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Katrina, gli eventi climatico-ambientali non sono casuali

di MATTEO MASCIAcoordinatore del progetto Etica e politiche ambientali della Fondazione LanzaL’estate che è appena trascorsa è stata un’altra estate costellata da eventi climatico ambientali estremi che hanno comportato un enorme sacrificio di vite umane e di costi economici e sociali le cui conseguenze si faranno sentire nei prossimi mesi e anni.

Il continente americano è stato bersagliato da numerosi e potenti uragani, l’ultimo, in ordine di tempo, Katrine, ha di fatto spazzato via l’80% della città di New Orleans provocando una catastrofe umanitaria e ambientale senza precedenti nella storia degli Stati Uniti.

Ma anche l’Europa non è stata risparmiata da eventi climatici estremi, si pensi alle alluvioni che hanno colpito a fine agosto molti paesi dell’Europa centro-orientale (Germania, Austria, Svizzera, Bulgaria, Romania) oppure alla siccità che ha provocato gravissimi incendi in Portogallo e che in altri paesi come la Spagna e l’Italia ha provocato ingenti danni alle colture e posto a rischio la salute di milioni di persone, per lo più bambini e anziani.

La prima considerazione non può che rilevare come sia ormai del tutto evidente che non ci troviamo di fronte ad un evento isolato che colpisce una singola area del pianeta, ma ad un susseguirsi crescente di situazioni estreme che coinvolgono il mondo intero. Per la maggior parte degli studiosi ed esperti di clima a livello mondiale queste situazioni sono la diretta/indiretta conseguenza dei cambiamenti climatici. Sempre maggiori sono, infatti, le evidenze scientifiche che connettono il riscaldamento del pianeta con il susseguirsi di eventi estremi. In un recente saggio sulla Rivista “Nature” l’esperto di uragani Kerry Emanuel del Massachusetts Institute of Technology ha dichiarato che “Il motivo per cui i cicloni sono più potenti e durano più a lungo che in passato è dovuto al surriscaldamento del globo e all’aumento della temperatura della superficie dei mari tropicali”.

La causa principale dei cambiamenti climatici è l’aumento in atmosfera di anidride carbonica e degli altri gas serra provocata dalle attività umane. Ma al di la dell’effetto serra, pare opportuno ricordare che la violenza dell’impatto di questi eventi estremi sulle comunità e sull’ambiente è amplificata dall’erosione degli ecosistemi marini e fluviali come conseguenza di altre scelte umane quali l’assenza di una adeguata manutenzione degli ecosistemi naturali, la crescente e disordinata urbanizzazione, la costruzione di dighe e altre infrastrutture per deviare i corsi d’acqua, … .

Ci troviamo, dunque, ed è questa una seconda considerazione, di fronte ad un fenomeno che proprio perché trova le sue radici nell’azione umana può essere affrontato e risolto dalle società umane adottando politiche ed iniziative volte a ridurre e in prospettiva interrompere l’impatto negativo delle nostre attività sugli ecosistemi. Dobbiamo intervenire sul nostro modello di sviluppo e sui fondamenti culturali su cui esso si basa che si sono rivelati nel corso del tempo insostenibili e incapaci di garantire la continuità della vita sul pianeta mettendo a repentaglio gli equilibri ecologici su scala globale. Non c’è una soluzione immediata a questi problemi è però necessario iniziare ad agire fin d’ora per prevenire le possibili e molto probabili catastrofi ambientali del futuro.

La Convenzione internazionale sul cambiamento climatico, prima, e il Protocollo di Kyoto, poi, sono le prime importanti anche se deboli risposte finora messe in campo a livello globale per fronteggiare tale fenomeno. Le difficoltà che hanno rallentato l’entrata in vigore del Protocollo, che vede tutt’ora il rifiuto degli Stati Uniti e l’assenza dei paesi emergenti in grande espansione economica quali la Cina, l’India, il Brasile, e la lentezza con cui le misure da esso previste vengono implementate dai singoli stati evidenzia la complessità di intervenire su un modello di sviluppo industrialista e dipendente dal petrolio e dagli altri combustibili fossili.

I drammatici eventi ambientali di questa estate non fanno che richiamarci alla vera sfida che l’umanità si trova ad affrontare nel 21° secolo, porre le basi per costruire un modello di società e di sviluppo realmente sostenibile nel tempo e nello spazio che ponga al centro del suo agire i bisogni delle persone umane e un uso razionale e duraturo delle risorse naturali.

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