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Riparte la scuola. Ragazzi, imparate a gustarvi le parole: è la strada più semplice per essere liberi

L’odore dei quaderni nuovi, la sensazione tattile delle dita sulle matite a cui fare la punta (o, per dirla come si dice da queste parti, i lapis da appuntare): tutto emana aria di eccitante attesa.

Magari adesso vi aspettate un elogio della scuola, un’apologia della frequenza, una perorazione di quanto dobbiate essere felici per essere in procinto di rientrare nelle vostre classi, rivedere i compagni, i professori, ripiombare nella routine. Niente del genere. So che questi giorni si portano dietro una sensazione dolceamara: è bello sfogliare i libri nuovi, bello ritrovare i compagni e i prof, per carità; ma allo stesso tempo, molti sentono il dispiacere di perdere la libertà dell’estate, la mancanza di orari, la spensieratezza. Quindi no, niente elogio della frequenza.

La scuola è come un lavoro, ed è giusto che sia anche un peso.

Vorrei menzionare un vero e proprio privilegio, anzi due, che diamo forse un po’ troppo per scontati. Uno è quello di potersi istruire, rispetto a tanti posti e a tante situazioni, nemmeno troppo distanti da noi, dove ciò che per noi è quasi una seccatura è ancora un miraggio. L’altro è il fatto di avere il dono della parola. A pensarci bene, la competenza linguistica è trasversale a tutte le materie, perché ne abbiamo bisogno per trasmettere la conoscenza in ogni campo del sapere.

Imparare a usare bene le parole, quindi, non è prerogativa di chi frequenta una scuola orientata verso le materie umanistiche, ma di tutti, semplicemente in quanto esseri umani. La più grande libertà che possiamo avere è quella di muoverci liberamente tra tutti i livelli di uso della lingua madre. Ad esempio io, a seconda della situazione, posso adombrarmi, essere contrariata, adirarmi, seccarmi, arrabbiarmi ma anche incazzarmi, perché no? L’importante è che so quale verbo scegliere a seconda del contesto in cui devo comunicare. E questa, forse, è una delle chiavi di lettura che potete dare al vostro studio «matto e disperatissimo»: imparare a usare bene le parole in qualsiasi contesto, non per fare un piacere ai prof, ma per vivere meglio voi.

Perché, come ci ricorda Tullio De Mauro, maestro mio e di generazioni di studenti universitari, «col fragile strumento delle parole e delle frasi, dalla notte delle origini alla luce della storia, abbiamo potuto vivere e ragionare fatti ed esperienze d’ogni genere. E la specie umana ha potuto e può farsi la più adattabile di tutte le specie animali della Terra».

Il mio augurio per l’anno scolastico che sta per iniziare è questo: imparate a gustarvi le parole, perché sono la strada più semplice per diventare persone davvero libere