Museo dell'Opera del Duomo di Pisa
di Waldo Dolfi
L'edificio che attualmente ospita il Museo dell'Opera del Duomo fu sede dei Canonici a partire dal 1200, mentre il chiostro fu completato nel 1236 (1237 stile pisano).
Nel 1578 venne ristrutturato l'angolo sud-ovest e trasformato nella chiesa di S. Ranieri con annesso corpo di fabbrica in uso ai Cappellani del Duomo, sicché l'impianto generale risultò a forma di U. Al tempo dell'arcivescovo Carlo Antonio Dal Pozzo (1582-1607) si cominciò ad adattare la struttura a sede del Seminario; questa divenne funzionante nel 1627 ad opera dell'arcivescovo Giuliano de' Medici e fu definitivamente completata al tempo dell'arcivescovo Scipione Pannocchieschi d'Elci (1636-1663).I chierici vi rimasero fino al 1784, quando il Seminario fu trasferito nel soppresso convento domenicano di S. Caterina. La facciata, volta a sud, si presenta come un corpo a due piani, affiancato ai lati da due torrette, mentre le finestre sono contornate da profilati in pietra serena e i due portali simmetrici da conci in bozzato alla fiorentina: il tutto con chiara ascendenza buontalentiana. Il prospetto interno a nord mostra un loggiato a travature sovrapposto a un portico voltato a forma di L.
Nell'800 si verificarono notevoli trasformazioni e nel 1813 il complesso fu venduto a Giovanni Rosini, letterato e studioso dei monumenti pisani, che ne fece sua abitazione privata, ma insieme concesse per cinque anni alcune stanze all'Accademia pisana delle Belle Arti. Dopodiché il tutto fu riadattato architettonicamente, abbellendo le stanze al primo piano con interventi decorativi a tempera in stile neoclassico, romantico e floreale. Risale a questo periodo (1863) l'abbattimento della chiesa di S. Ranieri e della casa dei Curati, il cui spazio venne racchiuso ad ovest da un muro perimetrale.
Nel 1887 l'edificio ritornò ad uso religioso con l'insediamento delle Suore Cappuccine di clausura: riadattamenti successivi ne alterarono ulteriormente la struttura, finché nel 1976 l'Opera della Primaziale ne decise l'acquisto finalizzato al Museo. La destinazione a sede museale comportò laboriosi e onerosi interventi, con rilevamenti grafici e fotografici, indagini murarie e documentarie: i prospetti furono ricomposti e negli interni ritornarono leggibili le strutture medievali e le affrescature residue.
Il Museo fu inaugurato l'8 novembre 1986.Il percorso museale è stato studiato in modo da essere ininterrotto, in successione diacronica, partendo dal piano terreno fino al primo piano, attraverso 25 stanze. L'ordinamento degli oggetti esposti è articolato per tipologie. Le opere provengono tutte dagli edifici monumentali della Piazza e costituiscono una collezione unica per ricchezza e importanza, anche per il vasto arco temporale che descrivono, dal XII al XIX secolo, cui si aggiungono raccolte archeologiche egiziane, etrusche e romane.
SALA 1 - Presenta al centro una imponente riproduzione in legno della Cattedrale pisana, opera di G. Bandecchi (1827-1832), alla quale si aggiungono due modelli minori in alabastro del XIX secolo.
Alla parete nord tre grandi pannelli luminosi in plexiglass forniscono le planimetrie dell'area monumentale con la mappa dei ritrovamenti archeologici e i profili dei tre principali edifici (Cattedrale, Battistero e Campanile) con le indicazioni cronologiche.
SALA 2 - è dominata dall'ambone di Guglielmo (1158-1162), riprodotto divisamente in calchi di gesso (l'originale si trova nella Cattedrale di Cagliari). L'insieme, di grande suggestione, presenta otto pannelli con due scene sovrapposte: Adorazione dei Magi e loro ritorno, Presentazione al Tempio e Battesimo di Cristo, Trasfigurazione, Ultima Cena e Bacio di Giuda, le Mirofore e le Guardie al sepolcro, Ascensione. Seguono il Tetramorfo col leggìo e il gruppo di San Paolo con Tito e Timoteo, reggenti un libro aperto. Al centro stanno quattro grandi Leoni stilofori che ghermiscono le prede (rispettivamente un cervo, un uomo, un orso e un drago).
ll prezioso ambone, capostipite della grande serie toscana, è testimoniato da una iscrizione proveniente dalla facciata del Duomo: SEPOLTURE GUILIELMI MAGISTRI QUI FECIT PERGUM SANCTE MARIE. Ma nel 1313 fu donato alla Cattedrale di Cagliari per far posto all'altro ambone, mirabile capolavoro di Giovanni Pisano, tuttoggi visibile all'interno del Duomo di Pisa. Nel XVII secolo l'ambone di Guglielmo venne diviso in due prospetti ai lati della porta principale del Duomo di Cagliari, mentre i quattro leoni, smembrati, furono posti lungo la scalinata di accesso al coro. Due fedeli modellini in gesso di A. Basile riproducono la situazione definitiva.
SALA 3 - La folta schiera di frammenti scultorei, provenienti in maggioranza dalla facciata della Cattedrale, pone in evidenza le molte sostituzioni compiute lungo i secoli, soprattutto dopo il disastroso incendio del 1595 e nel corso dei grandi restauri ottocenteschi (1859-1868). Tutte le sculture esposte richiamano le radici culturali e artistiche cui si ispirarono i grandi maestri pisani, che seppero fondere in unità le influenze classiciste, bizantine, islamiche e provenzali. I manufatti lapidei sono rappresentativi delle taglie impegnate nella costruzione del Duomo.
Della taglia di Rainaldo (prima metà del XII sec.) abbiamo dieci formelle marmoree a tarsie decorate con figure umane, zoomorfe e decorazioni geometriche policrome; tre capitelli e una protome di leone. Notevoli tre formelle marmoree di paliotto d'altare o di transenna presbiteriale, fittamente intagliate e decorate a rosoni e fogliami, quasi una trina, includenti figure umane.
Della taglia di Guglielmo (seconda metà del XII sec.) sono esposti tre capitelli con protomi, uno con aquile e altri reperti marmorei; una formella intagliata a marmi policromi; una transenna presbiteriale con cinque rosoni intagliati, reimpiego di un fregio della Basilica Neptuni del II secolo d.C. raffigurante coppie di delfini e motivi vegetali. Attribuita a Guglielmo anche la statua di San Michele arcangelo, un tempo posta sul culmine della facciata del Duomo. Una lastra incompleta di parapetto in marmi policromi (metà del XIII sec.) è di generica taglia pisana.è invece di origine provenzale la statua in marmo del David citaredo (XII sec.), posta nella lunetta sopra la porta principale della facciata prima dell'incendio del 1595 e poi collocata in una finestra cieca nell'abside sud del Duomo.
Il Cristo ligneo, arte borgognona, seconda metà del XII secolo. Il legno reca tracce di policromia. Studi e restauri approfonditi hanno permesso di inviduarlo, non come crocefisso, ma come Cristo deposto, parte di un gruppo scultoreo rappresentante una Deposizione e quindi è stata ripristinata l'inclinazione del braccio destro. L'opera, un unicum nel suo genere, di altissima qualità, fu sull'altare maggiore del Duomo fino al 1362 e su quello del transetto nord fino al 1569, quando venne trasferito nella chiesa di S. Anna.
Arte islamica: un capitello marmoreo finemente intagliato del X secolo, opera dello scultore Fath. Stava sul transetto nord all'interno del Duomo e poi al centro della vasca nel Battistero. Un bacile in bronzo (provenienza siro-egiziana ?) del XIII secolo: decorato all'interno e con una iscrizione (Naskhi ?) sul bordo. Il Grifo in bronzo fuso e inciso, dell'XI secolo. Reca una iscrizione in caratteri cufici. La copia in cemento di questa preziosa opera, raro esempio islamico di fusione bronzea, è oggi all'esterno in cima al timpano corale dell'abside.
SALA 4 - Questo piccolo vano conserva una tarsia marmorea e un capitello con protomi, manufatti lapidei provenienti dal Campanile, tracce residue delle innumerevoli sostituzioni subite nei secoli.
SALA 5 - Due manufatti si impongono all'attenzione. Un piccolo modello dell'ambone di Giovanni Pisano, gettato in gesso da Giuseppe Fontana nel 1867 (rapporto 1:7), non completo del ballatoio di accesso, ma assai fedele nella ricostruzione. Un modello in legno di tiglio del Battistero (cm. 191x143, rapporto 1:31) di Giancarlo Geri, 1990, evidenziato nei dettagli da uno spaccato che svela la conformazione originale della copertura tronco-piramidale a base dodecagona all'interno e semisferica all'esterno.
Sempre afferenti al Battistero: cinque protomi in marmo (tre mascheroni e due teste) della taglia di Nicola Pisano; una base di colonna con leoncino in marmo (fine XII sec.); frammenti di cornici di transenna presbiteriale in marmi policromi di Guido da Como (metà XIII sec.).
SALA 6 - La sala quadrangolare, la più antica e facente parte di un torrione, si presenta affrescata con decorazioni policrome: nel centro della volta un Cristo Pantocratore attorniato dai Simboli degli Evangelisti (XIII sec.).
La statuaria esposta, proveniente dall'esterno del Battistero, è da considerarsi una pietra miliare della scultura mondiale. Ben ventisette sculture in calcare di San Giuliano, posizionate su basi a semicerchio, sono qui poste dopo che, assai corrose dagli agenti atmosferici, furono calate dall'esterno del Battistero (1846 e 1946). Si trovavano dentro i timpani o sulla sommità delle ghimberghe. Gli esempi più stupefacenti sono offerti soprattutto dalle figure femminili, dense di animazione, slanci, movenze dei corpi e delle vesti, in un dinamismo impensabile nel XIII secolo.
Della taglia di Nicola, più che di Giovanni Pisano, fa parte la triade (deesis) comprendente i busti della Madonna, di Cristo benedicente e di San Giovanni Evangelista. Della taglia di Giovanni fanno parte le altre ventitré statue, che eccetto i due guerrieri e un profeta, rappresentano, non tutte integre, figure femminili: una galleria stupefacente che, più che descrizione, esige una attenta e concentrata visione.
SOTTOPORTICO - LATO SUD - A continuazione della sala 6 sono qui esposti nove giganteschi busti in marmo di S. Giuliano, rimossi dai vari timpani sopra le arcatelle del Battistero per garantirne la conservazione. Sono opera di Nicola e Giovanni Pisano, fine anni 70 del secolo XIII. La loro apparente rozzezza si giustifica dalla visione ottica sfasata, perché scolpiti per essere osservati dal basso. Abbiamo i seguenti busti: profeta (San Giovanni Battista?), Mosè, San Luca, San Matteo, Madonna con Bambino, San Giovanni Evangelista, San Marco, re David, profeta.
L'elegante prato interno, da cui si gode una stupenda vista del Campanile e di uno scorcio della Cattedrale, è arricchito da un grande vaso battesimale in marmo, opera di Francesco Cioli (1617-1618). La vasca ovoidale, decorata e scolpita, era un tempo all'interno della Cattedrale.
SALA 7 - è interamente dedicata al grande Giovanni Pisano. Vi si accede attraverso un corridoio che ospita ventitré frammenti marmorei delle gradule: si tratta della fascia di formelle scolpite con motivi umani e zoomorfi, che a mo' di zoccolo cingeva la base perimetrale dei muri del Duomo dal 1298 alla metà dell'800, quando fu rimossa. Ne rimane complessivamente una parte di m. 24,75 di lunghezza.
Il genio di Giovanni è esaltato da sette opere in marmo, vibranti del suo nuovo modo di scolpire e di un verismo gotico pervaso da animazioni psicologiche: Madonna con Bambino, detta di Arrigo VII (1312). Era nella lunetta esterna sopra la porta di Bonanno. Statua femminile inginocchiata con due bambini al seno, allegoria di Pisa (1312). Anch'essa era situata nella lunetta sopra la porta di Bonanno. San Giovanni Battista col committente (1306), la Vergine col Bambino (1306), San Giovanni Evangelista, con iscrizione: le tre statue stavano sulla lunetta della porta principale del Battistero. Busto in due pezzi raffigurante Madonna col Bambino (metà del XIII sec.), detta Madonna del colloquio: proviene dalla lunetta esterna della porta occidentale del transetto sud del Duomo.
SALA 8 - è dedicata a Tino di Camaino, che fu capomastro dell'Opera del Duomo di Siena. Discepolo di Giovanni Pisano, lo seguì a Pisa e divenne a sua volta capomastro dell'Opera del Duomo. Fu scultore prolifico ed ebbe incarichi prestigiosi, non ultimo il grandioso monumento sepolcrale per Arrigo VII, collocato nell'abside della Cattedrale pisana. La sala offre: frammenti di fonte battesimale, (1311), in marmi policromi. Andò distrutto nell'incendio del Duomo. Tomba di San Ranieri (1305), marmo scolpito con policromie residue. Il dossale cuspidato era originariamente collocato sopra la tomba-altare di San Ranieri patrono di Pisa, ove oggi è l'altare di San Guido. Frammenti di gradule (inizi del 300). Sono in tutto quindici formelle marmoree scolpite con prevalenti motivi vegetali.
La corte di Arrigo VII (1315). Il gruppo scultoreo di cinque statue, comprendenti al centro l'imperatore, caratterizzano lo stile di Tino e dovrebbero essere state scolpite per il grande sepolcro di Arrigo VII posto nell'abside del Duomo, progettato e scolpito dallo stesso Tino. Allo stesso complesso appartenevano verosimilmente anche la statua della Vergine annunziata e dell'Angelo, come pure un rocchio di colonna tortile con fogliami e putti. Completano la raccolta un altro angelo e una testa lapidea.
SALA 9 - è dedicata a Nino, fratello di Tommaso, ambedue figli di Andrea Pisano. Scultori, architetti e orafi, hanno lasciato opere di rilievo nella piazza del Duomo. Ma è Nino che prevale con le sue ricercate forme espressive, addolcendo il realismo gotico della scuola pisana con uno stile tenero e grazioso. Lavorò a Firenze, Venezia, Oristano e Orvieto. Le due opere più rilevanti della sala sono: il sepolcro dell'arcivescovo Giovanni Scarlatti (metà XI sec.), in marmo con tracce policrome e una iscrizione datata 1363 (al pisano) e il sepolcro dell'arcivescovo Francesco Moricotti (metà XIV sec.), con iscrizione datata 1395. I due monumenti sono quasi uguali: sopra la cassa il corpo del defunto (gisant) e nel frontale tre riquadri con bassorilievi. San Paolo, San Pietro, San Francesco, un vescovo santo: le quattro statue erano probabilmente fiancheggianti i due sepolcri.
Frammenti marmorei di cuspidi e guglie del secolo XIV, sono di maestranze pisane, non direttamente dipendenti dalla scuola di Nino.
SALA 10 - è dedicata ad Andrea Guardi, ma abbraccia anche reperti del XVI secolo. Il Guardi, figlio di Francesco, è il maggior esponente della scultura pisana nel 400. Lavorò a Napoli e a Firenze, seguace di Donatello e di Jacopo della Quercia. La sua opera più rappresentativa è il sepolcro dell'arcivescovo Pietro Ricci (1445), scolpito in marmo. Reca la data 1418 (stile pisano) e presenta la salma del presule giacente sulla cassa. Questa, sorretta da quattro mensole, ha la fronte spartita in tre specchi scolpiti. L'aspetto attuale del monumento non è completo a causa dei molti spostamenti subiti, all'interno del Duomo e nel Camposanto. La cimasa in marmo comprendente la Madonna con Bambino tra due angeli andò a finire nel 700 sulla lunetta sopra la porta di S. Ranieri e le parti inferiori del sepolcro vennero smontate e deposte nel Camposanto.
Del Guardi sono anche tre busti marmorei: Madonna con Bambino, San Giovanni Battista, San Pietro, 1465-1470. Sue pure tre formelle raffiguranti la Misericordia, l'Amore e la Carità (1460 circa).
Le maestranze carraresi del 1500 sono presenti con diversi pilastrini a candelabra, una formella di marmo con ostensorio di B. Vanutelli e in particolare con la bottega degli Stagi (Stagio su tutti): un balaustro, pilastrini con candelabra e un capitello del 1527.
SALA 11 - Contiene quello che è chiamato il tesoro della Cattedrale, perché mostra gli oggetti più antichi e sacri alla tradizione religiosa e civile della repubblica pisana: segno insuperato del medioevo dei santi e dei crociati, erano gelosamente custoditi nel Duomo. Sono quattordici pezzi che ora indichiamo:
Cofanetto eburneo a rosette (manifattura bizantina, inizi XI sec.): sul coperchio e le facce laterali sono raffigurati putti e animali di varia specie, di ispirazione siriaca.
Croce detta dei Pisani (manifattura italiana, XII sec.), in argento, rame dorato e serpentino. La tradizione vuole che il Crocifisso si girasse tre volte per incitare i pisani ad assalire Gerusalemme durante la prima crociata.
Reliquiario in rame smaltato e dorato (manifattura di Limoges, XIII sec.). Copertura a capanna con le figure di Cristo in mandorla, del Crocifisso, della Madonna, di angeli e di santi. Al suo interno sono pietre portate dalla Terrasanta.
Reliquiario in rame dorato e smaltato, (manifattura di Limoges, XIII sec.). Sui lati figure di Dio Padre, del Crocifisso e di santi. Conteneva un frammento di mantello ricamato ritenuto appartenente a San Ranieri quando si trovava nel monastero di S. Vito in Pisa.
Telo ricamato, lampasso lanciato e broccato, (manifattura lucchese, prima metà del XIV sec.). Tessuto in seta azzurra, rosa, bianca e oro filato. I disegni rappresentano animali.
Lunetta di ostensorio in argento dorato (manifattura fiorentina, XIV sec.). Faceva parte di un ricco ciborio argenteo.
Reliquiario di San Clemente, in marmo, argento e rame dorato (manifattura toscana, XV sec.). L'urna quadrangolare riccamente decorata, racchiude la pietra su cui sarebbero cadute gocce di sangue dalle narici di papa Clemente durante la Messa di consacrazione dell'altare della basilica di S. Piero a Grado. Proviene dall'altare di S. Clemente, nel transetto nord del Duomo.
Borsa da messa di papa Gelasio, ricamata in seta, oro e velluto rosso (manifattura toscana, XV sec.). Vi è ricamato il papa in trono in abiti pontificali.
Crocifisso di Giovanni Pisano, legno policromo (fine del XIII sec.). Questa stupenda scultura era sconosciuta fino al 1986, perché chiusa dal 1742 sopra il sepolcro dell'arcivescovo Francesco d'Elci nel transetto nord del Duomo. Anteriormente stava sull'altare del Sacramento.
Madonna eburnea con Bambino di Giovanni Pisano (1299). è il pezzo più prestigioso: fu ricavato dal grande artista da una zanna di elefante e faceva parte di un complesso di sculture in avorio, poste sopra l'altare maggiore del Duomo, delle quali è perduta ogni traccia. La statua fu restaurata in alcune parti; entro la base in ebano - di epoca posteriore - è racchiusa una reliquia della Madonna.
La cintola del Duomo (resti), argento smaltato e gemme su damasco rosso (XIII-XIV sec). La lunga striscia di damasco rosso, ornata di metalli e pietre preziose, cingeva all'esterno tutta la Cattedrale nelle feste più solenni. Era una delle meraviglie della città, famosa ovunque. Scomparve in modo oscuro. Se ne conservano sei frammenti con placchette argentee e gemme, raffiguranti Gesù, santi e croci pisane.
Piviale detto di papa Gelasio II (XV sec.). Ricamo su seta rossa e grande gallone dorato con santi a mezzo busto entro quadrilobi. Non è accettabile il riferimento a papa Gelasio II.
Fregi con santi, in rame dorato (metà del XVI sec.). Gli undici fregi, fermati su seta rossa, raffiguranti dieci santi più la Madonna, ornavano l'altare maggiore del Duomo. Sono attribuiti a Jacopo Ognabene da Pistoia.
Paliotto ricamato (1325). Filato in seta con ricami in oro e argento: al centro è figurata l'Incoronazione della Vergine, attorniata da cinque apostoli. Ai lati sono scene della vita di Gesù e della Madonna. Sul bordo inferiore una iscrizione rammenta che il manufatto fu donato al Duomo in memoria della madre dall'arcivescovo pisano Giovanni, quando venne trasferito a Nicosia. Opera di assoluto rilievo, di manifattura toscana trecentesca.
SALA 12 - Le argenterie. Il locale che le ospita era la Cappella del Seminario, costruita nel 1700 e ornata con decorazioni a stucco. è stata restaurata, ma non conserva più l'altare. Contiene straordinari capolavori di oreficeria in cesello, a incisione e a sbalzo. Appartiene alla Cattedrale, ma non tutto è stato conservato a causa di alienazioni, dell'incendio, di saccheggi e di requisizioni. Gli oggetti sono esposti in nove vetrine a cristalli sigillati
Vetrina 1 (la prima entrando a destra). Custodisce le argenterie più antiche. (Iniziando dal piano alto) dodici reliquiari in argento, rame dorato, cristallo, pietre dure e legno, dono di mons. Giuliano de' Medici, (1630 circa): Reliquiario di Sant'Andrea, di Sant'Eustachio, dei santi Tiburzio, Valeriano, Massimo, Elena, Giacomo, Sisto papa, Concordio, Callisto papa e Dionisio, dei santi Cosma e Damiano, di Santo Stefano Martire, dei santi Ruffo, Epifanio e Gregorio martiri, di San Sebastiano, di San Tommaso di Canterbury, di San Lorenzo, dei santi Apostoli Andrea, Luca, Simone e Giacomo, dei santi Apostoli Mattia, Barnaba, Matteo, Filippo Taddeo e Marco, di San Donato di Arezzo.
Cinque reliquiari in rame dorato, cristallo e pietre dure fatti eseguire dall'Operaio Curzio Ceuli, agli inizi del 1600: di San Tersicore, del sangue uscito da una immagine della Madonna, della veste della Madonna e del pallio di San Giuseppe, dei santi Lussorio, Cisello e Camerino, della Beata Chiara Gambacorti.
Un Reliquiario di Santa Bona. Un reliquiario in argento e pietre preziose detto della Croce. Un reliquiario composito (XIV e XVII sec.) in argento, rame dorato, legno e vetro con la mano di San Bartolomeo Apostolo. Un ricco ostensorio in argento parzialmente dorato, cristallo, pietre preziose, legno e smalti, con fusioni, sbalzi e iscrizioni. Opera notevole di Luigi de' Lani (1628). Busto reliquiario di San Ranieri, in argento, di G. Zucchetti e M. Castrucci (1628). Il Reliquiario del braccio del Beato Gherardo Alliata, in argento e vetro, di G. Zucchetti (1632).
Una pisside rimontata a reliquiario, in argento e rame dorato con frammenti della tunica di San Domenico e di San Leonardo (oreficeria toscana, XVI e XVII sec.). Servito dell'arcivescovo Bonciani: fu donato al presule da Maria de' Medici, regina reggente di Francia. Sono quattordici pezzi fusi, di manifattura francese, lavorati a sbalzo e cesellati con ricca iconografia a tema biblico, opera pregevolissima in argento dorato di Pierre Ballin (1617). Comprende: calice e patena, due ampolle con vaschetta, secchiello e aspersorio, due grandi vassoi, una pace, campanello, mesciacqua, Crocifisso, quattro candelieri. Tutti i manufatti recano lo stemma Bonciani.
Vetrina 2: Vassoio in argento, del 1607. Vassoio in argento sbalzato e cesellato (oreficeria toscana degli inizi del XVII sec.). Cinque calici in argento, di cui uno dorato e decorato con figure (oreficeria toscana, XVI-XVII sec.). Navicella in argento, dono dell'Operaio F. Quarantotto (oreficeria toscana, metà del XVIII sec.). Palmatoria (o bugia) in argento, del XVI secolo, ma rimaneggiata nell'800 ad opera di mons. Alliata.
Vetrina 3: Base per residenza, argento applicato su legno (oreficeria toscana,1637). Cinque calici in argento e argento dorato, con sbalzi e figure (XVIII sec.). Vasetti per olii santi in argento (L. de' Lani ?, 1637). Pisside in argento del XVII secolo. Reliquiario di Sant'Emidio, argento, rame e vetro (XVII sec.). Due Cassetti e reliquiari in bronzo (XVII sec.).
Vetrina 4: Reliquiario di Sant'Augusto, in argento e vetro (XIX sec.). Vassoio e acquamanile, in argento (oreficeria genovese, 1755-1761). Guantiera in argento (oreficeria tedesca, XVIII sec.). Reliquiario di San Zenobio, in argento e legno (XVIII sec.). Turibolo in argento (oreficeria toscana, XVIII sec.). Quattro candelieri in argento (oreficeria toscana, XVIII sec.). Due razionali in argento dorato e gemme (XVIII sec.). Messale in argento e velluto (oreficeria napoletana, 1765).
Vetrina 5: Reliquiario della Spina, argento e gemme, donato dall'arcivescovo de' Medici nel 1633 (manifattura toscana, XVII e XVIII sec.). Reliquiario della Croce, argento e rame dorato, offerto dall'arcivescovo Frosini nel 1712 per la reliquia donata da San Bernardo. Coppia di reliquiari in argento, rame dorato e vetro (oreficeria genovese, 1761). Reliquiario dei santi Pietro e Paolo, in argento e vetro. Opera di A. Valadier (fine XVIII sec.), fu donato dall'arcivescovo Franceschi.
Vetrina 6: Servito del cardinale Corsi: in argento dorato (oreficeria romana e francese, inizi XIX sec.). Tutti i pezzi recano lo stemma.
Vetrina 7: Dodici pezzi a completamento del suddetto servito Corsi. Servito di mons. Della Fanteria: brocca e vassoi in argento sbalzato e decorato; un messale, avorio su velluto, di manifattura francese (XIX sec.). Leggio, argento su legno e una palmatoria in argento (manifattura italiana XIX sec.).
Vetrina 8: Servito di mons. Parretti: sei pezzi in argento dorato e vetro (oreficeria italiana, 1840-1845). Servito di mons. Capponi: sette pezzi in argento parzialmente dorato (oreficeria francese, fine XIX sec.), più un leggio, argento su legno e un messale, argento su velluto (manifattura italiana, fine XIX sec.).
Vetrina 9: Coppia di candelieri in argento e legno (oreficeria toscana, 1817). Coppia di calici in argento dorato (laboratorio Paraud di Parigi, XIX sec.). Pisside in argento dorato, oreficeria francese del XIX secolo.
Calice e patena, argento dorato, smalti e pietre, in forme pseudo-gotiche (oreficeria francese,1839), dono di Luigi Filippo, re di Francia. Pisside in argento dorato e smaltato (oreficeria francese,1877), dono di Pio IX. Calice, stesso stile (XIX sec.), dono di Pio IX. Messale, argento su velluto rosso e smalti (1886), dono di Leone XIII. Coppia di portaceri, argento su legno (XIX sec.). Corona di San Ranieri, argento e pietre, di C. Orlandini (1846).
SALA 13 - Madonna e santi, tempera su tavola, bottega di Benozzo Gozzoli (1470), proveniente dalla chiesa di S. Lazzaro. Due angeli cerofori in marmo, di Silvio Cosini (1528-1530). La caduta della manna, olio su tavola di B. Franco e S. Maruscelli (1537 e primi del 600). Il convito di Assuero, olio su tela di Aurelio Lomi (1610-1617). Le nozze di Cana, olio sui tela di A. Lomi (1620). Rivestimento per l'altar maggiore del Duomo, legno di noce scolpito di G. Battista Riminaldi (1627-1633). Due angeli cerofori in legno dipinto a biacca, di G. B. Riminaldi (1631).
SALA 14 - Con dipinti dei secoli XVII e XVIII. Grande candelabro a quattro braccia in bronzo (1600). La morte di San Ranieri, olio su tela di Francesco e Giuseppe Melani (1746), proveniente dal Duomo. Il trasporto della salma di San Guido, olio su tela di G. Domenico Ferretti (1752), proveniente dal Duomo. Assunzione della Vergine, tela dipinta dai fratelli Melani (1705). Testa della Madonna Assunta, olio su tela di Orazio Riminaldi (1630), copia di quella da lui dipinta nella cupola del Duomo. Assunzione della Madonna, olio su tela di O. Riminaldi (1630), bozzetto per la decorazione della cupola. Modello della fontana dei Putti, di Giuseppe Vaccà (XVII sec.), stucco secco.
SALA 15 - è la sala delle tarsie lignee, provenienti in prevalenza dal coro della Cattedrale. Il maggiore periodo di splendore fu raggiunto nel 400 con le nuove tecniche esaltanti la prospettiva, le immagini, gli oggetti e le architetture. Furono all'opera soprattutto maestri fiorentini quali il Francione, Giuliano da Maiano, Baccio e Pietro Pontelli, lo Spagnolo. Seguirono Cristoforo da Lendinara e poi i pisani Guido da Serravallino e Giambattista Cervelliera. La mostra comprende globalmente 37 pezzi.
SALA 16 - è detta la sala delle pergamene. Emergono l'Exultet 2, di miniatore beneventano del XII secolo (m. 9,40 x 0,28), con scene dipinte e testo scritto del canto per la Veglia pasquale. L' Exultet 3, di miniatore toscano del XIII secolo, con scene dipinte e testo in caratteri carolini. Seguono undici corali di miniatori pisani e fiorentini, realizzati in pergamena, in massima parte trecenteschi. Notevole una pergamena di miniatore pisano del XV secolo, che ricorda la fondazione e la consacrazione del Duomo fatta da papa Gelasio II nel 1118. Badalone (leggio per il coro) in legno intagliato (prima del XVI sec.); stava dietro l'altare maggiore.
Due dipinti a tempera di piccolo formato, opera di Gaetano Ciuti (1829), che ricopiano i due grandi dipinti un tempo siti ai due lati del coro in Duomo, distrutti nel 1829, per far posto agli organi.
SALE 17, 18, 19, 20 - Espongono in grandi bacheche gli arredi più preziosi, prima custoditi gelosamente nelle sacrestie del Duomo. Il patrimonio tessile è mostrato in sequenza cronologica dal XV secolo alla seconda metà del XIX secolo. Creati per l'uso liturgico, sono di alto livello qualitativo, tale da testimoniare una storia delle stoffe in seta, in velluto (alto-basso, broccato, laminato), in damaschi, in lampassi-broccati e, dalla metà del 700, in laminati ricamati in oro e argento e in sete policrome.
Nella Sala 17 sono da notare: gualdrappa in velluto e broccato del XV secolo. Striscia di lampasso laminato d'argento (1550 circa). Parato Dal Pozzo in velluto cesellato rosso su fondo laminato in oro e argento bouclé con stemmi ricamati. Sono sette pezzi di manifattura spagnola del XVII secolo, cui si aggiunge il paliotto del 1620. Parato Medici in velluto cesellato e fondo laminato in oro, con stemmi ricamati. Sono sei pezzi di manifattura fiorentina del 1620 circa, cui si aggiunge un paliotto dello stesso stile. Parato Pannocchieschi in gros rosso ricamato in oro lamellare. Sono cinque pezzi di manifattura italiana, metà del XVII secolo.
Nella Sala 18 sono esposti ventisei pezzi del XVII e XVIII secolo. Dieci pianete (damasco, gros e tessuti ricamati); quattro piviali e altri pezzi minori di uso liturgico.
Nella Sala 19: cinque pianete settecentesche e loro annessi. Parato Franceschi n.1, in gros rosso laminato e ricamato in oro. Sono quattro pezzi di manifattura toscana del 1780-1790. Parato Franceschi n. 2 in fondo laminato e ricamato in oro, con stemmi policromi ricamati. Sono sette pezzi di manifattura francese del XIX secolo. Quattro mitre preziose, in oro e pietre di manifattura italiana, fine 800 e primi del 900.
Nella SALA 20: Parato Alliata in gros avorio laminato e ricamato in oro. Sono cinque pezzi di manifattura toscana (1820-1850). Piviale del parato Pannocchieschi in gros rosso laminato in oro (manifattura italiana, XVII sec.). Piviale del parato Guidi in gros avorio laminato in argento e galloni in oro (manifattura italiana, 1760-1670). Piviale Parretti in gros giallo laminato in oro e marezzato, con stemma (manifattura toscana, 1840-1850). Piviale Corsi in gros laminato in oro e marezzato, con due stemmi (manifattura italiana,1840-1860). Due piviali, borsa e velo da calice, dono dell'operaio Carmignani (1860-1870). Due camici in seta con merletto a fuselli (manifattura di Bruxelles, XVII sec.).
SALA 21 - è dominata dalle incisioni dei Lasinio, che illustrano gli affreschi del Camposanto monumentale: preziosissima e famosa documentazione dello status prima del disastroso incendio del 1944. Con intento didattico, una parete illustra le fasi principali di incisioni a stampa, opera di G. Paolo Lasinio: sono quattro trittici, ognuno dei quali comprende il disegno originale, la matrice in rame e la stampa finale.
Segue la raccolta di quarantatré incisioni all'acquaforte, di cui trentasette colorite a mano e cinque disegni originali di gran parte degli affreschi del Camposanto, opera somma di Carlo Lasinio.
Le sale che seguono interrompono il percorso e la tematica museale incentrata sul Duomo e la sua piazza. Ma l'importanza indiscussa dei reperti in esse raccolti e un tempo custoditi nel Camposanto, ne giustifica ampiamente la presenza. La sala 22 conserva infatti quarantuno reperti archeologici romani, con molte urne cinerarie e svariati busti dei secoli I e II d.C., dei quali il più celebre è forse la testa in marmo lunense di Giulio Cesare, risalente al 30-20 a.C..
Le sale 23 e 24 contengono reperti archeologici etruschi, donati nel secolo scorso all'Opera del Duomo da Carlo Lasinio, instancabile raccoglitore. Fra i ventotto pezzi prevalgono le tipologie delle urne cinerarie, in alabastro e tufo, risalenti per lo più al III e II secolo a.C..
SALA 25 - La sala si presenta con una tematica decisamente estranea alla linea culturale del Museo, contenendo dieci reperti egizi risalenti al 1550-1530 a.C.. La collezione fu donata al Camposanto nel 1830 da Gaetano Rosellini, nipote del celebre egittologo Ippolito Rosellini. Seguono ancora sette reperti etruschi, varianti dal III al I secolo a.C..
Il percorso termina nel PORTICATO SUPERIORE, che raccoglie tre cippi di arte etrusca del V secolo a.C. e dieci frammenti lapidei incassati nel muro, di maestranze locali del XIII secolo.
© TOSCANAoggi 2000
INDIRIZZO: piazza Duomo - Pisa
ORARIO: inverno 9-16,30; estate 8-19,30
INGRESSO: L. 10.000 (insieme ad un altro monumento a scelta tra quelli di piazza del Duomo
INFORMAZIONI: tel. 050/560547
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