Opinioni & Commenti

I processi sommari sulla pubblica piazza telematica

di Andrea Fagioli

Intorno al naufragio della «Costa Concordia» a ridosso dell’Isola del Giglio si sono creati un interesse e un’attenzione senza pari. È vero che gli elementi della notizia, come suol dirsi, c’erano tutti. Ma è anche vero che la «rete» (internet) ha giocato un ruolo fondamentale, quello stesso che stigmatizza il Papa nel Messaggio per la Giornata delle comunicazioni sociali (testo integrale).

I cosiddetti «social network» (facebook, twitter) sono diventati piazze telematiche sulle quali si sono svolti processi sommari, si sono messe persone alla gogna e allo stesso tempo si sono conferite onorificenze e medaglie al valore. La «rete», amplificata da giornali e tv, ha generato «mostri» ed «eroi». Tra i primi il comandante della nave da crociera Francesco Schettino, tra i secondi il capitano di fregata Gregorio De Falco, capo della sala operativa della capitaneria di porto di Livorno. Il dialogo via radio tra i due ha fatto il giro del mondo finendo, appunto, per decretare da una parte il campione dell’inettitudine, della presunzione e della vigliaccheria, e dall’altra il campione della fermezza, del dovere e del coraggio (grazie anche, va detto, al modo con cui ha «invitato» il comandante a risalire a bordo e che qualche idiota ha pensato bene di stampare sulle magliette).

Alla luce dei fatti finora emersi (ma, si badi bene, quelli certi sono ancora molto pochi) il comandante Schettino ha responsabilità pesantissime (e sottolineo pesantissime) che la magistratura dovrà vagliare e valutare, ma non la pubblica piazza telematica, che non è molto dissimile da altre piazze in cui si sono compiuti gli scempi della storia.

Il direttore di «Avvenire», Marco Tarquinio, ha avuto il coraggio di definire quella nei confronti di Schettino una vera e propria «lapidazione», che non ha nemmeno tenuto conto delle persone a lui vicine e che non hanno certamente nessuna responsabilità nella tragedia. Continuando nel parallelo, verrebbe voglia di ricordare il «chi è senza peccato scagli la prima pietra» (vale anche per gli evasori fiscali. Il cardinale Bagnasco l’ha detto senza mezzi termini: evadere le tasse è peccato).

Venendo a De Falco non c’è dubbio che abbia agito con grande determinazione e professionalità. In poche parole ha fatto fino in fondo il proprio dovere, così come il parroco del Giglio che ha aperto la chiesa o gli abitanti dell’Isola che si sono prodigati per aiutare i naufraghi.

È giusto riconoscere l’importanza di certi gesti, perché anche il bene deve fare notizia. Ma ciò non significa che il bene debba essere un’eccezione, anzi: il bene dovrebbe essere una normalità. Ci saremmo dovuti meravigliare se fosse successo il contrario: se De Falco non si fosse dimostrato all’altezza delle responsabilità affidategli; se il parroco se ne fosse andato a letto; se gli abitanti si fossero chiusi in casa…. Vedere l’eroismo nel compiere il proprio dovere significa che i nostri valori di riferimento si sono davvero annacquati. Per non parlare del rispetto della dignità della persona umana che anche il comandante Schettino, pur con tutte le sue probabili colpe, merita.