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Poco europei, anche nella scelta della legge elettorale

Secondo la nuova proposta di legge per ottenere la maggioranza in Parlamento basta raggiungere il 35% dei voti. Il che, considerando che ormai in Italia, quando va bene, solo tre italiani su quattro vanno a votare, significa in pratica che in Italia si potrà governare con il voto di poco più del 25% degli italiani battezzato ufficialmente maggioranza. Lo sbarramento all’8% per i partiti che non entrino in una coalizione significa poi cancellare da ogni rappresentanza diversi milioni di voti.

Ad essere sinceri il nuovo sistema elettorale italiano è più rigido di qualsiasi altro sistema europeo in fatto di favori ai due grandi partiti maggiori e di emarginazione nei confronti dei partiti minori. Solo in Grecia esiste un premio di maggioranza di 50 seggi su 300 seggi parlamentari che è comunque inferiore al nostro premio del 18%. Il limite del 5% dei voti della nostra proposta di legge per escludere dal Parlamento i partiti che ne rimangano di sotto è più alta di quella degli altri paesi europei dove questo sbarramento esiste. La soglia di sbarramento che esiste in Spagna è solo del 3% e in Germania la soglia del 5% è mitigata dalla norma per cui anche un partito che non raggiunga questo traguardo può tuttavia trasformare in seggi tutti i suoi voti se riesce a fare eleggere almeno 3 parlamentari in 3 collegi.Quanto al doppio turno preso in prestito dalla Francia ricordiamoci che al di là delle Alpi concorrono al secondo turno tutti i partiti che abbiano raggiunto il 12% dei voti e non solo i primi due più votati. Non è comunque qui il caso di discutere il pro e il contro dei vari sistemi elettorali, né i vantaggi e gli svantaggi di un sistema quasi proporzionale e di un sistema maggioritario. Può darsi benissimo che alla fine ragioni di governabilità, di stabilità e di efficienza convincano ad adottare quest’ultimo in una forma più o meno rigida seppure in un sistema come quello italiano che nella realtà si presenta ormai tripolare anziché bipolare.

Quel che qui si voleva sommessamente suggerire è semmai l’invito a guardarsi un po’ intorno non solo sugli altri sistemi elettorali, ma anche sulle varie maggioranze che oggi governano l’Europa per potere orientarsi un po’ meglio. In realtà, anche se nessuno sembra essersene accorto, per i motivi più diversi, non ultimo il palese favore della Commissione europea di Bruxelles, a differenza dal passato i paesi europei sembrano oggi navigare più verso le grandi coalizioni, che verso i governi dell’alternanza di destra e o di sinistra.

In quella che potremmo considerare storicamente l’Europa Occidentale classica esistono oggi ben 9 paesi (Italia, Austria, Grecia, Germania, Olanda, Lussemburgo, Belgio, Finlandia, Repubblica Ceca ) governati da governi di grande coalizione. Solo 5 paesi (Gran Bretagna, Irlanda, Spagna, Portogallo, Svezia) sono governati da governi di destra e solo 2 (Francia e Danimarca) sono governati da governi di sinistra in una logica di alternanza.

Seppure per poco in Europa oggi la grande coalizione è quindi più la regola che l’eccezione. Non sarà forse che oggi, volendo mettere l’Italia dentro quello che una volta era il vestito europeo dell’alternanza, andiamo al solito in ritardo a rincorrere con un simpatico vintage un’Europa che non c’è quasi più? Se vogliamo sostenere il sistema maggioritario cerchiamo quindi di non sostenerlo come scelta ideologica e nemmeno come evento storico. Non diciamo più che il maggioritario è il meglio in linea di principio perché non ne siamo più tanto sicuri. Non diciamo più che è il futuro perche diminuisce anziché crescere. Non diciamo più che è obbligatorio per il motivo che vogliamo essere europei. Al contrario oggi basta e avanza dire che lo dobbiamo adottare perché, a differenza degli europei, in tante cose siamo italiani.