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Calcio, diretta sul maxiprocesso

ROSSI, AUDIZIONE ALLA CAMERA: SENTENZE EQUE SU SPORT MALATO, NO AMNISTIAROMA, 12 luglio – L’amnistia che tanti invocano non ci sarà, perché non serve a rifondare quel calcio sano “che la vittoria della nazionale ha dimostrato esistere”. Camera dei deputati, poco più di due ore e Guido Rossi smonta pezzo su pezzo il calcio che fu: un mondo che fa riformato dalla testa ai piedi e per il quale i colpi di spugna chiesti sull’onda dell’euforia per gli azzurri non hanno ragione di esistere.

Il commissario della Figc ha solo due mesi alle spalle di lavoro, ma gli è bastato per sollevare il polverone tenuto per anni sotto il tappeto: davanti alla commissione cultura presieduta da Pietro Folena il professore ne ha per tutti. Per illustrare tutto quello che non va, ma anche quello che bisogna fare nei mesi che lo separano dalla scadenza del mandato (novembre ma non é detto che non prolunghi l’avventura.

“All’amnistia sono contrario – dice Rossi rispondendo alle domande dei parlamentari – E’ una cosa diversa che non va applicata a questo caso. Mi pare fuori luogo per rifondare il calcio. Né amnistia, né indulto”. E così le sentenze della Caf, il cui operato è stato elogiato dal commissario, quando arriveranno saranno l’espressione di un calcio che sta provando a rinnovarsi. “Una sentenza equa su un calcio malato” dice Rossi fuori dalla sala del mappamondo di Montecitorio.

Ma aggiunge anche che “di giustizia sportiva non me ne voglio occupare. Ruperto (presidente della Caf ndr) è la scelta migliore. E’ lui che deve decidere, io non posso decidere niente. Chi va in A, in B non mi interessa”. E al professore non interessa nemmeno se ci saranno code giudiziarie al processo a calciopoli in corso: anzi per l’Uefa vale il primo grado e quanti si appelleranno a tribunali extra sportivi rischiano di essere lasciati fuori dal calcio europeo.

“La sentenza di primo grado è immediatamente esecutiva – dice Rossi – Con l’Uefa siamo d’accordo così, anche se spero che la sentenza di secondo grado arrivi comunque in tempo utile. Ricorsi al tribunale civile? Che lo facciano, se non vogliono più partecipare al calcio…”.

Un messaggio chiaro, perché Rossi in tutta l’audizione ha sempre ribadito il grosso legame con le istituzioni sportive (Fifa e Uefa) che lo stanno aiutando in questa fase così critica del calcio italiano. Una crisi che non conosce precedenti, venuta alla luce grazie al lavoro delle procure: Rossi illustra ai deputati un quadro “interessato da una serie straordinariamente grave di illeciti, diffusi e ramificati, che hanno coinvolto le principali istituzioni del calcio, i loro vertici ed organi di controllo e di giustizia, club, dirigenti sportivi, arbitri”.

Un sistema patologico radicato. “Il cuore dello scandalo – ha spiegato Rossi – è la fortissima capacità di condizionamento sui soggetti che avrebbero dovuto garantire, in posizione di terzietà, la regolarità dei campionati”. Un malcostume diffuso, e Rossi le accuse le fa dalla base. In particolare punta l’indice sul sistema elettivo, fondato su regole fragili, e in cui vigeva il voto di scambio: “L’ho attaccato perché i controllori sono nominati dai controllati. Il voto elettivo quando è collegato all’esercizio dei diritti tv di grande rilievo economico diventa voto di scambio e pertanto il sistema democratico si frantuma in influenze dominanti. I vertici eletti da un sistema dominato da pochi risultano deboli e al servizio dei pochi grandi elettori”.

Rossi ne ha per tutti, passa in rassegna i conti della Figc e la struttura del personale della federazione. A proposito del controllo contabile rimarca l’assenza “di un effettivo e strutturato sistema”, ancora più evidente nell’Associazione arbitri, vera terra anarchica così come l’ha trovata il professore. dal 2001 al 2005 il patrimonio netto contabile della Figc ha avuto un crollo vertiginoso, passando da 41.222.114 a 6.519.607.

Quanto alla struttura del personale “l’anomalia” sta nel fatto che quelli che lavorano sono dipendenti Coni (186, contro i 159 come collaboratori a progetto). Un altro problema che Rossi vorrebbe risolvere, così come i contributi della Figc ai bilanci delle leghe. Ma c’é spazio anche per parlare di Borsa: “Io sono contrario alla quotazione dei club sportivi, anzi ritengo che sia una trappola” taglia corto Rossi.

Ma c’é tempo anche per difendere le scelte fatte, prima fra tutte quella di Francesco Saverio Borrelli, criticata da chi la mette in relazione ai dissapori con Silvio Berlusconi e al coinvolgimento del Milan. “Non ritengo proprio che sia un errore. Era un lavoro di indagini che ha fatto scrupolosamente e i precedenti dicono che le indagini le sapeva fare. No? – risponde a chi in aula mugugna un po’ – Tutti siamo politicizzati, anche io. L’importante è essere indipendenti”. E parla anche dell’amicizia con Massimo Moratti: “Adesso non mi chiama nemmeno più, non vuole interferire. Ma mi pare uno scrupolo eccessivo…” sorride il commissario. Ancora tanto lavoro e fiducia alla giustizia sportiva che d’ora in poi sarà autonoma. Sul serio, promette il professore. (ANSA).

CONTO ALLA ROVESCIA PER LE SENTENZEROMA, 7 LUGLIO – Il processo vero di Cesare Ruperto si chiude, adesso è conto alla rovescia per le sentenze. Sei giorni, una cinquantina di ore di discussione, con qualche pausa sigaretta, per accertare, definire, provare o chissà, magari smontare l’illecito sportivo che ha trascinato alla sbarra il calcio del bel paese: quello che fu, che è sfilato mesto davanti ad un emerito come l’ex capo della Corte Costituzionale, la regina di tutti i tribunali.

E per la regina di tutte le partite serviva proprio un uomo così, che quando il sipario sta per calare, prima di infilarsi nella maratona della camera di consiglio che darà i verdetti, ha voluto, con un colpo di coda bacchettare chi, a distanza alimenta la polemiche e continua a mettere in discussione il suo processo. “Vi pare che uno come me si presta a strozzare le difese? Qui tutti mettono il becco, si sparla, ma tutti hanno avuto la possibilità di parlare. Il processo si fa qui, il giudizio in camera di consiglio e ci prenderemo tutto il tempo che per esaminare ogni cosa”. Un tempo che va “da un minimo di tre giorni a un massimo di 15” ci tiene a precisare Ruperto regolamento alla mano, perché se qualcuno non lo avesse ancora capito “nulla è stato prestabilito”.

Ma il presidente della Caf non si ferma e si toglie, con il solito garbo, anche l’ultimo sassolino dalla scarpa. “Qualcuno sussurra che le sentenze siano già state scritte dice sorridendo e allora siete invitati a darcele, perché ci risparmiate una fatica “. La fatica, come la chiama Ruperto, invece servirà, anche se non sarà senza sosta: la camera di consiglio dove il collegio da stasera è formalmente riunito osserverà delle pause d’obbligo, perché i giudici non sono dei ragazzini. Non sarà insomma osservata l’ortodossia che vede i giudici chiusi giorno e notte finché sentenza non sarà data.

Di sicuro da domani mattina il collegio sarà al lavoro fino al primo pomeriggio (intorno alle 16), così come domenica in cui la visione della finalissima mondiale con l’Italia a caccia della coppa iridata è garantita. Forse dovrà sacrificare la messa delle 12 Ruperto, che pare avesse chiesto di non mancare all’appuntamento. Lunedì invece giornata piena (dalla mattina fino alle 20) in attesa che rientri la nazionale (sbarco a Pratica di Mare, alle porte di Roma) per le celebrazioni di rito e con ogni probabilità martedì, al massimo mercoledì i verdetti.

La Corte federale che dovrà dare le sentenze definitive si dovrebbe riunire il 17 luglio, regalando qualche giorno in più alle difese per presentare l’appello: anche qui verdetti in tempo con la tabella di marcia fissata dal commissario Guido Rossi, in arrivo intorno al 21-22 luglio. Salvo poi code vietate nei tribunali ordinari, ma che sembrano a oggi quasi inevitabili. Soprattutto alla luce di quanto ha detto Pasquale De Lise, il presidente della Corte federale autosospesosi per ragioni di opportunità, visto che lo stesso giudice è anche a capo del Tar del Lazio. Tribunale a cui tutti, secondo De Lise, alla fine ricorreranno, nonostante il no della Figc. Un’uscita che sembra in polemica con i vertici della rinnovata federazione, che con la sospensione di De Lise pensavano di aver aggirato un problema.

L’ultimo giorno di scuola tra i banchi color betulla dell’aula che per quasi una settimana ha avuto i riflettori puntati è stata dedicata alle ultime difese in calendario: da quella della Lazio che ha ribadito l’estraneità e quindi richiesto il proscioglimento, a quella di Luciano Moggi. Il grande assente e per il quale è stata sottolineata l’uscita di scena definitiva dal mondo del calcio e la richiesta di stralcio della sua posizione in attesa che si completi la seconda parte dell’inchiesta che lo vede comunque coinvolto, e di conseguente sospensione del giudizio.

Si discolpa anche Massimo De Santis e gli altri suoi colleghi, Tagliavento, Rocchi e Bestini. Spazio anche alla breve replica della Fiorentina che ieri aveva rinunciato all’arringa orale: “Smentisco che abbiamo rinunciato alla difesa” dice il legale dei viola. “Lo abbiamo capito, e questo è il modo più intelligente per difendersi. Noi lo abbiamo apprezzato” l’intervento puntuale di Cesare Ruperto. Che alla fine ha ringraziato tutti, per il clima che in questi giorni si è instaurato. “Ringrazio tutti, la procura, le difese e le parti il saluto di Ruperto per il clima di serenità. La stessa che ci accompagnerà in camera di consiglio e ci assisterà nella nuova dialettica tra i membri del collegio che succederà a quella che c’é stata in aula”. E alla fine sorride: “A me piace ancora il calcio e domenica tiferò gli azzurri” dice. Non parla il procuratore Stefano Palazzi, lo ha già fatto anticipando le sue richieste. Pesanti. Ora la palla passa ai giudici, per dire se il calcio che fu è colpevole o innocente.(Alessandra Rotili – ANSA).

RUPERTO A FIORENTINA: VOSTRA DIFESA MIGLIORE ROMA, 7 LUGLIO. In conclusione della seduta mattutina del processo la Fiorentina ha chiesto di chiarire la scelta fatta ieri dalla difesa di non fare l’arringa orale. “Volevamo spiegare perché abbiamo letto che la stampa ha dato un’interpretazione di questa scelta” ha detto l’avvocato Alberto Bruni. “Ma lo sappiamo che questo è il modo più intelligente di difendersi. Abbiamo apprezzato quello che avete fatto, è la maniera migliore” ha concluso Ruperto. LO SFOGO DI RUPERTO, QUI SI FA SUL SERIOROMA, 7 LUGLIO – Tempi ridotti, processo sommario, giustizia inesistente. Cesare Ruperto non ne può più: al sesto giorno di processo, all’ennesimo accenno che suona come un’accusa contro un giudizio su calciopoli che appare già scritto, il presidente della Caf esplode. “Qui nessuno strozza la difesa” si sfoga l’81enne giudice che con il garbo da uomo del sud che lo contraddistingue non manca però di rifilare bacchettate agli incolpati e relative difese, ma anche a quanti all’esterno continuano ad attaccare il processo al calcio.

“Si parla e si sparla troppo anche all’esterno esordisce Ruperto Qui tutti mettono il becco, dicendo che addirittura viene compressa la difesa. Cerco di non leggere i giornali, ma a volte è inevitabile e le cose filtrano comunque”.

In questi giorni infatti sono state tante le voci, anche istituzionali, che si sono scagliate contro il processo: c’é chi come Francesco Cossiga ha alzato i toni, c’é chi, adesso che l’Italia di Marcello Lippi è arrivata alla finale mondiale, prova a giocare ancora la carta dell’amnistia. Chiacchiere che proprio non piacciono all’ex capo della Consulta. “Questo è un dibattimento in cui potete esibire e chiedere tutto quello che volete puntualizza il presidente della commissione. E’ un dibattimento espanso al massimo. Qui c’é il processo, il giudizio lo farà il collegio in camera di consiglio che si prenderà tutto il tempo per esaminare ogni singola cosa”. Ruperto del resto lo va ripetendo dal primo giorno: “Sarà data la parola a tutti”.

Oggi però ha voluto fare l’arringa al suo processo. “Ogni procedimento ha la sua fisionomia ha insistito -, c’é quello penale, quello religioso e c’é anche quello sportivo. Noi cercheremo nei limiti connessi al giudizio sportivo di arrivare il più possibile all’accertamento della verità”. E allora il giudice punzecchia il legale di turno (é toccato all’avvocato fiorentino di Innocenzo Mazzini, Mario Rocchi). “Mi dica, si è forse sentito meno libero nel suo discorso di quanto non lo sia nei tribunali o nelle corti che frequenta?” chiede Ruperto. “Mi sento sempre libero, altrimenti non farei questo lavoro e oggi ancor di più” ha replicato l’avvocato. “L’importante è che si sia sentito libero anche qui” ribatte Ruperto, ottenendo la prova per dimostrare che le accuse che piovono sulla sua commissione non hanno ragione d’essere, insomma non sono fondate.

La difesa è fatta, manca solo il colpo finale. “Ma vi pare che un ex presidente della Corte Costituzionale si possa prestare a strozzare la difesa? Certo non siamo in Corte d’Assise, questo è un procedimento sportivo” chiude la pagina Ruperto. Insomma sarà pure un processo sportivo, ma sarà vero, fa capire il giudice catapultato tra arbitri, palline e presunti sorteggi taroccati. (ANSA).

MURO ARBITRI, TUTTI DA ASSOLVEREROMA, 6 LUGLIO. Nessuno ha fatto nulla, nessuno ha alterato alcunché, nessuno ha parlato con nessuno. E se lo ha fatto era per dovere istituzionale, amicizia, cortesia. Fanno muro, gli arbitri italiani, alla sbarra nell’aula dell’Olimpico nel processo per lo scandalo del calcio. Una difesa a oltranza la loro, un continuo ribadire la totale estraneità ai fatti. E una richiesta praticamente uguale per tutti: assoluzione.

Il primo a difendersi nella quinta giornata del processo è l’ex designatore dei guardalinee, Gennaro Mazzei. “Va prosciolto – dice il suo avvocato Giuseppe Fonisto – il suo era solo un ruolo tecnico”. Stesso refrain per gli assistenti dell’arbitro Puglisi e Babini. Nel loro comportamento, sostengono i legali, non “c’é alcun illecito sportivo” e dunque vanno assolti. Prende più tempo per argomentare la sua difesa l’avvocato di Pierluigi Pairetto, l’unico ex designatore arbitrale che ha deciso di rimanere nel processo per difendersi.

“Non c’é stata alcuna alterazione del sorteggio – spiega al presidente della Caf Cesare Ruperto l’avvocato Giorgio Merlone, scagliandosi contro la testimonianza di Manfredi Martino, l’ex segretario della Can che aveva gettato sospetti su griglie e palline – non è serio dare credibilità a un personaggio così. Si è dato credito alla ricostruzione di questo poveretto. Il procuratore federale, forse con una bacchetta magica, ha trasformato un mero sospetto, come scritto nella relazione di Borrelli, in certezza”.

Assolti devono essere anche, secondo le difese, anche l’ex presidente dell’Aia Tullio Lanese i due arbitri Domenico Messina e Pasquale Rodomonti. Così, dice l’avvocato Cirillo che li assiste entrambi, si ridarà “dignità a due atleti di spessore internazionale”. Arringa, quest’ultima, preceduta da un siparietto con il ‘solito’ Ruperto. “Con il professore non abbiamo la stessa stoffa culturale” ha detto Cirillo professando umiltà nel prendere la parola dopo l’avvocato di Franco Carraro, il professor Giovanni Verde. Immediata la replica di Ruperto: “Ma noi ci adattiamo a tutti e senza nemmeno il sorbetto… Sa quando si passa dalla carne al pesce c’é bisogno del sorbetto”. E proprio la difesa dell’ex numero uno della Federazione si é diversificata dalle altre non tanto nelle conclusioni (“Carraro va prosciolto” ha detto il professor Verde) quanto nelle motivazioni. Ogni intervento di Carraro, sottolinea l’avvocato, c’é stato “per difendere l’istituzione e non certo per andare contro di lei”. Sono stati interventi “istituzionali, compatibili con il suo ruolo di presidente della Figc, per evitare l’ingiustizia sportiva, non per provocarla”.

Nell’imputazione, inoltre, manca “l’intenzione, il dolo specifico” che configuri l’illecito sportivo. Ne emerge un quadro ben diverso da quello descritto dall’accusa. “Si è montata attorno a Carraro un’incolpazione che non meritava di essere coltivata” e per questo l’auspicio è che vi sia un “giudizio attento e scrupolo per la ricerca della verità processuale”. Ma quel che interessa di più all’ex numero uno del pallone è un’altra cosa. Che “sia affermata la sua correttezza di uomo di sport”. (ANSA)

MILAN PRIDE, CLUB SI DISSOCIA: NON SIAMO LA JUVE. E LA FIORENTINA TACE ROMA, 6 LUG – Una toga rossonera e all’Olimpico va in scena il Milan ‘pride’. In fondo non servono piazze e cortei variopinti per mostrare l’attaccamento a una maglia, ma c’era bisogno forse della miccia innescata dalla difesa della Juventus che a sorpresa nel maxiprocesso che ha messo alla sbarra il calcio italiano ha invertito la rotta tenuta fin qui dai 30 incolpati, club compresi, cioé l’obbligo a dichiararsi innocenti. La Vecchia Signora ha rotto il patto, provando a limitare i danni, accordandosi per una retrocessione in B.

Quanto basta per completare la definitiva rottura sull’asse Milano-Torino, l’ennesima replica, anche davanti alle telecamere a circuito chiuso del tribunale sportivo, del ‘c’eravamo tanto amatì andato in onda già da tempo. Perché la società rossonera fa quadrato, prende le distanze dagli ex alleati, non ammette colpe e anzi contrattacca. “La Juventus ha detto di essere un club diverso, cambiato. Noi no, noi siamo sempre uguali, gli stessi di ieri e speriamo anche di domani. Noi siamo orgogliosi di essere il Milan” la pirotecnica, quanto efficace, arringa di uno degli avvocati del pool. Ma quale illecito, quale patteggiamento si legge tra le righe: quello che viene addebitato al Milan non esiste.

“Insussistenza dei fatti” dice l’avvocato-tifoso Marco De Luca, prima di lasciarsi andare al fervore, appena appena censurato dal sempre attento Cesare Ruperto. ‘Adesso prendiamo anche le bandierine…” dice il presidente della Caf che di calcio, e non lo ha mai nascosto, non è certo un ultrà. Però la difesa milanista è quella che appare meglio organizzata, perché l’ammissione di colpa della Juve sembra aver sorpreso, ma in fondo non scardinato la strategia dei rossoneri. Sorpreso e anche un po’ mal disposto, perché se viene riconosciuta la colpevolezza dei bianconeri, anche gli altri, seppur in misura debitamente proporzionata, non possono non pagare per gli stessi addebiti.

E tutto gira sempre intorno al ruolo di Leonardo Meani, l’addetto agli arbitri finito nelle intercettazioni con il designatore dei guardalinee Gennaro Mazzei: un povero ‘precario’ senza potere, che figuriamoci se poteva raccomandare il Milan agli assistenti. “Se lo avesse fatto se ne sarebbe vantato” dice De Luca. E invece il fatto non è mai esistito per il pasionario avvocato rossonero, chiamato a difendere Adriano Galliani. “Si chiedono due anni per 1’45” di telefonata, in cui Galliani non avalla nulla, tanto meno la condotta di Meani”.

Ma ecco che l’arringa diventa uno spot rossonero: “Nel dna del Milan c’é il rispetto delle regole, noi siamo quelli che a questa federcalcio hanno portato i trofei più numerosi e più alti” continua il legale. Al Milan nessuno chiede quale sarebbe la ‘pena congrua’, perché il club ribadisce con la sua autocelebrazione la sua totale estraneità ai fatti. In questa direzione va il breve e sobrio intervento dell’avvocato storico del club, Leandro Cantamessa: “Resta lo stupore di una sanzione che non ha riscontro nei fatti”.

Si autocensura invece la Fiorentina, che dopo il duro intervento del patron Diego Della Valle, nel giorno dedicato alla difesa del club preferisce il basso profilo. Nessuna arringa orale, solo note d’udienza da aggiungere alla memoria già presentata, che valgono per tutti gli incolpati viola (Andrea Della Valle e Sandro Mencucci compresi): un intervento che si esaurisce in una manciata di minuti. Una scelta che potrebbe anche essere letta come di rottura nei confronti della commissione giudicante, un annuncio tra le righe di voler avere giustizia in altre sedi. O forse solo la conseguenza di quell’ammissione fatta dalla Juve.

Di certo la Lazio va su tutt’altra strada: il club di Claudio Lotito ha già annunciato battaglia, in cui l’ammissione di colpa non sarà certo di casa. Punta all’assoluzione piena, e per questo ha storto il naso quando la doppia arringa preparata dalla coppia di legali è stata spaiata per non perdere tempo prezioso, come ha detto Ruperto. E allora parla il difensore di Lotito, e domani si riapre con il club. (Alessandra Rotili – ANSA).

JUVE HA AMMESSO, MILAN CONTRATTACCAROMA, 6 LUGLIO – Il Milan contrattacca. Nel maxiprocesso al calcio celebrato allo stadio Olimpico la palla passa alla difesa del club rossonero: dopo l’ammissione della Juventus arrivata a sorpresa ieri sera con conseguente tentativo di patteggiamento, il pool di legali che si sono divisi le difese di Adriano Galliani, Leonardo Meani, l’addetto agli arbitri del club di via Turati che compare nelle telefonate intercettate, e lo stesso Milan, respinge al mittente ogni addebito. Una posizione che si pone in netto contrasto con quella tenuta dalla società bianconera, e che è uniforme nel dire che l’accusa formulata dal procuratore federale (stop di due anni per Galliani, 5 per Meani con proposta di radiazione e retrocessione in B con 3 punti di penalizzazione della squadra) si fonda su un fatto insussistente. Si parte intanto nel circoscrivere il ruolo di Meani, ridotto a quello di “un precario”, che come tale se avesse avuto la capacità di “raccomandare il Milan agli assistenti” se ne sarebbe vantato con la dirigenza rossonera.

Con enfasi retorica è l’avvocato di Galliani, Marco De Luca, che sferra l’attacco e celebra il Milan. ‘Nel Dna del Milan c’é il rispetto delle regole, non altro” dice il legale. La difesa a 360 gradi del Milan passa anche per quella del suo dirigente: “Due anni di inibizione per 1’45” di telefonata – dice l’avvocato – in cui peraltro non ha avallato la condotta di Meani. Insomma quell’avallo non sussiste”.

Il pathos però è riservato tutto alla difesa accalorata del Milan stesso. “La Juventus ha detto di essere una società cambiata – dice De Luca – noi no, siamo gli stessi di ieri e anche di domani, sicuri della nostra innocenza. Siamo quelli che a questa federazione abbiamo portato i trofei più numerosi. E siamo orgoglioso di essere il Milan”. Solo una frase dall’avvocato storico del club, Leonardo Cantamessa: “Resta lo stupore per una sanzione che non ha riscontro nei fatti”. La mattinata è stata dedicata, oltre alla difesa di Meani e del Milan, a quella di altri in qualche modo legati alla posizione dei rossoneri.

L’ex designatore dei guardalinee, Gennaro Mazzei, che compare nelle telefonate con Meani: per lui il legale, Giuseppe Fonisto, ha chiesto il proscioglimento da ogni addebito perché il fatto non sussiste, in considerazione del fatto che lo stesso Mazzei “aveva solo un ruolo tecnico”. Sulla stessa linea le difese dei due assistenti deferiti, Claudio Puglisi e Fabrizio Babini (anche loro intercettati con Meani): la richiesta è stata del proscioglimento con formula piena. Articolata la difesa di Franco Carraro: il professor Giovanni Verde ha sostanzialmente insistito su un unico punto. E cioé che gli interventi di Carraro emersi nelle telefonate finite sotto inchiesta erano quelli di un presidente della Figc atti a “difendere l’istituzione”. Carraro “era vigilante del corretto andamento delle cose”.

A propria discolpa l’avvocato porta la telefonata con Paolo Bergamo: “Una testimonianza contro che invece è la prova del suo rigore, perché Carraro pretende da Bergamo un resoconto perché non è soddisfatto degli arbitraggi e minaccia di far cessare, come poi avverrà, l’attività dello stesso designatore”. “E’ stata montata un’incolpazione che non meritava di essere coltivata. A lui interessa affermare la sua correttezza di uomo di sport. Per cui richiedo il suo proscioglimento”, ha concluso Verde. Prima del via dell’udienza la Lazio aveva annunciato battaglia: in netto contrasto con la posizione dei bianconeri, il club di Lotito ha già detto che non ammetterà nulla e che si batterà per l’assoluzione piena. (ANSA).

DA CARRARO A LOTITO, DIFESE ACCORATEROMA, 5 LUGLIO – Una vita spesa per lo sport, una carriera onorabile in cui lo sfregio di una condanna appare proprio insopportabile. Dopo le accuse è il giorno delle difese al maxiprocesso del calcio: ma non quelle burocratiche degli avvocati, quelle accorate e dirette degli incolpati. Ieri, a caldo dopo che il procuratore federale aveva chiesto il massimo della pena per la maggior parte dei soggetti rinviati a giudizio, si erano fatti avanti alcuni degli arbitri: oggi il primo a prendere la parola è stato Franco Carraro. Il grande sconfitto, il presidente della federcalcio sopravvissuto a ogni cataclisma: è mesto il suo intervento, lo legge, non si interrompe, non sbaglia, annuncia quanti minuti parlerà. Non più di dodici, dice. “L’accusa di illecito sportivo mi umilia a mi avvilisce – esordisce Carraro – Nella mia lunga carriera mi sono sempre comportato correttamente e mantenuto la dignità del mio ruolo. Certo se verranno accertati i fatti, nella stagione 2004-05 sono accaduti fatti gravi. Io non ho mai cercato di coprire nulla”. Carraro conta anche le parole delle intercettazioni finite sotto inchiesta, e ribadisce che “l’intonazione non è quella di chi fa accordi truffaldini”.

Lo segue Diego Della Valle: composto, e altrettanto diretto il suo intervento, soprattutto quando punta il dito sui tempi. Troppa fretta, denuncia il patron viola. “E’ un processo fatto in fretta – dice l’imprenditore – e c’é un errore di base. Chi ha deciso che il processo vada legato alla data per le coppe europee ha fatto un errore incredibile”. Subito però lo interrompe il presidente della Caf, Cesare Ruperto: “Questo processo non è legato ad alcun termine e non abbiamo fretta. Esamineremo ogni singola situazione”. Un intervento che fa pensare che la stessa camera di consiglio potrà restare riunita più giorni e prendersi tutto il tempo necessario prima di emettere le sentenze. Ma Della Valle ha mostrato anche tutto il dispiacere per come la vicenda è stata gestita. “Vedere come è costruita questa storia delle intercettazioni ci offende – spiega – E’ umiliante, sembriamo persone senza spina dorsale. Bisogna portare rispetto, io capisco che l’accusa gioca a fare la sua partita. Ma è offensivo, perché da quelle carte c’é da vergognarsi a guardare i propri figli”.

Il patron viola ha parlato del pranzo con Paolo Bergamo e anche qui si è detto dispiaciuto per come é stato raccontato: “Come di un incontro carbonaro, fatto di nascosto. Mi sono sentito un delinquente e invece eravamo nell’albergo di Firenze dove abito in estate. Su una terrazza in cui c’erano altri cento tavoli. Il riscontro fotografico riprende una strada sterrata, che poi è quella davanti al parcheggio. Insomma mi viene qualche sospetto, anche se non voglio avere cattivi pensieri. E poi dopo quell’incontro la squadra ha avuto solo problemi”. Sulle vicende sportive ha aggiunto: “Noi non abbiamo mai chinato la testa. Si diceva che c’era un sistema che teneva sotto schiaffo il calcio, noi vittime e vessati ci rivolgiamo al potere per raddrizzare la china. Allora avremmo chinato la testa, dopodiché ci ritroviamo in un sistema che ci salva e di cui siamo considerati parte integrante”. Della Valle aggiunge anche di aver fatto a suo tempo denuncia all’antitrust contro Juve, Milan e Inter sui diritti tv.

A propria discolpa parlano anche due arbitri, Domenico Messina e Paolo Bertini: entrambi fanno leva su una carriera lunga e senza macchie. L’ultimo della mattina è Claudio Lotito: lo show è condito da tutti gli elementi che sono diventati un cavallo di battaglia del presidente della Lazio. “Con me la Lazio non dipende più da nessuno – ha detto – io ho contrastato il sistema non appena ci ho messo piede, ho fatto tante battaglie per cambiare le cose. Mai chiesto favori arbitrali o chiesto niente ai designatori”. Lotito si dilunga, tanto da far intervenire Ruperto: “Ci dice quante ore vuole parlare, così magari ci fermiamo per farla riposare…”. Dopo un’ora chiude dicendo di aver denunciato alla Procura della Repubblica Cosimo Maria Ferri (ex membro della commissione vertenze economiche Figc) per “falsa testimonianza”, ma che ancora crede nel calcio: “Ho appena investito altri 20 milioni di euro”. Breve pausa dell’udienza. La parola nel pomeriggio passa di nuovo al procuratore Palazzi. (ANSA).

JUVE IN C1, FIORENTINA, LAZIO E MILAN IN B: LE RICHIESTE DI PALAZZIROMA 4 LUGLIO. Queste le richieste di sanzione formulate dal procuratore federale Stefano Palazzi nei confronti dei 26 deferiti e dei 4 club rinviati a giudizio nel processo.

JUVENTUS: esclusione da campionato di competenza e sei punti di penalizzazione nel campionato in cui verrà assegnata che dovrà essere inferiore alla serie B. Inoltre revoca dello scudetto 2004-05 e non assegnazione del titolo 2005-06.

MILAN: retrocessione all’ultimo posto della A, con retrocessione al campionato cadetto. Da scontare tre punti penalizzazione.

LAZIO: retrocessione all’ultimo posto in A, con retrocessione in B con 15 punti di penalizzazione.

FIORENTINA: retrocessione all’ultimo posto in A, con retrocessione in B con 15 punti di penalizzazione.

MOGGI: inibizione a 5 anni, più richiesta di radiazione con multa di 5000 euro per ogni illecito commesso.

GIRAUDO: inibizione a 5 anni più richiesta radiazione con multa di 5000 euro per ogni illecito commesso.

DIEGO E ANDREA DELLA VALLE: inibizione a anni 5, con richiesta di radiazione. Più 5000 euro di multa per ogni illecito. Stessa richiesta di sanzione per Sandro Mencucci, dirigente viola.

LOTITO: inibizione a 5 anni più richiesta di radiazione, con 5000 euro di multa.

CARRARO: 5 anni di inibizione con richiesta di radiazione e 5000 euro di multa per ogni illecito.

MAZZINI: 5 anni inibizione con richiesta di radiazione. 5000 euro di multa per ogni illecito.

GALLIANI: inibizione dall’attività per due anni. Per Meani (addetto agli arbitri del Milan) 5 anni con richiesta radiazione e 5000 euro multa.

DE SANTIS: inibizione a 5 anni con richiesta della radiazione. 5000 euro di ammenda.

BERGAMO: 5 anni di inibizione con richiesta di radiazione e 5000 euro di ammenda.

PAIRETTO: 5 anni di inibizione con richiesta di radiazione e 5000 euro di multa.

LANESE: 5 anni di inibizione con richiesta di radiazione più 5000 euro di multa.

PAPARESTA: 1 anno di inibizione per omessa refertazione.

DONDARINI: 5 anni di inibizione più richiesta di radiazione.

BERTINI: 5 anni di inibizione più richiesta di radiazione.

MESSINA: 5 ani di inibizione più richiesta di radiazione.

ROCCHI: 5 anni di inibizione più richiesta di radiazione.

TAGLIAVENTO: 5 anni di inibizione più richiesta di radiazione.

RODOMONTI: 5 anni di inibizione più richiesta di radiazione.

MAZZEI: due anni di inibizione.

INGARGIOLA: 1 anni di inibizione.

BABINI: 1 anno di inibizione.

PUGLISI: 1 anno di inibizione.

LINEA DURA DI RUPERTO: RESPINTE TUTTE LE ECCEZIONIROMA, 3 LUGLIO – Sei ore di apnea, con il giallo sul perché durasse tanto la prima vera camera di consiglio del maxiprocesso a calciopoli, poi l’uscita di Cesare Ruperto che respinge al mittente i cavilli delle difese e detta le linee del suo processo. Che rispetterà i tempi, perché in nove punti il collegio giudicante ha di fatto rigettato tutte le eccezioni presentate dai legali dei 26 deferiti e dei quattro club alla sbarra: Moggi può essere sottoposto a giudizio, così come Diego Della Valle, le intercettazioni sono strumento di prova e la Caf è l’organo idoneo a giudicare tutti gli incolpati.

Un bel dribbling con gol finale al catenaccio che le difese avevano cercato di mettere in piedi: e sono servite più di sei ore di riunione, che avevano anche fatto pensare al giallo, a presunti dissensi all’interno del collegio giudicante in merito alla lista di eccezioni sollevate, per dare la prima svolta al processo.

Perché la lunga maratona di Ruperto & Co è servita di fatto per procedere spediti già da domani. Le uniche istanze accolte riguardano la posizione di Cosimo Maria Ferri, ex membro della commissione vertenze economiche della Figc, che “essendosi dimesso dopo l’istaurazione del procedimento disciplinare” non può essere sottoposto al giudizio della Caf: questo perché “é incorso in modo definitivo nel divieto di far parte dell’ordinamento sportivo in ogni sua articolazione”.

Quello che invece, e alla luce dei fatti forse ingenuamente, non ha fatto l’indagato numero uno dello scandalo del pallone: Moggi, che ovviamente non era presente in aula e per il quale il legale (Fulvio Gianaria) aveva chiesto il non luogo a procedere in quanto non più tesserato, potrà invece essere sottoposto al procedimento disciplinare perché si è dimesso prima che venisse fatta l’istruttoria e scattassero i deferimenti. “Egli – scrive Ruperto nell’ordinanza motivata – non incorre nel divieto di nuovo tesseramento previsto dall’articolo 36 comma 7 delle norme federali interne. Permane nei suoi confronti l’interesse della Figc ad ottenere un provvedimento che accerti l’eventuale responsabilità del deferito in ordine ai fatti contestati”. Eccezione già respinta dalla prima uscita da grande accusatore di Stefano Palazzi, che in cinquanta minuti ha confermato le accuse per tutti.

A giudizio, reciterà sette ore più tardi, tutti, compreso Diego Della Valle (presente in aula con il fratello Andrea) che “essendo al momento dei fatti contestati oltre che presidente onorario della Fiorentina anche socio di riferimento era tenuto all’osservanza dello statuto, delle norme federali, per cui non potrebbe non essere non responsabile della eventuale loro violazione”.

L’unico spiraglio che la Caf ha lasciato aperto è quello relativo alla richiesta di sospensione del procedimento fino “alla definizione di altre indagini in corso relativamente al campionato 2004-05”: in particolare la Lazio aveva, nelle richieste avanzate in apertura di lavori, tirato in ballo la Reggina che risulta tra i club inseriti nel secondo filone della stessa indagine condotta dall’ufficio di Borrelli.

Sono questioni “di merito, per cui va riservata ogni decisione al riguardo – dice la Commissione – così come va riservata quella attinente alla richiesta di acquisizione di atti relativi alle partite Reggina-Lazio e Lecce-Parma (su quest’ultima era intervenuta la difesa di Massimo De Santis ndr)”. Stoppata anche la presunta incompetenza della Caf che non suolo può costituire il primo grado di giudizio con “l’attrazione dell’intero procedimento alla competenza” della commissione presieduta da Ruperto. Anche per gli arbitri che in massa avevano contestato di essere sottoposti al giudizio di un organo che non fosse interno all’Aia.

Quanto alle intercettazioni e alla loro ammissibilità nel processo sportivo, la Caf non ha lasciato spazio a dubbi: “Gli argomenti addotti dalle difese non appaiono idonei a giustificare l’abbandono dell’orientamento seguito dalla commissione, la quale ha costantemente ritenuto utilizzabili nel procedimento per illecito sportivo le intercettazioni acquisite in un procedimento penale”. La stangata finale è contenuta nel punto nove: niente prove testimoniali.

Rigettate le richieste dei vari Carraro, De Santis, Bergamo e Pairetto (quest’ultimo aveva addirittura convocato arbitri internazionali come Ivanov e Poll): richieste “inammissibii per genericità” e “irrilevanti”. Insomma la Caf si allinea con la Procura e batte le difese alla vigilia del dibattimento: “Pensavamo di finire alle quattro e invece guardate che ora abbiamo fatto” ha sorriso alla fine della lunga seduta Ruperto. Ma serviva per gettare le basi vere del processo che dovrà essere celere, ma non sommario. E in questo l’ex numero uno della Consulta ha dimostrato scrupolo e dedizione: nessuna fretta preventiva. Poi però chiarisce la sua linea: niente da fare per le difese.

La strada del processo sembra davvero spianata. Sentenze pronte già nel fine settimana e se l’Italia arriva in finale si potrà aspettare fino a lunedì. (Alessandra Rotili – ANSA).

MEMORIA FIORENTINA PUNTA SU 3 ECCEZIONI ROMA, 30 giugno – Tre eccezioni. Tre punti su cui basare la propria memoria difensiva. La Fiorentina contesta innanzi tutto l’incompetenza della Caf a giudicare sulla questione, ritenendo che sia la Disciplinare l’organo competente: “L’art. 31, comma 1, dello Statuto stabilisce che la CAF giudica, in prima istanza, in ordine ai procedimenti disciplinari riguardanti i dirigenti federali”, ovvero “coloro che, con funzioni non retribuite, sono preposti a organismi federali ovvero ne costituiscono, quali componenti, i collegi direttivi, di controllo, di carattere tecnico, amministrativo e disciplinare” e quindi che “l’art. 30, comma 5, dello Statuto, afferma peraltro che le Commissioni Disciplinari giudicano in primo grado in materia di illecito e nelle altre materie normativamente indicate”.

La seconda eccezione riguarda le presunte violazioni del diritto di difesa: “I termini processuali imposti nel presente giudizio, come dimidiati dal comunicato ufficiale n. 12 del 15.6.2006 (per di più senza alcuna motivazione), non consentono di esaminare compiutamente l’enorme mole di documenti posta a base del deferimento e conseguentemente di contrapporre una memoria scritta che non sia il frutto, inevitabilmente incompleto, di un lavoro se pur intensissimo ma espletato in un arco di tempo di neanche quattro giorni”. La terza eccezione riguarda la posizione di Diego Della Valle, presidente onorario della Fiorentina e quindi per la tesi difensiva sussiste una “indeferibilità” visto che “il Dott. Diego Della Valle riveste la qualifica di Presidente Onorario della ACF Fiorentina S.p.A. senza tuttavia avere alcun potere di rappresentanza, di firma ovvero dirigenziale. In tale sua veste il Dott. Diego Della Valle non è tesserato Figc e conseguentemente non è sottoposto alla giurisdizione domestica”.

La tesi dei viola è un attacco al teorema: “I1 deferimento si fonda su un teorema accusatorio che non regge né sul piano del contenuto oggettivo delle registrazioni né sul piano logico, né soprattutto sul piano della corrispondenza ai fatti realmente accaduti”.

A proposito della partita Lecce-Parma, il cui risultato avrebbe influito sulla salvezza della Fiorentina, nella memoria difensiva si legge: “Per quanto specificamente attiene alla relazione del dott. Borrelli, vale però subito la pena di anticipare che: o viene totalmente omesso ogni riferimento alla principale partita di interesse per la Fiorentina: ci si riferisce alla decisiva sfida – salvezza con il Brescia affidata all’arbitro Collina. Tale lacuna, anche in questo caso, non pare rispondere a quel necessario invito metodologico alla contestualizzazione suggerito dalla relazione qui esaminata; o l’ufficio Indagini cade in evidente errore allorché, trattando delle ammonizioni ed espulsioni comminate dall’arbitro De Santis, le altre partite erano già terminate e a quel punto, ed è quanto qui interessa, era ampiamente noto che la Fiorentina fosse già salva e che il Parma avrebbe giocato lo spareggio non – si ripete non – con la Fiorentina, ma con il Bologna. Conclusivamente, si può tranquillamente affermare che la Fiorentina si è salvata con i propri mezzi” e “non vi è stata alcuna operazione di salvataggio”. La Fiorentina teneva i rapporti con il vice-presidente federale Mazzini, e nel corso degli incontri “il contenuto era assolutamente regolare e lecito”, e Mazzini nella sua difesa dirà di essere estraneo all’attività della cosiddetta cupola. (ANSA).

Il dibattimento riprenderà lunedì Maxi processo al via ed è subito stop. E’ durata un’ora scarsa la prima giornata del giudizio che vede alla sbarra 4 club (Juve, Milan, Fiorentina e Lazio) e 26 tra dirigenti e arbitri coinvolti nello scandalo di calciopoli. La Caf presieduta da Cesare Ruperto ha infatti subito accolto le richieste di partecipare al processo di 5 club che costituiscono controparte nel dibattimento: si tratta di Lecce, Messina, Treviso, Bologna e Brescia che si presentano come terzi nel processo contro i club e i tesserati deferiti.

Per questo Ruperto dopo appena 45 minuti di botta e risposta con i legali presenti nell’aula dell’Olimpico trasformata in tribunale, si è riunito in camera di consiglio con il collegio giudicante per quasi due ore e alla fine ha deciso di rinviare tutto a lunedì. Per aver accolto i 5 club nel processo Ruperto ha voluto concedere 3 giorni in più per far studiare le carte dei deferimenti alle nuove società entrate nel processo e allo stesso tempo ha concesso a tutti i deferiti di poter visionare le memorie difensive presentate dagli altri.

Quello cominciato oggi e subito interrotto sarà comunque “un processo celere, ma non sommario” ha detto in apertura dei lavori Ruperto. La prima decisione presa dalla rinnovata Caf va subito contro le richieste che in avvio questa mattina aveva presentato alcuni legali, primo fra tutti l’avvocato Luigi Chiappero difensore di Antonio Giraudo (oggi non presente in aula). Ovvero di respingere proprio le istanze dei terzi interessati, che di fatto si schierano dalla parte dell’accusa proprio contro i club e i dirigenti rinviati a giudizio. Soddisfatti però dopo questo antipasto di processo tutti i legali, in particolare quelli dei club che subentrano. Già canta vittoria il legale del Bologna, uno dei club che ha presentato l’istanza, l’avvocato Mattia Grassani. “Da adesso in poi il processo vede l’accusa, la difesa – ha spiegato l’avvocato bolognese – e i terzi interessati. C’é tutto l’interesse a dimostrare che il campionato 2004-2005 è stato falsato”. Contenti anche gli altri legali. Adesso però il problema reale è quello di rispettare i tempi così come li aveva indicati il commissario straordinario della Federcalcio Guido Rossi: le sentenze di primo grado attese tra il 7 e il 9 luglio rischiano di slittare dal momento che solo lunedì si comincerà il dibattimento, partendo ancora una volta dalle eccezioni procedurali e sostanziali che molti legali solleveranno. Secondo Grassani è possibile che ci sia almeno una settimana di ritardo.

Primo giorno tra emozioni e imbarazziROMA, 29 giu – Hanno lavorato insieme per qualche anno, uno il capo, l’altro il vice, ma non si sono mai piaciuti. Anzi. Nel giorno del giudizio, sotto la cappa d’afa che ha avvolto una Roma anticipatamente ferragostana, capita di vedere due nemici giurati come Franco Carraro e Innocenzo Mazzini di nuovo insieme: banchi separati però per il primo giorno di scuola che sa già di addio. Già perché in onda va il maxiprocesso del calcio, quello che all’Olimpico fa giocare la partita più brutta della storia del pallone made in Italy, quello che dopo appena mezzora è già rinviato. Solo un assaggio, un antipasto frugale di quello che da lunedì verrà servito davanti agli occhi di tutto il mondo: il calcio italiano alla sbarra, tra sguardi imbarazzati, teste chine, fugaci strette di mano. Erano solo colleghi, dicevano, si sono scoperti alleati, così svelano le centinaia di telefonate intercettate, adesso sono solo tanti ex blasonati che rischiano di uscire per sempre dal mondo del calcio.

E’ una sfilata mesta quella che passa davanti alla Caf di Cesare Ruperto: quella che si sente è solo la voce degli avvocati, che sollevano eccezioni, chiedono tempo per leggere le carte, cercano di prendere tempo. Il resto è il calcio che fu. E mentre l’ex numero uno della Consulta fa l’appello, qualcuno alza pure la mano. Cognome e nome, solo una sbavatura quando è il turno del presidente della Lazio: “Lolilo” dice Ruperto, prima di correggersi e restituire giusta dignità anagrafica al patron biancoceleste.

Claudio Lotito è seduto in seconda fila, tra i suoi legali. Davanti c’é il procuratore, il pm Stefano Palazzi: sguardo severo, perché sa che da lunedì dovrà sfoderare tutta la sua ars retorica per inchiodare club e dirigenti deferiti: il tempo stringe e il rinvio in questo non aiuta. Ma ci sono le esigenze del diritto da rispettare e anche quelle fisiologiche saranno garantite: Ruperto concederà pause ogni 90 minuti anche per i fumatori più incalliti. Per loro niente sala separata però: le sigarette nell’Olimpico bunker sono ammesse solo fuori, sulle scale. E poi ci sono gli impegni nazionali e personali: domani almeno la partita dell’Italia che vale la semifinale mondiale è salva grazie al rinvio. Palazzi però, tra le tante istanze avanzate dalle parti nel giorno inaugurale, presenta pure la sua: il 6 luglio non è disponibile per il processo. Impegni preesistenti: deciderà Ruperto come fare senza il grande accusatore.

La mattinata tanto attesa scorre via in fretta: l’ex designatore Paolo Bergamo sceglie il primo banco. “Era meglio stare a casa” dirà una volta fuori dai cancelli dello stadio. In aula cerca di non incrociare lo sguardo degli altri. Dietro a lui Mazzini, solita chioma fluente, tace: parlerà al dibattimento, lui che finora ha schivato l’interrogatorio di Borrelli. Dietro ci sono tutti gli altri, compresi gli arbitri.

Basso profilo per Gianluca Paparesta, lontano dalle telecamere. Non incede invece da leone ferito Massimo De Santis, lui assieme a Moggi (che invece preferisce le telecamere per parlare, ma non quelle a circuito chiuso del processo) accusato di far parte della ‘cupola’. Gel nei capelli e abito scuro, il fischietto che ha già perso i mondiali di Germania, arriva accompagnato dall’avvocato più avvenente, la bella Silvia Morescanti. Tailleur e camicetta panna, ma grinta da vendere quando prende il microfono e si rivolge a Ruperto. Alla prima pausa utile il suo assistito lascia i banchi delle retrovie e fa a fare due chiacchiere con Bergamo. Stavolta niente telefonini.

C’é anche l’ex designatore degli assistenti, Gennaro Mazzei: lui però deve rispondere solo della slealtà. Qualche telefonata di troppo con Leonardo Meani, addetto agli arbitri del Milan. “Adesso mi interessa solo stabilire la mia estraneità, il resto non conta. Io in fondo non ho mai telefonato a nessuno” si lascia scappare quando va via dallo stadio. Il primo giorno scorre così, poche foto ricordo, tanti volti finiti sotto i riflettori: a scorrere nella mente è quell’anno, il 2004-05, che adesso è finito proprio negli annali neri del calcio. (ANSA).

Ore 9,30, Inizia il processoIl “più grande scandalo della storia del calcio italiano”, per dirla alla Borrelli, stavolta va in scena in mondovisione. Il giorno del maxi processo che vede alla sbarra anche la gloriosa Juventus, ma pure Milan, Lazio e Fiorentina oltre a 26 tra dirigenti e arbitri che quella storia hanno contribuito a farla, è arrivato: giovedì 29 giugno, alle 9,30, all’Olimpico, trasformato per l’occasione in un’enorme tribunale.

E’ un processo che sta facendo il giro del mondo. Sono infatti circa 200 (180 giornalisti e una ventina di operatori) gli accreditati per il grande evento. Per vedere il calcio italiano alla gogna si è scomodata anche la Cnn, ma anche la rivale britannica Bbc, e ancora testate come Le Monde o L’Equipe, o il Los Angeles Time. Qualcuno è rimasto fuori. Si perderà lo spettacolo, ma i resoconti, garantito, sono pronti a girare il pianeta.

A decidere le sorti di società, che rischiano anche la retrocessione, e dei tesserati, che possono incorrere in pene fino alla radiazione, la Commissione d’appello federale presieduta da Cesare Ruperto. “I tifosi stiano tranquilli, perché tutto si sistemerà – il messaggio dell’ex numero uno della Consulta, catapultato a 81 anni nell’estate più rovente del pallone made in Italy – Davanti a noi c’é tanto lavoro per esaminare le carte, ma ora siamo pronti per cominciare. Il collegio sa quello che deve fare”.

I tempi sono stretti: l’ufficio indagini la sua corsa l’ha portata a termine senza sbavature e lo stesso Francesco Saverio Borrelli ora si augura che i suoi colleghi chiamati a emettere le prime sentenze siano altrettanto rapidi, ma giusti. “Spero che la Caf metta lo stesso impegno che abbiamo messo noi per rispettare i tempi – dice l’ex capo di Mani Pulite alla vigilia del processo – Capisco che è difficile impadronirsi in pochi giorni di un incartamento così voluminoso, però questi sono i tempi e come tali vanno rispettati e onorati”. Del resto Borrelli ha diviso in due tranche l’intera inchiesta proprio per permettere di definire il quadro dei club interessati alle coppe europee entro la metà di luglio: un termine che anche il presidente dell’Uefa Lennart Johansson ha confermato di aver ricevuto come limite utile dal commissario Guido Rossi.

E anche Ruperto dovrà inserire il turbo: le posizioni da esaminare sono tante: si parte dalle 108 pagine dei deferimenti confezionati da Stefano Palazzi. Le sentenze dovrebbero arrivare tra il 7 e il 9 luglio (se l’Italia dovesse arrivare in finale ai mondiali si potrebbe aspettare il 10). Palazzi ha scelto la strategia, e sarà quella di contestare ai singoli deferiti, club compresi, una partecipazione puntuale e precisa al cosidetto ‘sistema Moggi’. Il grande accusato, che martedì 27 giugno in tv ha lanciato gli ultimi strali dopo 40 giorni di silenzio, non ci sarà. Il calcio lo ha “nauseato”. Del presunto illecito commesso dall’ex dg bianconero dovrà però rispondere la vecchia Signora: illecito sportivo, con rischio di retrocessione fino alla serie C1. E la posizione del club bianconero si sarebbe appesantita se tra i terzi che hanno già deciso di ricorrere presentandosi domani alla Caf (Bologna, Brescia e Lecce che chiedono la riammissione in serie A) ci fosse stato anche l’Avellino: il club campano avrebbe potuto chiedere la serie B, essendo il primo escluso nello spareggio e quindi condannato alla C1, serie in cui potrebbe essere spedita la Juve se venisse riconosciuto l’illecito. Ma la richiesta potrebbe anche fermarsi alla B magari con forte penalizzazione. E dal giudizio sui bianconeri dipendono quelli degli altri club.

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