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La rivincita del ciclismo (e della Toscana)

C’era come un’aria strana a Firenze, nella zona del traguardo del mondiale in viale Paoli, nemmeno un’ora dopo la conclusione del campionato del mondo di ciclismo. Gente che sciamava e che indugiava, fiorentini e toscani ma anche i tantissimi italiani e stranieri calati nella nostra regione per fare allegramente il tifo. Dagli ammirevoli norvegesi e svedesi vestiti con i colori nazionali per incitare atleti con ben poche speranze di successo, agli spagnoli che certo alla fine si saranno mangiati le mani per come è andata, compreso l’appassionatissimo Fernando Alonso. Dai belgi enormi pieni di birra e con i bicchieri ancora in mano, per la gioia dei bar della zona, fino al colombiano evidentemente intristito per la caduta dell’idolo di casa Uran Uran nell’ultima discesa verso Pian di Mugnone.

Il tutto in un clima di festa vera, assolutamente senza gli eccessi del calcio: e l’aria strana era la sensazione strisciante di dispiacere che tutto fosse finito, al di là di chi aveva vinto o perso. Già, perché l’intera settimana mondiale di Toscana è stata un autentico trionfo, non solo per l’indubbio ritorno in termini d’immagine. Anche scettici e catastrofisti si sono dovuti ricredere: Firenze in particolare ha retto alla grande l’impatto; anzi si è offerta a tutti, abitanti e turisti, con un volto diverso, sicuramente migliore, e con un traffico veicolare molto più contenuto, almeno nelle zone interessate dalle diverse prove che si sono succedute. Un altro modo di vivere la città sembra quindi possibile.

Ma il mondiale di Toscana è stato anche la rivincita del ciclismo, sport stupendo che per i ben noti ricorrenti episodi di doping ha subìto negli anni una progressiva perdita di credibilità e popolarità. Paradossalmente, proprio le proibitive condizioni meteo della gara conclusiva hanno contributo a restituirgli ancor più tutta la sua dimensione di fatica e sofferenza, a volte addirittura epica, e a riavvicinarlo in un attimo alla gente.

I numeri delle presenze sul percorso, nonostante l’inclemenza del tempo, parlano da soli, così come la generosità con cui tutti hanno fatto il tifo, a cominciare da noi italiani. Davvero un gran bello spettacolo, di cui c’era proprio bisogno in giorni in cui il nostro Paese, a livello politico, ne ha offerto uno non altrettanto edificante. Ma un grande grazie va anche agli azzurri in gara, soprattutto a Giovanni Visconti e Vincenzo Nibali, siciliani trapiantati in Toscana che hanno entusiasmato con le loro azioni, e c’è rammarico per quella caduta dello Squalo che ne ha forse compromesso le potenzialità nella decisiva fase finale. Una vittoria azzurra sarebbe stata il massimo, nel mondiale di casa dedicato al grande e indimenticabile Franco Ballerini, ma il giudizio del ct Paolo Bettini – «meglio la “medaglia di legno” che perdere come ha fatto la Spagna» – è senza dubbio da condividere.

Onore al vincitore, Alberto Rui Costa, la cui terra di origine suggerisce il termine più giusto per definire l’«aria strana» di cui parlavamo all’inizio, la saudade lusitana che è qualcosa di più della nostalgia. Anche per questo il suo successo, visto il cognome, avrà strappato più di un sorriso tra i tanti tifosi presenti con le bandiere viola.