Opinioni & Commenti

Triduo «a banda stretta»

di Franco VaccariAnche chi non ha dimestichezza con i grafici lo sa: le oscillazioni al di sopra o al di sotto dell’ordinata possono essere più o meno consistenti e creare una fascia, una «banda», più o meno larga. Molti fenomeni possono essere descritti con questo tipo di curva: fisici ed elettromagnetici, sociali e culturali, forse anche spirituali. I giovani, nel loro gergo vivace, descrivono bene il vuoto esistenziale di una persona: «elettroencefalogramma piatto». Uno è bollato: niente pensieri, niente emozioni: né riso né pianto.

E prima? Prima dello schiacciamento sulla linea dello zero? Prima la banda si restringe, perdendo picchi positivi e negativi, configurando un’oscillazione minima. Oscillazione che ben descrive quella ridotta capacità di piangere e di gioire, di compatire o stare soli, tipica del nostro tempo e delle ultime generazioni in particolare.

Una condizione dai toni ridotti, con sentimenti dimezzati, rapporti frammentati, assuefatti e anestetizzati dal mix di morti reali e finte. Ci stupiamo del cinismo davanti ai dolori tragici della guerra e della fame, mentre gonfiamo gli occhi di pianto per i dolori patetici e taroccati dei pomeriggi televisivi di cui ci ingozziamo da una rete all’altra. L’angoscia di malattie e lutti è sedata dai tranquillanti, per cui molti, lentamente, morbidamente, si appisolano, neanche più tenendosi tra le braccia: uno in sala, l’altro sulla poltrona, l’altro ancora in cameretta…Appisolati. Il Triduo pasquale potrebbe trovarci così, e non avere la forza di svegliarci in quanto il suo linguaggio potrebbe essere estraneo. Infatti il «giovedì-venerdì-sabato-santo» irrompe rivoluzionando ogni cosa, ogni secolo, ogni fibra, sovverte il tepore che volge in torpore.

Il Triduo germoglia nell’humus di un’amicizia indicibile (la si vedrà, poco dopo il cenacolo, dare la vita per chi amico non si ritiene più), sprofonda nel dolore abissale di uno sconcio rifiuto mortale, sosta in un attonito silenzio che taglia l’anima e sboccia in una gloria che il cuore non contiene, al punto che può morirne. Il Triduo si incunea e spacca la caricatura di emozioni e di sentimenti, si innesta nella verità della vita, dilatando gli affetti, soffrendo per ingiustizia e morte, compatendo per malattia e fame, restando silente davanti ad ogni forma di assenza ed esplodendo in entusiasmo che stravolge la mente e cambia la vita.

Davanti ai colori sbiaditi e confusi delle emozioni studiate e dei pensierini senza subordinate, davanti al rumore continuo e ai sorrisi forzati sta la sapienza della chiesa che ce lo dona intatto nella sua potente freschezza: unità e distinzione nei tre giorni culmine del nostro anno. Tre passi di un cammino che si rinnova in consapevolezza, pur conservando l’umana opacità. La stessa che il Signore condivise con noi e trapassò per sempre con l’urlo sulla croce in cui consumò il corpo consegnandolo all’eterno. In quell’invocazione dall’abisso, la sua fede squarciò il velo e ci aprì l’infinito. Nei rapporti spezzati e banalizzati, virtuali e polverizzati, massificati o telepilotati, lo Spirito può entrare scuotendoci: la vita potrebbe essere immensamente più appassionante di una telenovela.