Opinioni & Commenti

Referendum e astensione, le amnesie di Fassino

«Ci sono tre modi di votare: sì, se si vuole abrogare la legge, no se si vuole mantenerla, e scheda bianca se si ritiene che il referndum non sia opportuno». E’ il ritornello che da giorni viene ripetuto dal fronte referendario per scongiurare il ricorso all’astensione, scelto dal mondo cattolico. Lo ha ripetuto anche il segretario dei Ds Piero Fassino, martedì sera nel suo appello finale al termine della trasmissione «Ballarò», nella speranza che gli italiani abbiano poca memoria. Era stato infatti lo stesso Piero Fassino, appena due anni fa ad invitare gli italiani all’astensione, in occasione del referendum del 15-16 giugno 2003 (sull’estensione dell’articolo 18 alle piccole aziende): «Se il referendum è sbagliato – aveva detto – non possiamo che augurarci il suo insuccesso. Non vogliamo che vincano i sì a un referendum sbagliato […]. È un referendum dannoso e bisogna renderlo inutile, vanificarlo, sterilizzarlo, considerando al contempo il no inadeguato» (L’Unità, 30 aprile 2003). E poiché Bertinotti criticava la Quercia appunto perché aveva indicato di astenersi, Fassino rispondeva che lo stesso Bertinotti aveva dato la medesima indicazione in occasione del referendum del 18 aprile 1999 per l’abolizione del proporzionale: «Bertinotti che critica la scelta di non votare, invitò al non voto in occasione del referendum che riguardava l’abolizione del proporzionale». Il messaggio di Fassino era chiaro: se astenersi era legittimo allora, «perché non dovrebbe esserlo oggi?». In effetti, proseguiva Fassino, «se un referendum è sbagliato, bisogna ridurne i danni, far mancare il quorum in modo da non pregiudicare misure legislative che affrontino la materia». Astenersi dal voto, insomma, perché «anche questo atteggiamento esprime una volontà precisa prevista dalla Costituzione», che, infatti, «richiede un quorum per rendere efficace il referendum» (L’Unità, 14 giugno 2003).

Morale: quando l’astensione fa comodo è una pratica buona e giusta, quando invece contrasta con i propri scopi diventa un inaccettabile sotterfugio, con buona pace della coerenza. E dato che i Ds sono il partito a favore del referendum numericamente più consistente, può essere utile rileggersi alcune dichiarazioni di suoi illustri esponenti.

«Non ho esitazioni quando parlo di cura e promozione della vita nell’esprimere la mia personale convinzione che sia necessario tutelare l’embrione da irresponsabili manipolazioni. Esiste un limite nella manipolazione dell’embrione: nell’embrione c’è un progetto di vita e anche nella dimensione più elementare di vita c’è un principio di umanità che va tutelato e difeso», Massimo D’Alema, (Famiglia cristiana, 8 novembre 1998).

«L’embrione non è una cosa, è la radice di un essere umano e va considerato coerentemente con questa premessa. Sono contrario alle contrapposizioni ideologiche, ma non tutto quello che si può tecnicamente fare si può eticamente fare. Per la procreazione assistita bovini ed equini sono più garantiti dell’essere umano», Luciano Violante (Corriere della Sera, 28 febbraio 1997).

Referendum, uno speciale di Toscanaoggi

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