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Nelle elezioni senza preferenza, resta il peso di un voto alla coalizione e al presidente che governeranno 5 anni

di Alberto MigoneLe elezioni regionali del 3-4 aprile sono segnate, a nostro avviso, da una contraddizione che mette in difficoltà quegli elettori – e oggi molti cattolici sono tra questi – che non votano più in base a logiche di schieramento.

Da un lato c’è la consapevolezza dell’importanza che l’Ente regione ha progressivamente assunto per i poteri che ormai esercita e per la potestà legislativa su materie che incidono notevolmente sulla vita delle persone. È quindi doveroso partecipare e scegliere bene gli uomini che avranno nelle loro mani tanta responsabilità. D’altra parte, però, la recente legge elettorale, frutto di un accordo tra le tre principali forze politiche, abolendo il voto di preferenza – unico caso in Italia – ha privato l’elettore proprio della facoltà di scegliere, all’interno delle liste, i candidati di sua fiducia, in un tempo in cui molti privilegiano le persone, anche rispetto allo schieramento di appartenenza. Questo ha determinato scetticismo sulla possibilità di incidere e quindi sull’utilità di partecipare: «A che serve votare, se tutto è già deciso?».

Comprendiamo questo stato d’animo che non può però portare al disinteresse. Del resto indicare la coalizione e il presidente che governeranno per cinque anni non è certo poca cosa e qui il nostro voto mantiene tutto il suo peso. Certo bisognerà avere, come cristiani, qualche punto di riferimento. Un criterio valido ci sembra il chiedersi che tipo di società le due coalizioni si propongono di costruire, i valori che la fondano e la animano, verificando, al di là di generiche affermazioni, le iniziative concrete che si indicano in ordine alla vita, alla famiglia, al lavoro, alla scuola, alla sanità: qual è cioè l’impegno per l’uomo nel suo vissuto. Queste sono le lenti con cui scegliere, con un’attenzione allo spessore umano, culturale e politico del candidato presidente che del programma è garante.

Il voto resta comunque un atto che richiede discernimento personale, oggi più di sempre, soprattutto per coloro che si sentono stretti in ambedue gli schieramenti e non sono pochi.Nel complesso però queste elezioni, e più in generale il panorama politico italiano in cui si svolgono, evidenziano un disagio diffuso che può essere occasione per aprire finalmente, come società civile e anche come laicato cattolico, un dibattito serio su questo bipolarismo all’italiana che ha finito per ingessare ogni processo politico, rivedendo anche le posizioni aprioristiche contro il sistema proporzionale.

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