Opinioni & Commenti

Il vero o presunto ritorno della cultura cattolica

di Giuseppe SavagnoneIn un articolo di qualche giorno fa su «La Stampa», si parte dalla constatazione che oggi come mai il Papa viene ascoltato anche dal mondo laico e i vescovi vengono coinvolti in manifestazioni di massa, per chiedersi se non siamo davanti, nel nostro Paese, a un grande ritorno della cultura cattolica.

La domanda merita una risposta articolata. È evidente a tutti che un certo laicismo, ben radicato nella storia italiana fin dal Risorgimento, attraversa una profonda crisi ideale. Perfino nel suo versante più aggressivo – quello che faceva leva sui diritti della scienza contro le «superstizioni» della fede – esso si trova oggi radicalmente ridimensionato dalle nuove teorie che riducono di molto la pretesa assolutezza e incontrovertibilità del sapere scientifico. Completa questo quadro la fine del marxismo, come dottrina coerentemente professata e sostenuta a livello politico e culturale.

Per contro, assistiamo a un inarrestabile dilagare dell’interesse per il sacro, per il mistero, per l’Aldilà. Una venerazione mista a curiosità mobilita folle di fedeli intorno a figure come quella di san Pio da Pietrelcina. Nuove forme di religiosità, anche provenienti dall’Oriente, trovano un sempre maggior numero di adepti, magari tra ex rivoluzionari delusi. Si situa in questo contesto l’enorme prestigio di Giovanni Paolo II – o anche, se pure in minor misura, di singoli vescovi – in campo sociale e politico.Ma è sufficiente questo per parlare di un effettivo rilancio della cultura cattolica? A farcene dubitare, basterebbe la semplice osservazione che il ritorno del sacro sembra minacciare innanzi tutto proprio la compattezza della comunità e del messaggio cristiani.

Mai come in questo momento l’una e l’altro appaiono destrutturati, disgregati da un individualismo e da un soggettivismo che ne compromettono l’universalità. Mai come in questo momento, in cui si insiste tanto sulla capacità delle dottrine evangeliche di dare «senso» alla vita delle persone, si parla così poco della loro verità. Forse perché mai come in questo momento ci sono state così poche persone – anche tra i credenti – disposte a pensare che ci sia davvero una verità. Col risultato che certi punti della visione cristiana, meno adatti ad apparire «significativi» agli uomini e alle donne d’oggi (ma non meno veri! ), come ad esempio quelli relativi alla vita nell’Aldilà, vengono accuratamente taciuti nella pastorale ordinaria.

Il fatto è che manca, nelle nostre parrocchie, una reale, approfondita formazione, insieme spirituale e culturale (le due cose non si possono scindere!), che vada oltre il catechismo per i fanciulli e una veloce preparazione al matrimonio. Più in generale, manca quell’educazione a una consapevolezza della fede che dovrebbe permettere di superare la scissione, presente in tanti fedeli, tra il Vangelo (percepito spesso in modo puramente emotivo) e l’effettivo modo di pensare e di vivere (la cultura).Anche il protagonismo di Papa e vescovi assume, in questo quadro, un significato meno entusiasmante. Esso rivela la debolezza della formazione e dell’azione pubblica di un laicato cattolico che, venuto meno il partito unico d’ispirazione cristiana, non riesce ad avere una reale incidenza politico-culturale e costringe i pastori a intervenire direttamente nelle questioni, con tutti i vantaggi, ma anche con i rischi, che ciò comporta sia per la Chiesa che per la società civile.

La situazione, dunque, non si presta a facili trionfalismi. Ma neppure a sterili e ingiustificati pessimismi. Ci sono oggi per il Vangelo dei problemi, ma anche delle opportunità, forse più che in altri momenti storici, di cui dobbiamo prendere coscienza. Perché il Signore della storia e del tempo non debba un giorno rimproverarci di essere stati ciechi di fronte all’«ora» in cui eravamo stati chiamati.