Risponde il teologo
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Perché l'impotenza impedisce il matrimonio?

Parole chiave: matrimonio (93), risponde il teologo (228)

Ho letto sui giornali che il vescovo di Viterbo avrebbe negato a una coppia di fidanzati la possibilità di sposarsi in chiesa, dopo che lui è rimasto invalido per un incidente. Come si spiega una decisione di questo tipo? L'amore e la volontà delle due persone non dovrebbe essere superiore a qualsiasi questione fisica? La vicenda mi lascia molto perplessa, ma prima di esprimere qualsiasi giudizio vorrei che qualcuno mi aiutasse a capire di più.

Laura - Firenze

Risponde padre Francesco Romano, docente di Diritto Canonico
La notizia che il Vescovo di Viterbo non ha ammesso alla celebrazione del sacramento del matrimonio una coppia di fidanzati, essendo l'uomo divenuto impotente a seguito di un incidente stradale che lo ha reso paraplegico, ha provocato una reazione sdegnata che si è levata da diversi ambiti dell'opinione pubblica, stimando fredda e disumana questa decisione presa dall'autorità ecclesiastica. Comprendiamo, pertanto, la perplessità che la nostra lettrice ci ha manifestato.

La nostra chiarificazione, richiesta dalla lettrice, prende come punto di partenza proprio la motivazione che lei ha addotto per obiettare sull'operato del Vescovo di Viterbo: «l'amore e la volontà delle due persone non dovrebbero essere superiori a qualsiasi questione fisica?».

Il Concilio Vaticano II nella Costituzione Pastorale Gaudium et spes (GS), definisce il matrimonio come «intima comunità di vita e d'amore coniugale, fondata dal Creatore e strutturata con leggi proprie, è stabilita dal patto coniugale vale a dire dall'irrevocabile consenso personale» (GS 48, 1).

L'amore naturale che attrae e suscita sentimenti di affetto è una realtà psicologica molto importante, potremmo dire previa, ma indeterminata, non qualificabile né quantificabile. Il matrimonio, infatti, nasce e si fonda non su un generico sentimento mutevole, ma sul consenso come atto di volontà che due persone si manifestano. Si tratta di un patto irrevocabile che ha per oggetto la reciproca accettazione e donazione dei coniugi per costituire il matrimonio (can. 1057). In altre parole, il matrimonio non può dipendere soltanto da un sentimento naturale come l'amore, assai mutevole e imprevedibile per sua natura. La volontà coniugale, invece, da cui promana il consenso, è il punto limite in cui l'amore naturale si specifica in amore coniugale. Per questo il matrimonio sopravvive nella buona e nella cattiva sorte, anche se l'amore naturale dovesse dissolversi del tutto.

Per i cristiani, inoltre, questo patto è un sacramento che rende gli sposi segno e partecipazione «al mistero di unità e di amore fecondo tra Cristo e la Chiesa» (can. 1063). La reciproca donazione degli sposi diviene, così, un atto di rendimento di culto perfetto. Attraverso il patto coniugale, gli sposi manifestano il loro consenso, cioè la volontà di «instaurare il consorzio di tutta la vita, ordinato per sua natura al bene dei coniugi e alla procreazione ed educazione della prole» (can. 1055). Questo «consorzio» come atto volontario, che lo distingue dall'unione di fatto, non ha soltanto un'estensione temporale, ma esprime il totale coinvolgimento dei due coniugi in tutte le loro dimensioni comunicabili, sia sul piano psicologico che fisico, fino a diventare «una sola carne» in modo irreversibile fino alla morte.

A proposito della dimensione fisica del matrimonio, l'impotenza copulativa (coeundi) è una circostanza che investe la persona nella sua capacità di realizzare l'unione sessuale coniugale. Essa è detta anche legge inabilitante perché dichiara non abile a contrarre il matrimonio la persona di entrambi i sessi che si trova in tale situazione, essendo un impedimento dirimente che, appunto, rende nullo l'eventuale matrimonio. Così recita il can. 1084: «L'impotenza antecedente e perpetua a compiere la copula, sia da parte dell'uomo che della donna, tanto assoluta che relativa, rende nullo il matrimonio per sua stessa natura». Cosa sia, poi, la copula coniugale, lo definisce il can. 1061: «[…] se i coniugi hanno compiuto tra loro, in modo umano, l'atto coniugale idoneo per sé alla generazione della prole, al quale il matrimonio è ordinato per sua natura, e per il quale i coniugi diventano una sola carne».

Da quanto si è detto, gli sposi non possono modificare i termini del contratto, né l'autorità ecclesiastica dispensare da ciò che è costitutivo del matrimonio per diritto naturale. La copula coniugale, infatti, è richiesta dalla natura stessa del matrimonio, quale istituzione naturale connessa alla natura sessuata dell'uomo, «fondata dal Creatore e strutturata con leggi proprie» (GS 48, 1). Il significato della consumazione emerge anche dagli effetti che essa produce nei confronti del matrimonio rato. È a tutti noto, infatti, che solo dopo la consumazione il sacramento del matrimonio diventa indissolubile da non poter essere sciolto da alcuna potestà umana né per alcuna causa, eccetto la morte (can. 1141).

La reciproca accettazione e donazione, che è l'oggetto del consenso coniugale, coinvolge l'intera persona degli sposi in ogni loro dimensione, inclusa quella sessuale, specificando in tal modo la differenza da qualsiasi altro tipo di unione che non sia il matrimonio, quale consorzio di tutta la vita e per il quale non sono più due, ma «una sola carne». L'incapacità ad effettuare la copula coniugale impedisce, inoltre, di assumere gli atti idonei alla generazione della prole alla quale per sua natura il matrimonio è ordinato.

La capacità dei coniugi di porre atti veramente coniugali, cioè di per sé idonei alla procreazione, rientra nell'oggetto essenziale del consenso, non può ricevere dispensa, né il coniuge ha facoltà di rinunciarvi spontaneamente. Un volta che l'azione umana ha posto la copula coniugale in modo conforme alla natura del matrimonio, il suo eventuale esito infruttuoso dipende soltanto dall'azione della natura e non incide sull'idoneità degli sposi a vivere tutte le dimensioni della vita coniugale.

Riguardo alla procreazione, i coniugi hanno diritto soltanto a quegli atti dai quali normalmente deriva il concepimento anche se a volte esso non si verifica per circostanze indipendenti dalla loro volontà. Pertanto, a differenza dell'impotenza copulativa, la sterilità (impotentia generandi) non rende nullo il matrimonio (can. 1084), a meno che non sia stata nascosta al futuro coniuge in modo doloso (can. 1098). Così si esprime, infatti, il Concilio Vaticano II: «Il matrimonio, tuttavia, non è stato istituito soltanto per la procreazione, ma il carattere stesso di patto indissolubile tra persone e il bene dei figli esigono che anche il mutuo amore dei coniugi abbia le sue giuste manifestazioni, si sviluppi e arrivi a maturità. E perciò anche se la prole molto spesso tanto vivamente desiderata, non c'è, il matrimonio perdura come consuetudine e comunione di tutta la vita e conserva il suo valore e la sua indissolubilità» (GS 50, 7).

Qualcuno potrebbe obiettare circa il matrimonio degli anziani. Ovviamente, su questo punto si presume che, nonostante l'età, ancora si sia conservata la capacità copulativa. È solo quando l'impotentia coeundi risulti certa che il matrimonio non può essere autorizzato (can. 1084), come nel caso della decisione presa dal Vescovo di Viterbo. Stante il dubbio, invece, non può essere preclusa la strada alla celebrazione del matrimonio, che prevale come diritto naturale di cui gode ogni persona, ma se il dubbio si trasforma in certezza, quel matrimonio è nullo in forza della legge inabilitante che ha per oggetto l'impotentia coeundi (can. 1084), mai dispensabile da alcuna autorità umana essendo legge di diritto naturale.

Pertanto, la dimensione fisica è una componente imprescindibile perché rientra nella struttura naturale del matrimonio e ne permette la realizzazione secondo il disegno divino, principalmente per quanto attiene al divenire «una sola carne» attraverso la reciproca e totale donazione e accettazione dei coniugi. Tutto questo in sintonia con il significato dell'amore coniugale che abbraccia l'intera persona del coniuge al quale si indirizza.

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silvia primi 03/11/2010 00:00
vedo anch'io la grande contraddizione:la chiesa propone la castità prematrimoniale,ma sottolinea l'aspetto della nullità del matrimonio x impotenza....
come si può avere una diagnosi di impotenza incurabile senza "verifica sul campo"? quanto conta l'elemento psicologico?
ha senso x un uomo sottoporsi a diagnosi mediche sulla propria potenza sessuale senza avere vissuto un rapporto completo ? BOH ?
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Maria Bencivegna 24/06/2008 00:00
Quando mi sono sposata sapevo poche cose, ma essenziali, cioè che desideravo condividere con mio marito l'intera esistenza anche di fronte a qualsiasi eveninza negativa. Diventare una sola carne per donare la vita a dei figli se il Signore ce li avesse donati. Ho capito con il tempo che questa è la vera sostanza del matrimonio che la Chiesa ci insegna da quando esiste. Poi sono venute le teorie e le separazioni. A noi spetta l'onestà e la libertà di sapere a quale Chiesa vogliamo appartenere. Che la dimensione fisica appartenga alla natura del matrimonio non serve essere esperti in sessuologia. Chi vuole vivere da fratello e sorella o da buoni amici deve ricercare qualcosa di diverso dal matrimonio perché diverse sono le finalità. Certo, vivere appieno la dimensione fisica è un'aspettativa del matrimonio, mentre l'arrivo dei figli non può che essere un dono gratuito di Dio che non mette in discussione la validità del matrimonio se non vengono. In questo senso trovo che l'articolo scritto dal teologo sia chiaro e convincente sempre che non si voglia accostarci alla problematica religiosa con la stessa mentalità con cui alcuni ragionano di politica o sport.
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Pietro Belcari 23/06/2008 00:00
anche all'interno della chiesa si sono registrate delle prese di posizione nettamente contrarie a quella del vescovo di viterbo e si auspica da più parti che vi sia maggiore comprensione su questo tema. non a caso leggiamo spesso di arzilli ottantenni che si sposano in chiesa dopo essersi magari conosciuti in casa di cura...ma non ricordo titoli di giornale del tipo:"Parroco nega le nozze a coppia di anziani" seppure tanti giornali farebbero carte false pur di avere queste 'chicche' da mettere in pagina... sull'impossibilità di procreare mi sembra tra l'altro che vi sia una zona grigia molto estesa e sulla quale è già stato fatto cenno tra i commenti, mi pare quantomeno paradossale che al sacerdote sia demandato il compito di stabilire se dispensare o meno il matrimonio in base alla fertilità della coppia...
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Paola Tani 23/06/2008 00:00
Caro Direttore, sono contenta per la chiarezza con cui avete affrontato questo tema difficile ricorrendo a una persona esperta. Purtroppo, mi rammarico nel leggere qualche commento per il pregiudizio con cui alcuni parlano dimostrando di non aver neppure letto quello che contestano. E' inevitabile che il matrimonio sacramento come quello civile sia regolato da leggi. Anche la libera convivenza, come i Pacs o i Dico, se un giorno sarà approvata, sarà soggetta alla legge. Io sono una donna nubile, laureata in fisica e impegnata nella ricerca scientifica. Non ho fatto il voto di castità anche se non ho esperienze nel campo sessuale. Se dovessi seguire la logica distorta di un lettore - che asserisce che soltanto colui che ha esperienza può pronunciarsi in materia di matrimonio - potrei obiettargli che secondo il suo asserto non potrei neppure conoscere il valore dei dieci comandamenti perché non rubo, non dico falsa testimonianza, non uccido, non commetto adulterio. Eppure sono certa che anche il lettore suddetto conosce la portata di questa legge divina. Forse, dovrei dedurre che questo è possibile perché ha fatto esperienza di ciò che questi comandamenti dicono di non fare?
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Daniele Lippi 22/06/2008 00:00
Due ragazzi si amano, progettano una vita insieme e fissano la data delle nozze.
La sventura si abbatte su di loro e sui loro progetti, li ferisce nel corpo e nello spirito.
I ragazzi rispondono con una reazione forte, un amore grande, costruito sulla roccia, capace di sfidare la cattiva sorte: la scelta di donarsi comunque, disinteressatamente l’un l’altro, per tutta la vita, in perfetto stile evangelico. “… non c’è amore più grande di chi dà la vita per coloro che ama …”
A questo punto in questa toccante storia compare un Vescovo che però non ha in mano il Vangelo ma … il Codice di Diritto Canonico: a fronte di una domanda di matrimonio risponde spiegando loro (in modo presumibilmente simile a quello con cui ce lo ha spiegato Padre Francesco Romano su Toscana Oggi,) che “questo matrimonio non s’ha da fare” perché non ricorrono i requisiti previsti dal Codice.
Non deve essere stata una buona notizia per i nostri fidanzati, ma quando anche le ultime speranze sembravano andate, ecco che un Sindaco chiude il suo ufficio, scende le scale del Municipio, si reca nella comunità sofferente di un ospedale, prende la mano dei due innamorati e celebra davanti a quella Società Civile, l’amore puro e disinteressato, eroico e commovente di due ragazzi finalmente uniti in un matrimonio, un matrimonio per il quale è richiesto un solo requisito: l’Amore.
Cari amici, tutto ciò è paradossale! È l’esatto contrario dei racconti evangelici: nel Vangelo troviamo scribi e farisei impegnati a consultare codici e codicilli attraverso i quali pretendono di interpretare la volontà di Dio e poi troviamo Gesù che con la Parola e con l’esempio afferma il primato dell’amore sulla legge, perché Lui “ … è venuto a portare la libertà ai prigionieri, agli afflitti la gioia …”
Nella nostra paradossale storia è toccato al Sindaco stabilire il primato dell’amore!
Per finire una osservazione sul merito: ci sono ancora nella Chiesa, persone che misurano la sessualità con il bilancino, persone che non hanno ancora capito che un bacio è un rapporto sessuale fatto con le labbra, nella sostanza non diverso da un rapporto sessuale fatto con i genitali. Nel Vangelo Gesù dice che chi guarda la donna di un altro per desiderarla ha già commesso adulterio: per analogia voglio pensare che chi guarda la propria donna per desiderarla, stia già facendo l’amore con lei, in barba a tutti gli “impedimenti” fisici.
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Franco Silvestri 22/06/2008 00:00
La spiegazione è chiara e convincente. Purtroppo, non convince chi vuole sostituirsi alla Chiesa imponendo le sue convinzioni. Il matrimonio per noi cattolici è un sacramento e non pretendiamo che tutti ci credano. Ovviamente, il modello di matrimonio di cui un sindaco nell'esercizio delle sue funzioni potrebbe spiegarci, è molto diverso sia per la sua origine che per l'eventuale possibilità di ricorrere la divorzio. E' vero che in nome dell'amore generico tante unioni, di tutti i tipi, possono nascere, come pure dissolversi con il venir meno di questo sentimento
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paolo pezzola 19/06/2008 00:00
se il fidanzamento deve essere casto e puro come si può determinare l'impotenza di un coniuge?
I sacerdoti non possono avere l'esperienza adatta perchè la loro castità non le da la potenzialità di esprimersi in quanto anon hanno per vocazione esperienza alcuna dell'amore sponsale. D'altro canto loro parlano per sentito dire...ma certe cose non si sanno se non si provano prima e qui il cane che si morde la coda. Non si può fare esperienza prematrimoniale perchè peccato, la masturbazione stessa è peccato e teoricamente nessuno saprebbe mai se la sua libido funziona. In merito se i due in questione hanno vissuto un fidanzamento da cristiani cattolici solo dopo il matrimonio si saprà se tutto è andato a buon fine

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