Opinioni & Commenti

Orfani di una banca a vocazione regionale

di Giovanni Pallanti

La Banca Toscana nasce in Firenze nel 1904 come «Piccolo Credito Toscano», con un’ispirazione simile a quella delle Casse Rurali ed Artigiane (oggi banche di Credito Cooperativo) su iniziativa di professionisti e di economisti di matrice cattolica. Questa peculiarità, l’essere radicata sul territorio come le piccole casse rurali e artigiane, è stata la caratteristica principale della Banca Toscana dall’anno della fondazione fino alla fine del ventesimo secolo. Questa banca ha avuto due qualità principali: un’attenzione realistica e costruttiva, per quanto concerne l’erogazione del credito, alle piccole e medie imprese. L’altra qualità era quella della catena di comando: molto accorciata e capace di decisioni in tempi ragionevoli.

Questa banca ha avuto un proprietario importante e ingombrante che l’acquistò prima della seconda guerra mondiale: il Monte de’ Paschi di Siena che, per la verità, fino a che le banche hanno avuto i vertici nominati dal Ministero del Tesoro lasciava la gestione della Banca Toscana a uomini di matrice cattolica e militanza democristiana. Basti ricordare due presidenti per tutti: Enzo Balocchi e Giuseppe Bartolommei. Questo istituto di credito ha avuto anche dei direttori generali, al di là di valutazioni d’ordine etico che riguardano soprattutto la formazione di chi giudica l’operato dei banchieri pur non essendo un banchiere (io personalmente sui banchieri penso quasi le stesse cose di Ezra Pound e Fernando Pessoa) come Zini, poi diventato provveditore del Monte de’ Paschi di Siena, Arrigoni e il vicedirettore generale Nannipieri. Un management di indubbia capacità professionale. Molte piccole e medie imprese della nostra regione sono state aiutate dalla Banca Toscana che per dimensioni e, come già ricordato, per il suo radicamento territoriale, era considerata come un ombrello protettivo e comprensivo nei momenti di crisi e in quelli di ammodernamento e di sviluppo. Il 30 marzo di quest’anno la Banca Toscana sarà solo un ricordo. Essa infatti è stata scancellata ed assorbita dal Monte de’ Paschi di Siena con tutti i suoi oltre 450 sportelli. I correntisti sono stati avvertiti del loro passaggio alla grande banca senese di cui è presidente l’avvocato Mussari e che vede come presidente della Fondazione il cattolico Gabriello Mancini. Il Monte de’ Paschi di Siena ha dovuto probabilmente compiere questa operazione dopo anni di depotenziamento decisionale dei vertici della Banca Toscana che hanno coinciso con la fine del mandato, nel 1999, del presidente dei sindaci revisori, l’avvocato fiorentino Carlo Bossi che si era sempre battuto per l’autonomia dell’istituto di credito oggi confluito nel MPS.

Soprattutto dopo l’acquisizione, alla fine degli anni Novanta del secolo scorso, della Banca del Salento e dopo la complessa e per molti aspetti costosissima acquisizione nel novembre 2007 della Banca Antonveneta, il MPS ha pensato di razionalizzare il suo gruppo facendo scomparire la BT. Il risultato è che la nostra regione non avrà più una banca a vocazione squisitamente regionale. Purtroppo. Il Monte de’ Paschi di Siena dovrà tra l’altro, per decisione dell’antitrust per la concorrenza, cedere ad altro istituto di credito un surplus di 125 sportelli. Tutto questo dovrà avvenire entro il prossimo mese di giugno. Una nota positiva riguarda la Fondazione MPS, che con il suo presidente Mancini ha dimostrato una sensibilità plurale per la promozione della cultura e della solidarietà a Siena e non solo a Siena. Dal 30 marzo 2009 il Monte de’ Paschi dovrà agire in una logica non più solo senese ma, pur essendo una banca di valore internazionale, in favore di tutta la Toscana.