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I partiti tornino ad essere strumenti di partecipazione

E così si sta arrivando al redde rationem della legislatura in corso, per leggere il quale pare decisivo il riferimento alla mossa dei Gruppi del Popolo della Libertà di astenersi sulla votazione della fiducia al Governo. Anche senza entrare nel merito della scelta, lo scenario che si sarebbe presentato al Governo era quello, storicamente conosciuto all’epoca del III Governo Andreotti (1976/78), del Governo della «non sfiducia», Governo che godeva della fiducia non di una maggioranza, ma di una minoranza parlamentare, e la cui permanenza in carica era condizionata alla mancata votazione della sfiducia da parte della maggioranza.

Insomma, niente più che un escamotage bello e buono che costrinse il Governo – peraltro, all’indomani delle elezioni e non verso la fine della legislatura, in attesa che maturassero le condizioni per un Governo di solidarietà nazionale – a «tirare a campare» in condizioni di straordinaria debolezza per due anni. Questo scenario pare del tutto incompatibile, anche nel brevissimo periodo, con la serietà della crisi economico-finanziaria (ma non solo) che il Paese sta attraversando, anche a prescindere dalla valutazione sulla performance del Governo in carica: sicché risulta totalmente condivisibile, nell’interesse del Paese, una mossa di chiarezza adamantina quale l’annuncio delle dimissioni del Governo a leggi di stabilità e di bilancio approvate (la sola ipotesi dell’esercizio provvisorio del bilancio sarebbe stata immediata foriera di conseguenze ben peggiori).

L’astensione sulla fiducia al Governo Monti ha innescato un’acuta crisi politica che, ancor prima di sfociare nell’apertura della crisi di Governo, rende parecchio impervia la conversione dei decreti legge (cui, pure, si potrebbe provvedere anche ad opera di una, a questo punto teorica, maggioranza uscente nelle Camere sciolte) e, come purtroppo era da attendersi, vanifica sostanzialmente e definitivamente ogni aspettativa di riforma della legge sui sistemi elettorali per le Camere. Si andrà, dunque, a votare con il tanto famigerato – e tanto biecamente praticato – Porcellum: il gioco del cerino tanto a lungo praticato (per la verità, da più parti) si sta concludendo con scottature, in misura diversa, ma certamente di più mani, e non sarà sicuramente un simulacro di primarie in qualche forza politica, fuori da un quadro rigoroso di regole predeterminate, anche per il finanziamento, magari con la sanzione pubblicistica della legge ed un corredo adeguato di organi di garanzia ad assicurare un rimedio efficace:  non ci sono i tempi e non è neppure opportuno ammantare del luccichio brillante delle tecniche di marketing una qualche ennesima operazione di potere o di mere ambizioni personali, di cui il Paese è francamente stufo.

È, invece, proprio in vista della formazione delle future liste elettorali, in modo da selezionare una classe parlamentare nuova e credibile per spirito di servizio, etica pubblica, serietà, competenza e perseguimento del bene comune che i partiti politici dovranno dimostrare con i fatti di tornare nella dimensione costituzionale a farsi strumenti di partecipazione dei cittadini.

Solo un’iniziativa di questo tipo varrà a recuperare alla cittadinanza attiva quella metà di elettori italiani che, al momento, non intende tornare ad esercitare il voto; non certo la riproposizione di figure logore e stantie – ma neppure di alcuni meno attempati parvenu ricchi di bieche ambizioncelle personali e pratiche partitiche – che tolgono valore anche ai migliori programmi e che portano buona parte della responsabilità di un malgoverno di cui gli italiani pagano duramente le conseguenze. È il momento, proprio come al tempo dell’elezione dell’Assemblea costituente, di un nuovo grande Effatà!