Opinioni & Commenti

Le fake news sul Cantico dei Cantici

«L’amore è l’Infinito messo alla portata di ciascuno di noi». Così ha esordito Roberto Benigni, portando nuovamente alla ribalta sul Palco del Festival di Sanremo “la Canzone delle canzoni”, ovvero il testo biblico del Cantico dei Cantici. Se l’apertura portava a sollevare gli animi, alcune interpretazioni e cadute di stile hanno toccato tratti di greve materialità, lasciando in bocca un gusto amaro. È vero che per secoli si è tenuto sigillato il Cantico, per timore di interpretazioni di basso rilievo. Negli ultimi decenni abbiamo però avuto forti stimoli ad andare oltre un certo atteggiamento sessuofobico. Benedetto XVI nel 2005 ci ha offerto Deus Caritas, un testo nel quale si riconciliano eros e agape. Soprattutto si confuta la teoria per la quale il cristianesimo «secondo Friedrich Nietzsche, avrebbe dato da bere del veleno all’eros, che, pur non morendone, ne avrebbe tratto la spinta a degenerare in vizio»[1]. Oggi rischiamo piuttosto una riduzione della sessualità vissuta solo come genitalità che, mescolata con i ritmi frenetici della modernità, ha prodotto un calo del desiderio in molti coniugi.

Già Giovanni Paolo II nel 1984, commentando il Cantico chiamava a riscoprire il «fascino del “linguaggio del corpo”. Tanto il punto di partenza quanto il punto d’arrivo di questo fascino – reciproco stupore e ammirazione – sono infatti la femminilità della sposa e la mascolinità dello sposo nell’esperienza diretta della loro visibilità»[2]. È questa la potente attualità del Cantico dei Cantici. Tranciare di netto la complementarietà e reciprocità tra l’uomo e la donna, come ha fatto Benigni al termine del suo esordio, rischia di produrre una melassa senza sapore, svuotando il testo biblico dal suo asse fondamentale, che rinvia al «principio» della creazione (cfr. Mt 19,4). Il grande attore fiorentino ha però ragione nello spronarci a superare una visione riduzionista, che ha rinchiuso questo testo in un’interpretazione di pura allegoria.

Il Cantico dei Cantici, risalente al III sec. A.C., viene scritto in origine come poema nuziale ed è un giardino di simboli. L’intenzione è di raccontare l’amore umano in tutta la sua potenzialità. Siamo in epoca greca e il mito di Antigone descrive l’amore come ciò che possiede l’uomo e conducendolo all’ebbrezza lo rende folle, eppur beato.

Ma Dio non ha mai voluto privare l’uomo dell’amore erotico e tantomeno del piacere. Come afferma il biblista fiorentino Luca Mazzinghi «il Cantico canta l’amore in una profondità biblica dove il divino è già riflesso nell’umano»[3], riconciliando così corpo e anima. C’è qui nascosto un messaggio profondo: l’amore tra uomo e donna è una porta oltre la morte. È un’esperienza dell’Eterno, «una fiamma del Signore» (cfr. Ct 8,6).

L’autore del Cantico senza nominare Dio, lo fa intravedere nelle trame della relazione nuziale. È un amore fatto di emozioni e scelte razionali, di spirito umano e riflesso del sacro, di profumi emessi dai femoroni che emanano dal corpo e desiderio di consegna della propria vita alla persona amata.

Come afferma Papa Francesco, «Dio stesso ha creato la sessualità, che è un regalo meraviglioso per le sue creature. Quando la si coltiva e si evita che manchi di controllo, è per impedire che si verifichi l’impoverimento di un valore autentico»[4]. C’è quindi un’intima connessione fra il principio unitivo e l’amore responsabile da parte dei coniugi nell’aprirsi alla vita. Se stiamo di fronte alla nuzialità in questa luce, possiamo allora comprendere che «l’erotismo più sano, sebbene sia unito a una ricerca di piacere, presuppone lo stupore, e perciò può umanizzare gli impulsi»[5].

L’Amoris laetitia ci ha fattofare così il salto ulteriore, sgombrando il campo da atteggiamenti sessuofobi, nella consapevolezza che Cristo incarnandosi ha assunto e redento l’amore umano. Il Vangelo guarisce l’amore nuziale in una mescolanza sana di umanità e divinità, che conduce alla felicità. Quel rincorrersi fra uomo e donna del Cantico, può infatti compiersi solo nell’orizzonte del dono, perché, come afferma la Costituzione Conciliare Gaudium et Spes, «l’uomo, il quale è la sola creatura che Iddio abbia voluto per sé stesso, non può ritrovarsi se non attraverso un dono sincero di sé»[6]. E quel sin-cero rinvia agli antichi allevatori di api che depuravano il miele dalla cera, consegnandolo come delizia per il palato. Così anche noi, oltre le fake news di questo tempo, siamo chiamati ad assaporare il vero senso dell’amore, anche tornando a sfogliare le meravigliose pagine del Cantico dei Cantici.

* responsabile della pastorale familiare della Conferenza episcopale toscana

[1] Benedetto XVI , Deus Caritas Est  n. 3,25 dicembre 2005.

[2] Giovanni Paolo II, Udienza Generale, Roma Piazza San Pietro, mercoledì 23 maggio 1984.

[3] Edizioni San Paolo, Intervista al Prof. Luca Mazzinghi sul Cantico dei Cantici, febbraio 2012.

[4] Papa Francesco, Esortazione apostolica post-sinodale Amoris Laetitia, 150.

[5] Papa Francesco, Esortazione apostolica post-sinodale Amoris Laetitia, 283.

[6] Concilio Ecumenico Vaticano II, Costituzione Apostolica Gaudium et Spes, 24.