Opinioni & Commenti

Un ritorno alla Politica che speriamo contagioso

Aveva ragione Matteo Renzi che mesi fa ha fatto fuoco e fiamme per ottenere le primarie del centrosinistra. E ha avuto coraggio Pierluigi Bersani a concederle, nonostante che i maggiorenti del suo partito fossero nettamente contrari. Le primarie hanno fatto bene al Pd, un partito che tre mesi fa sembrava ormai incapace di parlare di politica, travolto dalla crisi che coinvolge tutto il quadro politico. E non tanto per la buona riuscita del confronto televisivo di lunedì sera, mai caduto nelle risse da talkshow e incentrato sui grandi temi all’orizzonte del Paese. Quanto per le energie che hanno rimesso in gioco sul territorio, con centinaia di incontri, affollati e partecipati, dalla Sicilia al Trentino. Un ritorno alla Politica, con la «P» maiuscola che ci auguriamo contagi anche gli altri partiti, a cominciare dal Pdl.

Nell’era del «porcellum», che ha rimesso nelle sole mani dei capi-partito la selezione della classe dirigente, con tutte le degenerazioni che questo comporta, vivaiddio che l’elettore di centrosinistra (ma ci auguriamo lo possa fare anche quello del centrodestra) possa almeno scegliere tra più candidati alla carica di premier. Pur con tutte le incognite e le contraddizioni del caso, perché ancora nessuno sa con quale legge elettorale voteremo e quali coalizioni si confronteranno. E Costituzione alla mano, che tutti citano, ma sempre solo per le parti che piacciono, l’incarico di formare un governo spetta al Capo dello Stato (art. 92). In più aleggia sul voto lo spettro della grave recessione economica, che già nel novembre 2011 ha costretto il premier Berlusconi a passare la mano ad un governo «dei tecnici», sostenuto da un’ampia maggioranza parlamentare che teneva insieme parti della precedente maggioranza come dell’opposizione. Se il verdetto delle urne non sarà chiaro (e anche il «porcellum» non lo garantisce perché la maggioranza sicura alla Camera potrebbe essere minoranza al Senato), chi si prenderà la briga di rimandarci subito al voto? Oppure si ricorrerà di nuovo a maggioranze anomale e a governi tecnici? Oggi nel centrosinistra e nel centrodestra tutti lo escludono, ma non ci dicono come.

La maggior parte dei commentatori assegnano a Matteo Renzi una sorta di «vittoria ai punti» nel confronto televisivo negli studi di «X-Factor». Certo, dei cinque candidati alle primarie del prossimo 25 ottobre, è quello che sa muoversi meglio all’interno dell’evento televisivo, che sa essere più efficace. Anche se non ha sfigurato il buon Bruno Tabacci, politico di lungo corso che sa esprimere il meglio della vecchia classe politica di origine democristiana. Ma sia lui che Laura Puppato sono consapevoli di essere delle semplici «comparse». Tabacci lo ha anche ammesso, spiegando di esser lì per far vincere un progetto di alleanza, non per far lui il premier. Il vero confronto è tra Renzi e Bersani. Neanche Vendola li può insidiare. E tra il sindaco di Firenze e il segretario del Pd, in questo confronto il «moderato» lo ha fatto quest’ultimo, che ha voluto accreditare l’immagine dell’innovatore che sa però rassicurare tutti. Come quando ha escluso l’adozione dei figli alle coppie gay. Il confronto così pacato e corretto alla fine depotenzia proprio il messaggio che Matteo Renzi ha portato avanti in questi mesi: io sono il nuovo e mi metto di traverso all’establishment per cambiare il sistema. Per vincere ora gli serve un guizzo finale.