Opinioni & Commenti

Legge elettorale, meglio governare che «rappresentare»

di Emanuele Rossi Docente di Diritto ostituzionale alla Scuola superiore Sant’Anna di Pisa

Detto in premessa che nessun sistema elettorale è preferibile ad un altro in assoluto, ma ciascuno può rispondere ad una data esigenza più o meno di altri, proviamo a capire quali sono vantaggi e svantaggi di alcuni tra i sistemi utilizzati negli altri Paesi e di cui si prospetta l’introduzione nel nostro.

Il problema di fondo è che ciascun sistema elettorale deve realizzare due obiettivi sostanzialmente antitetici: garantire una rappresentazione il più possibile fedele dell’elettorato da un lato, e fare in modo che si producano condizioni di governabilità (e quindi di stabilità delle maggioranze) dall’altro. Perché questi due obiettivi non siano in contraddizione tra loro occorre che il contesto sociale sia omogeneo e polarizzato: in sostanza, che tutti si riconoscano in due (o al massimo tre) partiti o schieramenti, così che chi vince governa e chi perde sta all’opposizione. Quando invece il contesto sociale è frammentato e ogni frazione è fortemente legata a ragioni identitarie (per lo più di tipo ideologico), occorre scegliere se si preferisce garantire a tutti rappresentanza o se si vuole garantire alla maggioranza la possibilità di governare. Questo è il dilemma italiano, nel quale difficilmente possono essere utilizzati modelli funzionanti in Paesi dal contesto sociale e culturale assai diverso. Di fronte a ciò o si sceglie di privilegiare un obiettivo rispetto all’altro (così ad esempio un sistema proporzionale «puro» privilegia le ragioni della rappresentanza e sacrifica quelle della governabilità; quello maggioritario l’inverso), oppure si tentano strade che cercano un equilibrio tra i due, con il rischio tuttavia di sacrificare l’uno senza garantire l’altro. Il problema dell’attuale legge elettorale sta proprio qui: nel non garantire un effettivo rispetto delle diverse posizioni presenti nella società (specie al Senato, dove i premi di maggioranza regionali si trasformano in una roulette dagli esiti imprevedibili), e nel porre insieme seri e gravi problemi alla stabilità delle maggioranze. Si tratta di un tentativo fallito (senza entrare nel merito delle reali intenzioni per cui è stato voluto), da accantonare al più presto senza alcun rimpianto.

Ma come sostituirlo?

Mi pare che nella fase attuale della nostra storia politica e istituzionale, tra i due obiettivi sopra indicati si debba preferire quello della governabilità rispetto a quello della rappresentanza, senza tuttavia che quest’ultima sia troppo sacrificata. Un modello che potrebbe ottenere tale scopo è quello del doppio turno francese, ove al primo turno tutti i partiti possono presentare propri candidati, ed al secondo turno (se nel primo nessuno ottiene la maggioranza assoluta) possono votarsi i candidati che hanno ottenuto più voti (in Francia ad esempio tutti coloro che hanno ottenuto al primo turno più del 12,5%, calcolato però sugli elettori e non sui votanti). In questo modo tutti hanno possibilità di presentarsi e «contarsi» al primo turno, ma al secondo dovrebbero prevalere logiche di coalizione, con un vantaggio (se non si fanno «trucchi») per i candidati meno «estremi».

Un altro modello che potrebbe essere preso in considerazione è quello spagnolo, che è proporzionale, ma con circoscrizioni molto piccole (nella maggior parte si devono eleggere tre o quattro deputati): ciò produce il doppio effetto di penalizzare formazioni minuscole (non in grado di competere con quelle maggiori nelle circoscrizioni dove si eleggono pochi deputati, mentre nelle altre vi è una soglia di sbarramento) ma salvaguardando quelle con specifico radicamento territoriale (in Italia questo varrebbe ad esempio per l’UV, la SVP, la Lega e così via). Il modello tedesco, infine, è sostanzialmente proporzionale, ma con una soglia di sbarramento sufficientemente alta da impedire la rappresentanza di piccoli partiti (5%). In verità vi sono anche degli elementi maggioritari: l’elettore vota infatti, oltre che per il partito (e questo voto determina il numero dei seggi che questo partito avrà in parlamento), anche per un candidato del suo collegio elettorale, dove viene eletto (a maggioranza semplice) chi ha ottenuto il maggior numero di voti. Per questo si definisce quello tedesco come un sistema proporzionale corretto. Vi è da dire ancora che se un partito ha 3 candidati eletti direttamente la clausola di sbarramento del 5% non opera più: ed è facile immaginare che in Italia questo favorirebbe accordi tra partiti per rendere sostanzialmente inefficace qualsiasi soglia si intenda introdurre. In generale comunque va detto che il sistema tedesco privilegia indubbiamente la rappresentanza, mentre la soglia di sbarramento non è di per sé in grado di garantire maggioranze stabili.

Ma quali effetti pratici si realizzerebbero con questi sistemi? La domanda richiederebbe una risposta articolata: in prima approssimazione possiamo dire tuttavia che il modello tedesco sembra favorire la nascita di più di due poli, e quindi tendenzialmente di un polo di centro che possa accordarsi, dopo le elezioni, con quello di destra o con quello di sinistra secondo convenienza. Sarebbe probabilmente il tramonto del bipolarismo e l’emarginazione delle estreme da una logica di maggioranza (senza con questo esprimere giudizi di valore). Gli altri due sistemi sembrano in grado di mantenere invece di più l’assetto bipolare, sebbene quello spagnolo rischi di produrre frammentazioni su base territoriale ed assegnare a partiti localistici un potere di interdizione (come è avvenuto con il partito socialista catalano in Spagna).

Più in generale mi pare che il vero problema stia nel come i sistemi elettorali vengono utilizzati dalle forze politiche: giacché si può stabilire una soglia di sbarramento, ma se poi i partiti piccoli si uniscono per fare una lista comune, e appena finite le elezioni si ridividono andando ognuno per la propria strada, la soglia non serve a nulla. Così come si può prevedere il doppio turno, ma se poi le forze politiche si mettono d’accordo prima per spartirsi i collegi (come sostanzialmente è avvenuto in Italia con la legge del 1993), l’effetto di semplificazione del doppio turno svanisce come neve al sole. Non c’è soluzione, dunque?

Non voglio dire questo, ma ricordare che con la legge elettorale soltanto non si arriva da nessuna parte: bisognerebbe agire sulla legislazione cosiddetta di contorno (ad esempio eliminando la possibilità di finanziare con soldi pubblici partiti con un solo deputato…); disciplinare finalmente la vita interna dei partiti (prevedendo soprattutto regole democratiche per la selezione delle candidature); cercare di superare gli ideologismi e migliorare la cultura istituzionale dei cittadini. I miracoli non si possono chiedere a nessuno (sul piano terreno): men che mai alla legge elettorale.

La scheda Il sistema in vigore La legge del 21 dicembre 2005 n.270 ha introdotto un sistema per l’elezione della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica orientato in senso proporzionale e caratterizzato dalla previsione di un premio di maggioranza e di articolate soglie di sbarramento riferite sia alle liste che alle coalizioni. Queste le disposizioni principali per le elezioni delle due Camere. ELETTORATO ATTIVO Votano per l’elezione delle due Camere i cittadini italiani che siano in possesso del diritto di elettorato attivo e che abbiano raggiunto i seguenti requisiti anagrafici: la maggiore età (18 anni) per l’elezione dei deputati, il compimento del 25mo anno di età per l’elezione dei senatori. Il diritto di elettorato attivo può essere limitato per incapacità civile o per effetto di una sentenza penale irrevocabile o nei casi di indegnità morale indicati dalla legge. ELETTORATO PASSIVO Possono essere eletti alla carica di deputato o di senatore i cittadini italiani che siano titolari del diritto di elettorato attivo e che abbiano compiuto rispettivamente il 25mo e il 40mo anno di età. PER L’ELEZIONE DELLA CAMERA Il numero dei deputati è di 630, 12 dei quali eletti nella circoscrizione estero. Per l’elezione dei 618 deputati nel territorio nazionale il testo unico Camera prevede un sistema elettorale di tipo proporzionale con l’eventuale attribuzione di un premio di maggioranza in ambito nazionale caratterizzato dai seguenti elementi: – riparto dei seggi in ambito nazionale, con sistema proporzionale alle coalizioni di liste e alle liste che abbiano superato le soglie di sbarramento previste dalla legge; attribuzione di un premio di maggioranza alla coalizione di liste o alla lista più votata, qualora tale coalizione o lista non abbia già conseguito almeno 340 seggi. Fa eccezione la Valle d’Aosta, che è costituita in un unico collegio uninominale. CIRCOSCRIZIONI ELETTORALI Il territorio nazionale è suddiviso in 26 circoscrizioni (oltre alla Valle d’Aosta che costituisce circoscrizione a sé) corrispondenti al territorio delle Regioni o, per le sei Regioni più popolose, a quello di una o più province. Solo la Lombardia è ripartita in tre circoscrizioni, le altre cinque maggiori regioni italiane – Piemonte, Veneto, Lazio, Campania e Sicilia – in due. A ciascuna circoscrizione è assegnato il numero di seggi che le spetta in base alla popolazione residente, secondo i dati dell’ultimo censimento nazionale, fatti salvi i 2 seggi da attribuire alla circoscrizione estero. PER L’ELEZIONE DEL SENATO Il numero dei senatori elettivi è di 315, sei dei quali eletti nella circoscrizione estero. Per l’elezione dei 309 senatori nel territorio nazionale il testo unico Senato prevede un sistema elettorale di tipo proporzionale, con l’eventuale attribuzione di un premio in ambito regionale caratterizzato dai seguenti elementi: attribuzione dei seggi, in ogni Regione, con sistema proporzionale alle coalizioni di liste e alle liste che abbiano superato, in ambito regionale, le soglie di sbarramento previste dalla legge; attribuzione, nell’ambito di ciascuna Regione, di un ‘premio di coalizione regionale’ alla coalizione di liste o alla lista più votata qualora tale coalizione o lista non abbia conseguito almeno il 55% dei seggi assegnati alla Regione; fa eccezione la Regione Molise: per l’assegnazione dei due seggi ad essa spettanti non è prevista l’attribuzione di un premio di coalizione. Fanno anche eccezione la Regione Valle d’Aosta, che é costituita da un unico collegio uninominale, e la Regione Trentino Alto Adige. CIRCOSCRIZIONI ELETTORALI Salvo i 6 seggi assegnati alla circoscrizione estero, il Senato è eletto su base regionale. I seggi sono ripartiti tra le Regioni in proporzione alla popolazione residente, ma nessuna Regione può avere un numero di senatori inferiore a sette, tranne la Valle d’Aosta che ne ha uno e il Molise che ne ha due. Ciascuna Regione è costituita in un’unica circoscrizione regionale, con l’eccezione di Valle d’Aosta e Trentino Alto Adige.