché non capivo la loro lingua né loro parlavano inglese” ha spiegato ancora alla MISNA padre Giancarlo, che al telefono è sembrato stanco ma lucido. Anche il superiore del PIME padre Giovan Battista Zanchi ha raggiunto al telefono nelle Filippine il suo confratello, il quale ha confermato di aver parlato con i famigliari ad Abbiategrasso e in particolare con la mamma che festeggiava il compleanno. È comunque ancora troppo presto per tirare un bilancio di questa brutta avventura: “Devo ancora pensarci su. Ho bisogno di riflettere e di tanto silenzio. Per ora – ha aggiunto padre Bossi – posso solo dire una cosa: è un’esperienza che non consiglio a nessuno”. La prima Messa di p. Bossi a Manila dopo la liberazione (nella foto).

Il comunicato del Pime

Il Pontificio Istituto Missioni Estere, “appresa con gioia” la liberazione di P.Giancarlo Bossi, in un comunicato esprime oggi “la sua gratitudine anzitutto a Dio, per aver fatto ritornare a casa, sano e salvo, il suo confratello”. “Il Signore ha ascoltato veramente la preghiera intensa di tante persone, cristiane, mussulmane e di altre fedi religiose, che si sono unite alla nostra preghiera, in primo luogo il Santo Padre che ancora questa notte ha pregato per il nostro P.Giancarlo”, dice padre Gian Battista Zanchi, superiore generale del Pime, ricordando che “molte sono state le iniziative di solidarietà sorte a sostegno della liberazione di P.Giancarlo”: “Sappiamo che altre sono ancora in corso. Che queste iniziative diventino occasione di festa, come è stato per i famigliari e in particolare la mamma Amalia che lo ha sentito al telefono il giorno del suo compleanno”. Il Pime ringrazia tutti coloro che hanno collaborato alla liberazione di P.Bossi, in particolare il Governo italiano, il Ministero degli esteri e l’Unità di crisi, il Governo filippino, la polizia e i leader locali. “Vogliamo ringraziare tutti di cuore – conclude padre Zanchi – e per tutti chiediamo al Signore la Sua benedizione e il dono della pace”.

Sulla liberazione del missionario italiano pubblichiamo questa nota dell’Agenzia Sir.

Padre Giancarlo Bossi, libero. Improvvisamente e finalmente la notizia, nel giorno del compleanno della sua mamma, 87 anni, che oggi ha avuto uno dei regali più grandi e più belli della sua vita. Anche se donato a Dio, un figlio rimane sempre nel cuore di chi lo ha generato e noi amiamo pensare che, nel momento del sì tra una madre e Dio, nasce una comunicazione che non ha eguali e che neppure può essere raccontata con parole umane.

Abbiamo trepidato in queste settimane e, quale segno di condivisione, abbiamo aperto e chiuso i nostri servizi quotidiani con un flash su padre Giancarlo.

Alla nostra mente tornano ora i volti di molti missionari, confratelli di padre Bossi, che negli angoli più sperduti del mondo condividono le fatiche, le sofferenze e le speranze degli ultimi della terra.

Persone che tra le parole vane del mondo e le parole folli del Vangelo hanno scelte queste ultime perché, in esse, hanno trovato l’essenziale, il motivo di una fedeltà estrema a Dio e agli uomini, la ragione di una perfetta letizia.

Padre Giancarlo Bossi in questo tempo ha ricordato questa verità senza mai poter dire una parola.

Non a caso abbiamo scritto che nel periodo del sequestro è stato più missionario nel vicino Occidente che nel lontano Oriente: la sua scelta di vita, il suo silenzio forzato sono diventati una domanda per molti, credenti e non credenti. Una domanda che la testimonianza di un missionario può trasformare in ricerca dell’essenziale, in incontro con Colui che libera dalla mediocrità e dall’indifferenza.SirPADRE GIANCARLO BOSSI A RADIO VATICANA: «È “IL SIGNORE CHE MI HA TENUTO SERENO E TRANQUILLO»FILIPPINE, PADRE BOSSI INCONTRA PRESIDENTE A MANILA