Opinioni & Commenti

Ma i condoni educano alla legalità?

DI MAURO COZZOLI*Siamo tornati a forme di condono per ragioni di bilancio economico. Sembra certo il varo, nella legge finanziaria in discussione al Senato, del condono fiscale, mentre è stato tolto quello edilizio. Condonare qui significa cancellare un reato e la relativa pena con un risarcimento in denaro dell’abuso compiuto. Così il trasgressore della legge evita la via ordinaria della giustizia processuale, e la sua illegalità è sanata per legge.

Il problema è giuridico. Ma solleva questioni d’ordine morale. Cosa dire, che valutazione dare dal punto di vista etico? Va anzitutto precisato che un condono – anche di debiti e abusi come quelli di cui stiamo trattando – è un atto di clemenza e indulgenza non alieno alla giustizia dal volto umano e cristiano. Sicché condonare non smentisce e contraddice la legge e la legalità. Si danno situazioni in cui lo stesso bene comune esige o quanto meno suggerisce la via legale del condono, in particolar modo quando induce gli stessi cittadini ad autodenunciarsi pagando una congrua ammenda. Si arriva così a sanare una situazione altrimenti irreparabile e pregiudizievole per lo stesso bene della comunità civile. Dal che si evincono due condizioni di legittimità etica del condono, e cioè un’esigenza di bene comune e il suo carattere straordinario. Entrambe le condizioni non sembrano essere soddisfatte dalle forme di condono all’ordine del giorno al parlamento italiano. Ne è prova il fatto che forme di condono fiscale vengono approvate con relativa frequenza nel nostro Paese e per giunta nell’ambito di leggi finanziarie che rendono manifesto l’obiettivo monetario da cui sono dettate. Il che ne palesa e denuncia l’indole e la finalità non propriamente umane e sociali. Possono contribuire a quadrare il bilancio annuale dello Stato ma non a tutelare ed elevare lo standard di socialità e di legalità nel Paese.

Il problema è ben presente alla coscienza della comunità ecclesiale italiana, che attraverso la voce dei propri vescovi ha stigmatizzato il carattere socialmente fuorviante e diseducativo di leggi di condono facile e ricorrente. Vale ancora qui la rigorosa denuncia e il deciso richiamo di un documento del 1991, dal titolo altamente indicativo, “Educare alla legalità”: “La classe politica, con il suo frequente ricorso alle amnistie e ai condoni, a scadenze quasi fisse, annulla reati e sanzioni e favorisce nei cittadini l’opinione che si può disobbedire alle leggi dello Stato. Chi si è invece comportato in maniera onesta può sentirsi giudicato poco accorto per non aver fatto il proprio comodo come gli altri, che vedono impunita o persino premiata la loro trasgressione della legge. Tutto ciò può innestare una generale e pericolosa convinzione che la furbizia viene sempre premiata, che il ‘fai da te’ contro le regole generali dello Stato può essere considerato pienamente legittimo, che il ‘possesso’ di un bene ottenuto contro la legge è motivo sufficiente per continuare a tenerlo, e che è logico e giusto ratificare il fatto compiuto, indipendentemente dalla sua legale o illegale realizzazione” (n. 9).*docente di teologia morale nella Pontificia Università Lateranense