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Il Carnevale prolungato? Come correre il Palio con la moto

di Umberto SantarelliMi rammento un episodio successo a scuola di più di mezzo secolo fa, press’a poco di questi giorni. Si stava ragionando delle feste di carnevale; e il professore (un personaggio assai pittoresco, con una fluentissima capigliatura candida e un gran fiocco messo al posto della cravatta che lo faceva sembrar parente alla lontana di Giosuè Carducci) disse che alla fin fine nei confronti degli stravizî carnascialeschi anche la Chiesa era disposta a chiuder un occhio, tant’è vero che subito dopo il martedì grasso per rimettere i conti in pari aveva segnato nel calendario il mercoledì delle Ceneri.

L’argomento a dire il vero mi sembrò deboluccio, perché mi parve evidente che le cose erano andate per l’appunto all’incontrario: qualcun altro (chissà dove e chissà quando) aveva inventato il carnevale per prendersi un acconto che compensasse le imminenti penitenze quaresimali. Ma non dissi nulla, perché non volevo dare esca a un discorso che sarebbe stato nella sostanza inutile e nella forma quasi certamente infiorettato di mille bellurie retoriche.

Quel ricordo tanto lontano m’è tornato alla mente guardando l’uso, che è invalso, di prorogare il carnevale ben oltre il limite segnato dal calendario (parlo dei carnevali spettacolari, diventati imprese enormi fatte per spendere e guadagnare quattrini a palate; non dell’uso d’un sacchetto di coriandoli o di qualche stella filante).

Non mi pare un gran segno. Sia ben chiaro: non lo dico perché questo carnevale allungato a talento possa disturbare le penitenze quaresimali che pochi ormai si rammentano di fare; ma perché ci vedo la prova dell’incapacità di conservare alle cose il loro sapore vero.

Molti degli organizzatori di queste megafeste dicono di farle per mantener vive tradizioni popolari che altrimenti rischierebbero di svanire. Ma non è vero: le tradizioni popolari possono essere il testimone autorevole delle antiche culture se ne sanno conservare la sostanza e il linguaggio, e solamente a questa condizione rendono il loro servizio e meritano d’esser conservate.

Il Palio di Siena, a correrlo in motocicletta, non saprebbe più di nulla. Se davvero il nostro mondo è cambiato (ed è probabile che sia così), allora tiriamone le conseguenze. Ma tiriamole fino in fondo. Se alla quaresima nessun ci pensa più, mi sembra inutile metter in scena il carnevale. Per carità: nessuno deve far finta d’esser mesto. Facciamo festa quanto ci pare, anche tutte le domeniche dell’anno; ma chiamiamola in un altro modo, e non scomodiamo le tradizioni che non ci son più.