Opinioni & Commenti

Il Governo Renzi alla prova della lungimiranza

 La direzione del partito riunita per l’analisi del voto delle regionali non ha dato segnali di svolta, né in un senso, né nell’altro.

Il segretario-premier non ha pronunciato alcun mea culpa, e fin qui niente di strano. Non avrebbe fatto bene alla sua leadership, ma secondo noi nemmeno al partito nel suo insieme: si avrebbe avuto la sua immediata trasformazione in quella che gli americani chiamano un’anatra zoppa, un leader dimezzato. E il Pd nel suo insieme ne avrebbe sofferto. Ma Matteo Renzi non ha dato nemmeno particolari segni di aver capito quello che è accaduto con l’ultima tornata elettorale: ha unito blandizie e atteggiamenti al limite del provocatorio, e così facendo ha messo in evidenza un dato: quando un politico dice «chi vuole farmi fuori, si faccia avanti» di solito è segno che lui stesso vede profilarsi l’ipotesi all’orizzonte.

Al di là di questo, c’è da notare che di autentico dialogo, per non dire dibattito, nel primo partito nazionale non ve n’è. A fronte di un segretario che si dice disposto a trattare su scuola e riforme, ma nella fretta (quindi a non trattare), la minoranza non pare sia stata ancora in grado di farsi avanti con un’autentica proposta politica alternativa. Segno che il deserto culturale continua ad essere la cifra di un Pd che non ha mai smesso di somigliare in modo anche disturbante ad un cartello elettorale. Se nel 1989 il Pci si preparava alla svolta della Bolognina dibattendo gli ultimi modelli di sviluppo socialdemocratico offerti dal sistema svedese, maggioranza ed opposizione del Pd sono fissi in un confronto livoroso quanto privo di respiro e capacità propositiva.

Difficile pensare che gli attuali equilibri possano reggere a lungo. La minoranza non può continuare a star seduta sulla staccionata a fare il tifo contro Renzi, soprattutto ora che è veramente decisiva al Senato, e questi non può limitarsi a liquidare quanto accaduto facendo spallucce, o giocando alla playstation. Queste cose il premier, che non è uno sprovveduto, le sa bene. Come sa bene che senza una «fase 2» del suo governo, rischia di entrare in un processo di logoramento che lo farebbe arrivare alle prossime politiche decisamente con il fiato grosso, o anche peggio. Non vorremmo a questo punto che cedesse alla tentazione del rilancio elettorale. Uno scioglimento anticipato delle Camere non sarebbe certo la miglior soluzione per un paese ancora febbricitante a causa della crisi, mai sconfitta nonostante gli annunci.

Renzi ha mancato l’appuntamento delle Regionali, ora si dimostri un politico lungimirante con una serie di iniziative che siano conclusive e inclusive, magari incentrate sulla tutela delle categorie meno fortunate, una classificazione che comprende da anni il ceto medio. Che poi è il bacino naturale del consenso per ogni governo che amministra senza cedere alle tentazioni delle fughe in avanti. E alle prossime elezioni le cose potrebbero andare meglio.