Opinioni & Commenti

Pensioni, un annuncio che non facilita la trattativa

di Piero TaniAl tempo in cui Berta filava, le vie per garantirsi il sostentamento in vecchiaia erano: risparmiare, o avere figli ed educarli all’osservanza del quarto comandamento. Ciò che i figli producevano doveva soddisfare, oltre ai loro bisogni, quelli dei genitori. Con l’introduzione di un sistema pensionistico, l’impegno a produrre non solo per sé ma anche per gli anziani si estende a tutti quelli che ancora svolgono un’attività produttiva. Con la pensione, viene trasferito agli anziani un reddito che consenta loro l’accesso a ciò che è prodotto da chi è ancora al lavoro. Il problema è stabilire quando se ne abbia diritto e come se ne commisuri l’ammontare, tenendo ovviamente presente l’esigenza di far quadrare il bilancio tra contributi versati e pensioni da pagare. Questa esigenza appare di più difficile realizzazione – almeno in prospettiva – in conseguenza del prolungamento della vita media (cosa, ovviamente, in sé positiva) e dalla diminuita consistenza delle generazioni più giovani.

Il problema tecnico della sostenibilità del bilancio si lega, d’altra parte, a scelte che coinvolgono problemi di vita delle persone e che condizionano anche aspetti macroeconomici importanti, come inflazione, competitività, occupazione, la cui impostazione è legata ai vincoli della nostra appartenenza all’Unione Europea.

Il problema, quindi, esiste ed è difficile. Rinviare la discussione non serve, proprio perché l’entrata in vigore di una qualunque riforma in questo campo richiede un certo tempo di attesa dopo la sua approvazione e deve avvenire in modo graduale. I sindacati hanno la responsabilità di aver tenuto un atteggiamento troppo rigido di fronte alle proposte di discussione del problema. Ma l’annuncio fatto dal Presidente del Consiglio, a reti (pubbliche) unificate, non ha facilitato l’avvio di una discussione pacata, e ciò per diverse ragioni.

L’aver presentato una proposta già confezionata era difficilmente interpretabile come un avvio di trattativa, in un campo nel quale è desiderabile giungere a soluzioni concordate. La proposta è stata inoltre presentata come se fosse il primo tentativo di riforma, mentre la riforma Dini ha già introdotto modifiche importanti al sistema precedente. D’altra parte, quella dell’attuale governo non si configura come proposta radicalmente innovativa, procedendo pur sempre su modifiche dell’età e della anzianità di lavoro necessarie per aver diritto alla pensione; tanto che se ne sono dichiarati non molto soddisfatti i sostenitori di un cambiamento più deciso. Anche l’affermata gradualità della riforma non è facilmente riconoscibile, non essendo un segno di gradualità il rinvio al 2008 dell’entrata in vigore. A tale data, d’altra parte, il cambiamento sarà brusco (per i lavoratori di alcune classi di età si potrà trattare di dover restare al lavoro fino a cinque anni più di quanto previsto oggi). A quel che è dato capire, la gradualità si dovrebbe realizzare soprattutto attraverso la scelta volontaria di chi, maturando da qui al 2008 il diritto alla pensione in base alle norme attuali, deciderà di restare al lavoro grazie a un sistema di incentivi. Ma l’efficacia di tali incentivi (esclusi per i dipendenti pubblici) è contestata da alcuni esperti, e c’è anzi da temere che la previsione del cambiamento brusco previsto per il 2008 generi una accelerazione dei pensionamenti.