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Vignette satiriche, la vera bestemmia
Tutto questo per dodici vignette pubblicate da un giornale danese in settembre scorso? Con la stessa logica giustificazionista e assolutoria, tra l’altro, si dovrebbe dire che anche quando qualche vignettista o qualche giornalista, in vena di scherzi, o in stato di astinenza creativa pubblica delle caricature di simboli del mondo musulmano, lo fa per ignoranza, per volgarità d’animo, per voglia di provocare e, pertanto, non rappresenta altri che se stesso.
È indubbio che non si dovrebbero coprire di sarcasmo e disprezzo simboli sacri di nessuna religione, per i quali i credenti sono disposti persino a sacrificare la vita, neppure da parte di chi non è credente. L’ateo non dovrebbe bestemmiare per rispetto del credente. Si dovrebbe però soprattutto evitare di offendere l’immagine suprema di Dio che è la persona umana. L’uccisione di un uomo è la vera bestemmia, il vero delitto di blasfemia.
Dell’attuale situazione chi soffre in modo acuto sono i cultori del dialogo tra le religioni e le culture, i timorati di Dio che pregano con cuore libero da odio e rancore, i veri credenti che sanno discernere la parola di Dio che chiama alla verità e all’amore, e comanda di non uccidere, né fisicamente, né moralmente il proprio simile e si scontrano con incomprensioni e irrisioni.
Essi però sanno che non ci sono altre strade per evitare guerre, violenze e immani sofferenze all’umanità. Ma la prima condizione per riprendere un sentiero interrotto è evitare la cultura del disprezzo, quella che ha generato le più tragiche aberrazioni.
Vignette e caricature dovrebbero essere gestite all’interno del genere letterario della satira che critica certi aspetti presi di mira, ma solo per far sorridere non per generare odio e disprezzo. E nello stendere il confine si deve tenere conto anche della suscettibilità di colui che è preso di mira. In questo momento offrire appigli agli integralisti e ai fanatici non sembra un’azione né intelligente né opportuna.