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Misericordia, il «catechismo» di Benigni

«La misericordia non è una virtù che sta seduta in poltrona: è una virtù che muove non solo il cuore, muove le braccia, le gambe, i calcagni, i ginocchi… muove il corpo e l’anima, non sta ferma mai, va incontro ai miseri, va incontro alla povertà».

Da alcuni giorni l’intervento di Roberto Benigni in Vaticano è uno dei video più cliccati su internet. Il comico toscano è stato chiamato a presentare il libro di Papa Francesco Il nome di Dio è Misericordia, frutto di una conversazione con il vaticanista Andrea Tornielli e pubblicato in contemporanea in 86 paesi (in Italia è edito da Piemme). Il suo intervento, ricco di riferimenti biblici e teologici, è stato un grande omaggio a Papa Francesco, ma anche una raccolta di pensieri profondi buttati là, tra un sorriso e una battuta. La misericordia, ci ricorda Benigni, «non va confusa con la pietà che prevede un alto o un basso, o con la compassione dove c’è il patire, lo strazio del dolore. La misericordia contiene una perla lucente: la gioia. Una grazia leggera, serena. La gioia nel dolore. Il dolore è sempre presente nel pensiero cristiano, la gioia la teniamo spesso nascosta. La gioia è il grande segreto del cristianesimo. Dobbiamo aprirla, farla uscire. Chi ha sofferto senza aver perso la gioia, quella persona è vicinissima al Signore».

Non molti anni fa, la presenza di Benigni in Vaticano sarebbe stata impensabile. Poi ci sono state le letture dantesche, i Dieci Comandamenti in televisione… Nel 2011 ci eravamo divertiti, con il nostro critico cinematografico Francesco Mininni e con monsignor Andrea Bellandi, in veste di teologo, ad analizzare la ricorrenza (quasi una fissazione, verrebbe da dire) di riferimenti religiosi nei film e negli spettacoli di Benigni, fin dai suoi esordi: Dio, la Bibbia, la creazione, angeli e diavoli, Gesù, la Madonna… Argomenti affrontati a volte con ironia tagliente, a volte con grande profondità. Ne nacque un libro, edito dalla Società editrice fiorentina. Qual è il vero Benigni? Irriverente anticlericale o fine teologo? Più probabilmente, un artista che si è sempre lasciato «turbare» da dubbi, inquietudini, interrogativi e ne ha fatto un argomento su cui ridere e pensare. Perché di fronte a ciò che il linguaggio umano non riesce a dire, a volte non resta che giocare con le parole. Poeti e comici in questo sono bravissimi.