Opinioni & Commenti

Ottobre missionario e nuovo umanesimo

La Missione plasma uomini e donne in uscita. Inserendosi in «mondi altri» si è costretti a uscire da se stessi, da mondi e visioni nostri, per incontrare l’altro dentro al suo spazio diverso dal nostro. Contemplando l’icona del Dio di Gesù che per incontrare l’umanità esce da se stesso, la Chiesa, se non vuole morire per asfissia, è costretta a uscire sulle strade del mondo per annunciare e testimoniare, nella concretezza e nella durezza della vita, che siamo tutti figli amati dello stesso Padre. Sembra ovvio, ma un vescovo ci diceva recentemente: noi corriamo anche, ma restando fermi sulla stessa mattonella, che è fare e pensare quello che da sempre abbiamo pensato e fatto.

La Missione invita la Chiesa a essere povera e dei poveri per instaurare con tutti un dialogo profetico. Stare nelle periferie, vivere con gli ultimi e gli impoveriti della terra, ha permesso ai missionari di guardare la realtà da un altro punto di vista, scoprendo vitalmente le ingiustizie e le diseguaglianze prodotte da questa nostra società al cui centro ci sono prevalentemente interessi economici. Scaturisce allora subito una domanda: da quale punto di vista partiamo oggi come cristiani europei per valutare la realtà? Proprio in questi contesti però i missionari hanno anche sperimentato la potenza umanizzante e liberante dell’annuncio del Vangelo di Gesù che restituisce dignità, voglia di vivere e speranza e proprio i piccoli e i poveri hanno restituito loro il Vangelo annunziato in Vangelo vissuto.

Una Chiesa in uscita missionaria è allora quella che sa scoprire e ascoltare la vita evangelica testimoniata da coloro che la cultura dominante esclude, non vuole vedere o ha paura di incontrare e da questi si lascia convertire. Il «patto della catacombe», nato da alcuni padri conciliari, sognava una Chiesa povera, con i poveri, dei poveri, capace di dialogare con tutti, ma in modo profetico: a che punto siamo nella realizzazione di questo sogno?

La Missione fa emergere una Chiesa dai volti nuovi. Il mondo missionario ha sperimentato modi diversi di essere Chiesa: una chiesa sovente piccola e marginale che sta in questo grande mondo in cambiamento più con domande che con risposte. Una chiesa con porte e finestre spalancate perché tutti possano entrare  e dalle quali esce per ascoltare, servire, lavorare insieme, creare ponti. Una chiesa capace di trasformare le secolari parrocchie in comunione di piccole comunità cristiane  incarnate nel territorio per l’Annuncio e la solidarietà liberante,  dove si celebra la vita con liturgie vive e partecipate e tutto con l’apporto dei vari ministeri e dei laici. Una Chiesa che vive l’ecumenismo e il dialogo interreligioso a partire dalla vita, sperimentando la fatica e la gioia di incontrarsi e di condividere le lotte perché tutti abbiano pienezza di vita. Tutti volti di chiesa che educano a un nuovo umanesimo e cristianesimo e che potrebbero aiutare le nostre chiese italiane a ritrovare speranza e creatività, anche solo, ad esempio, per la diminuzione del clero che fa cadere  antiche certezze pastorali.

La missione rimette al centro la Parola di Dio. Nella ricerca di strade per un nuovo umanesimo, il mondo missionario sente l’impellente necessità ti tornare all’uomo Gesù di Nazareth, ai suoi gesti, al suo progetto, rimettendo al centro della vita delle nostre comunità la Parola di Dio. Letta insieme nelle case, in piccoli gruppi, è capace di scaldarci il cuore e di farci compiere i gesti del Regno: condivisione, solidarietà, difesa di chi ha meno. Una chiesa in uscita è una chiesa discepola seduta ai piedi di Gesù in ascolto della Parola, che si lascia impregnare del Suo annuncio del Regno e che esce per realizzarlo ovunque e con tutti. Ascoltando qualcuno degli stimoli che la Missione ci offre, possiamo lasciarci invadere dalla speranza che altre vie pastorali sono possibili e dal coraggio di tentarle.

*missionario saveriano, coordinatore degli Uffici diocesani di Pastorale missionaria della Toscana