Opinioni & Commenti

Ru486, la via del regresso

di Mauro Cozzoliprofessore di teologia moralenella Pontificia Università LateranenseRiprende la sperimentazione e l’uso della pillola abortiva RU486 all’ospedale Sant’Anna di Torino, ma i problemi etici restano immutati nella loro gravità. Non è l’autorizzazione di un’autorità legale, che – ironia della sorte – si chiama Comitato etico, a legittimare il male morale e a tranquillizzare le coscienze. Perché di un gravissimo male morale si tratta. La Ru486, infatti, è una pillola abortiva che, staccando il feto dall’utero materno, ne provoca prima la morte e poi l’espulsione.

Il che è un aborto a tutti gli effetti: soppressione di una vita, che ha avuto origine nel momento della fecondazione dell’ovulo da parte dello spermatozoo. Senza dubbio, si tratta di una pratica meno invasiva e cruenta del raschiamento chirurgico, e perciò meno dolorosa e disagevole per la donna. Ma ciò non modifica la natura e la consistenza etica dell’atto, la sua negatività morale.

L’aborto diventa in questo modo più facile e accessibile, ma è pur sempre un aborto: l’uccisione di una vita piccola, debole e innocente, in uno stadio del decorso vitale per il quale ognuno di noi è passato. “Abominevole delitto” – lo ha detto il Concilio Vaticano II – comunque esso venga praticato.

È per questo che la Ru486 – detta pillola del mese dopo – non può trovare nessuna giustificazione morale. Come non può trovarla la pillola del giorno dopo, la quale – in presenza di una fecondazione già avvenuta – ha un’azione non contraccettiva ma abortiva. Impedisce, infatti, all’embrione di annidarsi in utero, facendolo così morire. Chiamarla contraccezione d’emergenza, “postcoital contraception”, è falso e ingannevole.

La via chimica all’aborto, rappresentata da queste pillole, ne sta provocando l’uso individualistico e privatistico, scivolando verso l’aborto “fai da te”. L’aborto facile concorre alla sua banalizzazione.

Dopo la banalizzazione della sessualità con le pillole contraccettive (e i preservativi), stiamo banalizzando la vita prenatale con le pillole abortive. Di pillola in pillola stiamo svuotando di contenuto valoriale e morale eventi umani fondamentali come la sessualità e la vita, e spogliando così le coscienze di verità e responsabilità morale.

Ciò che conta è il risultato da ottenere nel modo più facile e innocuo e non la verità e il bene in gioco. È l’esito e il segno di quel liberismo e relativismo etico che, nel contrasto tra la libertà e la vita, non (sempre) sceglie la vita, anteponendole la libertà, che prende le forme del desiderio e dell’interesse soggettivo.

La qual cosa viene fatta passare come conquista di civiltà, in una stagione culturale che enfatizza e dilata i diritti, al punto da non misurarli e derivarli più da beni oggettivi ma da desideri soggettivi.

Fino all’assurdo – denunciato decisamente da Giovanni Paolo II nell’enciclica Evangelium Vitae – di interpretare dei “delitti contro la vita come legittime espressioni della libertà individuale, da riconoscere e proteggere come veri e propri diritti” (18) e “su tale presupposto pretenderne non solo l’impunità, ma persino l’autorizzazione da parte dello Stato, al fine di praticarli in assoluta libertà ed anzi con l’intervento gratuito delle strutture sanitarie” (4).Sono profondi motivi etici – come si vede – a delegittimare l’uso delle pillole abortive e a dichiararne la gravità morale, nonostante la loro facilità d’uso. Anzi proprio e ancor più a causa di essa, che ne favorisce la diffusione. Ma vi sono motivi anche di natura legale, in relazione alla legge 194, che queste pratiche disattendono in almeno due punti. Il primo è legato all’esigenza, dichiarata dalla legge, di non ricorrere all’aborto come un mezzo di regolazione delle nascite. Ed invece tale sta diventando l’aborto chimico, fatto percepire e praticato come mero adempimento del desiderio di una donna di non avere un bambino. Il secondo motivo è dato dall’elusione di tutte quelle pratiche di prevenzione e dissuasione dall’aborto, che la legge esige di mettere in atto e che l’aborto chimico invece disattende.Tutt’altro che conquista di civiltà e strumento di liberazione per la donna, come l’ideologia radical-libertaria e un tardo femminismo vogliono far credere, la via chimica all’aborto è un regresso umano e sociale che aggioga sempre più la libertà all’intemperanza del desiderio, da soddisfare ad ogni costo: al costo anche di un’altra vita di cui si spegne nelle coscienze e non si percepisce più il bene e il diritto inviolabile.

Pillola abortiva, anche la Toscana era già pronta