Opinioni & Commenti

Perché non sia la «solita» Pasqua

L’Italia ha intrapreso un difficile cammino di rinnovamento istituzionale; in Europa, la politica comunitaria e la moneta unica creano malumori e perplessità eppure molti sono i motivi per proseguire il cammino verso l’unione; la Chiesa di papa Francesco è percorsa da tensioni e preoccupazioni, ma sempre più forte si vanno facendo le istanze che premono verso un mutamento di rotta, un impegno futuro più solidamente radicato nella fede. Insomma, siamo inquieti, ci sentiamo a una svolta. In questi casi è sempre difficile, eppure è indispensabile, farsi coraggio.

L’anno liturgico ci soccorre. Tutti sanno ch’esso è modellato sul principio dell’Anno ciclico, come appare evidente dal puntuale ripresentarsi delle stagioni. La Pasqua coincide con il ritorno della primavera, con il risvegliarsi della natura: tutte le religioni nate sulle sponde del Mediterraneo col suo clima mite celebrano il tempo dei fiori e degli amori. Per gli ebrei la luna piena del mese di Nisan, la prima dopo l’equinozio, ricorda l’Esodo di Mosè e del popolo d’Israele dall’Egitto: un episodio nel quale i cristiani scorgono la prefigurazione del morire e del risorgere del Salvatore.

Eppure la festa cristiana, formalmente connessa con il calendario lunare, è nella sostanza profonda qualcosa di nuovo e diverso. Essa celebra l’Evento unico, l’asse di tutta la storia attorno al quale danzano i secoli. Il rito dell’accensione del Fuoco Nuovo, il Lumen Christi che rompe il buio della notte, la luce che – come nell’antico rito celebrato al santo Sepolcro di Gerusalemme – sprizza vivida e risplendente dalla profonda e silenziosa oscurità di una tomba lasciata vuota, è il segno del rinnovamento definitivo.

Rispondiamo a questo miracolo, a questa promessa di vita eterna, con il serio, sincero, profondo proposito di rinnovare davvero anche noi stessi, tutti, dal di dentro. Di abbandonare una consuetudine «pasquale» fatta di auguri e di segni che restano vuoti senza il loro significato profondo. Di spezzare le catene di una vita che guarda sempre e soprattutto al proprio Io, al danaro, alle apparenze. Di diventare davvero quello che siamo: dei cristiani. Cominciando da subito: perdonando un’offesa, condonando un debito, scambiando un sorriso e una parola con uno sconosciuto. Il rinnovamento del mondo dipende non dai potenti bensì da ciascuno di noi, dai nostri semplici gesti quotidiani. Se ne faremo anche uno solo tutti insieme,  quella sarà un’esplosione nucleare di Vita. E potremo allora ripetere anche noi, con i fratelli ortodossi che oggi incontrandosi si abbracciano per strada: «Il Cristo è risorto! Sì, è veramente Risorto!».