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Il Papa Giovanni televisivo. E così La Pira anticipò i conclavi

DI VITTORIO CITTERICHI dati di ascolto televisivi dicono che più di mezza Italia ha rivisto Papa Giovanni nello sceneggiato trasmesso da RaiUno. Un record d’ascolto. Il popolo cristiano della Toscana ha una ragione in più di compiacimento perché il protagonista dell’impresa è stato uno dei «suoi», Ettore Bernabei. Sempre in primo piano quando si è trattato e si tratta di dirigere le cose nei «mezzi di comunicazione sociale» verso approdi positivi, di bene. È stato ancora una volta così.

Per noi, più anziani, rivedere Papa Giovanni «ricostruito» ha suscitato un’ondata di emozioni e di ricordi collegati ad esperienze direttamente vissute, a parole già ascoltate. Non soltanto quelle, celebri, della carezza ai bambini la sera inaugurale del Concilio.

Qualche esempio. Il rapporto fraterno di Giovanni XXIII con l’oriente cristiano nel cui ambito, sempre tenendo presente la necessità inderogabile della «pace sulla terra» nell’epoca nucleare (pacem in terris), si devono collocare l’udienza alla figlia di Krusciov, Rada, e al genero Adjubei che, in quel tempo, provocò non pochi malumori.

In qualche misura era stato Giorgio La Pira ad anticipare i tempi. Nel 1955 aveva riunito, a Firenze, il convegno dei sindaci delle città capitali cui avevano partecipato anche i sindaci di Mosca e Pechino.«La crisi attuale – aveva detto in Palazzo Vecchio – è una crisi di sproporzione e dismisura con ciò che è veramente umano, invece entro lo spazio delle mura cittadine, le cose assumono nuovamente la loro dimensione: a ciascuno una casa per amare, una scuola per imparare, una fabbrica o bottega per lavorare, un ospedale per guarire, una chiesa per pregare…».

«Per chiudere il nostro convegno – aveva aggiunto – andremo a Messa nella basilica francescana di Santa Croce e ci sarà, per tutti, la benedizione del Cardinale Dalla Costa. Per i credenti sarà la benedizione dell’Arcivescovo ma tutti gli altri, ne sono certo, non rifiuteranno la benedizione di un vecchio…».

Alla fine della Messa il vecchio Cardinale benedicente, si spinse sino alla balaustra: La Pira si avvicinò, seguito dagli altri sindaci, per il baciamano. Il sindaco di Mosca, non volendo essere da meno, fece anche lui il suo bravo baciamano immortalato dal fotografo Giulio Torrini. La foto fece rapidamente il giro del mondo. Nel 1955 la notizia era clamorosa. Il sindaco comunista di Mosca bacia la mano all’Arcivescovo cattolico di Firenze. Da qui, clamore per clamore, il sindaco di Firenze venne invitato a Mosca. Il viaggio si poté realizzare soltanto nel 1959 perché La Pira, conoscendo le insidie della politica mondiale, era candido e furbo insieme. Scelse la data dell’Assunta e fece precedere l’ardimentoso itinerario con un pellegrinaggio alla Madonna di Fatima («alla fine il mio cuore immacolato trionferà, la Russia si convertirà e un tempo di pace sarà dato al mondo»).Al Soviet Supremo si presentò come credente nella resurrezione di Cristo e sostenne che la pace è multidimensionale: politica, economica, sociale e religiosa, l’ateismo è un’arteriosclerosi dello spirito, le radici cristiane della Russia rifioriscono, aprite le chiese e le cattedrali riconsegnandole al popolo di Dio. Fatto il discorso ed altri gesti significativi mandò il (sottoscritto) giovane cronista che l’accompagnava a fare quattro telegrammi: al Papa Giovanni XXIII, al Presidente dalla Repubblica Gronchi, al nostro Vescovo Elia Dalla Costa e ad Amintore Fanfani («che in questo momento non è nulla però è amico mio…»).

Ricordo lo stupore della funzionaria del telegrafo. «Ma questo Papa a cui devo mandare il telegramma è proprio il Papa di Roma?». «Si». La giovane donna si fece il triplice segno della croce ortodosso. «Dio mio! Stasera lo dico in famiglia, probabilmente è il primo telegramma spedito da Mosca a un Papa di Roma da quando c’è stata la grande rivoluzione d’ottobre».

Quando La Pira tornò a Firenze ed infuriavano le polemiche, trovò un telegramma di Papa Giovanni firmato dal cardinale Tardini che ringraziava per le preghiere di Mosca. Vanamente avevo insistito perché mi autorizzasse a pubblicarlo. «Quando fai una cosa che ti sembra giusta, la devi fare senza mai coinvolgere chi ha responsabilità maggiori delle tue». E il buon La Pira si prese tutte le polemiche senza coinvolgere Papa Giovanni che aveva, del resto, i suoi problemi con la curia. Gli scrisse: «Beatissimo Padre, come avverrà questa conversione della Russia? Non certo con la bomba atomica! Avverrà nella pace; con l’orazione, con la fede, con la speranza, con l’amore; avendo molta pazienza, sapendo comprendere, sapendo accompagnare, con estrema delicatezza, accompagnare passo, passo l’azione tanto sottile e tanto delicata del “disgelo”. Mai come oggi è urgente la delicata parola del Signore: non spegnere il fumignolo acceso! Le mani rozze, l’azione grezza, la strumentalizzazione razionalista e tattica e furba, non servono a nulla: serve solo l’Amore di Dio che incontra, che infonde speranza, che lavora dal di dentro, coma la semente vitale che, a poco a poco, rompe la terra». Dove vediamo tracciata, in un comune sentire cristiano, la metodologia stessa di Giovanni XXIII. E si può dire che a Mosca, già dal 1959, La Pira «telegrafava» al Papa la certezza di aver distribuito, in suo nome, «la semente vitale che, a poco a poco, rompe la terra».

Nello sceneggiato televisivo ha fatto impressione la ricostruzione del conclave che ha eletto il Cardinale Roncalli. Agli storici il compito di misurare la prossimità oppure la distanza fra i personaggi e gli eventi di allora e le rievocazioni di oggi. Di fatto, a mio parere, sono ancor più impressionanti – al di là delle cronache – alcuni brani di quel singolare epistolario che sono le lettere di La Pira alle suore di clausura. Sono certo che non conosceva segreti, del resto, in quel tempo, veramente inviolabili. Più semplicemente meditava pregando.

E scriveva alle claustrali, in quell’ottobre del 1958, dopo il trapasso di Pio XII: «La presenza del Cardinale Wyszynski, Primate di Polonia, al conclave è la Chiesa che, perseguitata, avanza e vince. È Pietro prigioniero, cui si sono miracolosamente aperte, le porte della prigione. L’impero comunista, nonostante tutto e malgrado le apparenze, è già colpito al cuore. La presenza del Cardinale Wyszynski ha appunto, mi pare, questa significazione profonda. La Russia si convertirà, disse, con tanta precisione, la Madonna ai bambini di Fatima. Il Papa nuovo sarà appunto il Papa che vedrà il compimento (già iniziato) di questo autentico miracolo storico». Dove mi sembra straordinariamente anticipato il ruolo della Chiesa di Polonia, con Karol Wojtyla, nel futuro comune.

E ancora il 9 ottobre 1958 il giorno stesso della morte di Pio XII: «Ora questo Papa, Pio XII, il Papa dell’udienza invisibile (alle claustrali, via radio, sollecitata da La Pira e Fioretta Mazzei n.d.r) è partito per il cielo… Il Papa di domani vede idealmente tracciato il “viaggio” che lo condurrà presso tutti i popoli per stabilire tra di essi, ordinatamente, l’unità e la pace. Egli sarà il Papa dell’Oriente e dell’Occidente, del mezzogiorno e del settentrione, il Papa che estenderà a tutte le nazioni la benedizione di Abramo che è la benedizione stessa di Cristo: il Papa che sarà infiammato dal desiderio massimo del cuore di Cristo: ut unum sint». Dove mi sembra straordinariamente scolpito il ritratto di Papa Giovanni. Nel 1958 e prima del conclave.

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