Opinioni & Commenti
Lavoro, la battaglia per la sicurezza è una battaglia per la vita
Le statistiche Inail indicano una tendenza negli ultimi anni alla diminuzione degli infortuni, ma basta confrontare i numeri assoluti con le ore lavorate, calate decisamente durante la crisi dell’ultimo quadriennio, per scoprire che gli infortuni sono in realtà aumentati. A questo vanno aggiunti gli incidenti non denunciati, perché riguardano lavoratori al nero, e quelli «camuffati» da malattia. E poi ci sono i morti: già 37 nei primi sei mesi del 2006, quando anche uno solo sarebbe inaccettabile. Per questo dobbiamo ritrovare coesione anche sul terreno della legalità, che è diminuita. Se ci sono oltre 150 mila lavoratori a nero stimati, se i controlli, quando vengono fatti, scoprono violazioni a raffica, vuol dire che c’è un problema di legalità.
Un anno fa, di fronte al drammatico ripetersi di morti sul lavoro, le segreterie sindacali regionali proclamarono uno sciopero generale, presentando nel contempo una piattaforma sulla sicurezza, che chiamava tutti alle proprie responsabilità: imprese pubbliche e private, istituzioni regionali e locali. Ad un anno da quello sciopero poco è stato fatto.
Solo pochi giorni fa si è svolta un’assemblea regionale degli RLS, i Rappresentanti dei Lavoratori per la Sicurezza, in cui i lavoratori hanno ribadito di sentirsi soli a preoccuparsi per la sicurezza. Anche noi sindacati ci sentiamo soli quando parliamo con le imprese e le istituzioni di questi problemi, nonostante tutti gli impegni e le belle parole. Siamo soli ad esempio a chiedere una legge regionale sugli appalti e la sicurezza che tuteli i lavoratori di fronte alle inadempienze dei datori di lavoro. Una legge che regoli appalti, subappalti e affidamenti sia nei settori pubblici che privati, evitando il criterio del massimo ribasso, prevedendo il rispetto delle leggi e dei contratti di lavoro, introducendo un sistema di revoca dell’affidamento in caso di mancato rispetto delle norme, verificando periodicamente con sanzioni adeguate.