Toscana

«118», da 12 a 3 sole centrali operative

Attualmente sono 12 le centrali operative del 118 in Toscana. Quelle, tanto per indenderci, che ci rispondono quando componiamo il numero dell’emergenza medica. Oltre a Firenze, hanno sede ad Arezzo, Empoli, Grosseto, Livorno, Lucca, Massa, Pisa, Pistoia, Prato, Siena e Viareggio. In pratica in tutti i capoluoghi di provincia più Empoli e Viareggio. Una razionalizzazione delle centrali era già prevista nel precedente piano sanitario regionale. Adesso c’è la volontà di ridurle a tre, una per «area vasta». Ma le polemiche divampano e i tempi si allungano. Solo a metà settembre l’assessore regionale Luigi Marroni ha nominato una commissione composta da dieci membri con l’incarico di studiare le modalità di questo passaggio. Ne fanno parte tre rappresentanti del volontariato (Pubbliche assistenze, Misericordie e Croce Rossa), tre direttori di centrali del 118, una per ogni area vasta, il dottor Panti, in rappresentanza del consiglio dei sanitari, il professor Berni per l’osservatorio per l’emergenza urgenza e un esperto di tecnologia delle comunicazioni. La coordina il dottor Vannucchi. Si è parlato di un mandato breve, di un mese circa. Tempi che sono già saltati, come ci conferma Alberto Corsinovi, presidente delle Misericordie della Toscana e membro della commissione. «Il mandato era di circa un mese ma ci siamo resi conto che non ce la facciamo perché vogliamo confrontarci senza nessun preconcetto anche con altre esperienze regionali e per questo faremo incontri o audizioni con rappresentanti di altre regioni che stanno affrontando anch’essi il problema del riordino e riduzione delle centrali operative».

Corsonovi, qual è lo scopo della riforma: ridurre le spese o rendere più efficiente il servizio?

«I due aspetti corrono paralleli. Questa razionalizzazione porta, con sé la necessità di una implementazione di tutti gli standard tecnici e tecnologici delle centrali operative. Del resto la normativa nazionale prevede che le centrali operative abbiano un bacino d’utenza da 500 mila abitanti in su. E quindi le 12 centrali operative che afferiscono a territori della nostra regione sono ampiamente sovrastimate. Bisogna però anche dire che il sistema dell’emergenza-urgenza in Toscana è del tutto peculiare. Basti pensare che viene svolto totalmente dalle associazioni di volontariato – Pubbliche assistenze, Misericordie e Croce Rossa».

È l’unica regione in cui l’emergenza-urgenza è tutta in mano al volontariato?

«In altre regioni c’è l’intervento o esclusivamente pubblico o con il concorso del volontariato. È una peculiarità che il trasporto sanitario, compreso quello dell’emergenza, in una regione come la Toscana, sia affidato completamente alle nostre organizzazioni. Che hanno anche un’altra peculiarità: hanno un radicamento – oserei dire campanile per campanile –. Anche in altre regioni c’è il concorso massiccio del volontariato, ma l’organizzazione del volontariato in alcuni casi è decisamente diversa. Magari ci sono dieci, dodici postazioni dal quale partono più mezzi di soccorso. Da noi invece ogni mezzo di soccorso parte da una propria sede. E tutti, a vario titolo, sono generalmente parte del sistema, sia perché vanno con le auto mediche, sia perché hanno personale a bordo qualificato ed esclusivamente laico, cioè non professionalizzato. Per cui anche il presidio più lontano, della piccola associazione di volontariato, che ha operatori volontari formati – per esempio – all’uso del defribillatore, o all’elettrocardiogramma a distanza, partecipano attivamente al sistema dell’emergenza».

Si teme che la riduzione delle centrali operative abbassi il livello di sicurezza…

«Io ritengo che gli investimenti tecnologici che evidentemente la Regione dovrà fare, e che peraltro ha ripetutamente detto – per onestà intellettuale – che è disponibile a fare, possono consentire una riduzione delle centrali operative in assoluta sicurezza per i cittadini. Da quando le prime centrali operative sono state aperte la tecnologia – come in tutti i campi – ha fatto passi da gigante. La strumentazione consente a meno centrali operative di avere perfettamente il controllo della gestione della catena della sopravvivenza che parte dall’allarme che la persona in difficoltà o coloro che sono prossimi all’utente che si trova in difficoltà possono fare scattare. Questo significa capacità di individuare il chiamante, localizzarlo, ecc. secondo le strumentazioni più moderne di cui oggi una centrale operativa può avvalersi».

Anche perché il presidio sul territorio rimane. È solo la gestione che si centralizza ulteriormente.

«Esattamente. Quello che si centralizza è solo la postazione di ricevimento dell’allarme. Il sistema territoriale in questa fase rimane completamente immutato. È la centrale che ha ricevuto l’allarme che poi lo rimbalza al presidio più adeguato per dare la risposta che non necessariamente può significare presidio più vicino».

Qual è il ruolo del volontariato in questo sistema?

«Evidentemente quando si mette mano al riordino del sistema dell’emergenza in una regione come la Toscana, dove il volontariato è parte così integrante del sistema, non si può prescindere anche dalle caratteristiche di questo partner che partecipa al servizio. Tengo a ribadire che la legge regionale n. 70 del 2010 ha sancito che il volontariato è parte integrante del sistema. Quindi bisogna anche che si tenga conto delle sue peculiarietà. Oggi sui giornali spesso si scrive che “sono arrivati gli operatori del 118», o che «è stato soccorso dai mezzi del 118». Tengo a precisare ancora una volta che i mezzi del 118 in Toscana sono limitatissimi e si limitano alle auto mediche. L’unica eccezione riguarda l’elisoccorso che è gestito, per gli altri standard che richiede, da personale esclusivamente professionalizzato. Ma per il resto tutti i mezzi del trasporto su gomma, oltre che dell’emergenza, tranne le auto mediche, sono del volontariato. E il personale, fatti salvi i medici e gli infermieri, peraltro in via di diminuzione per la modifica del sistema dell’emergenza territoriale, sono esclusivamente volontari delle associazioni. Il rapporto è di un professionista ogni 50 volontari».

Quali sono le vostre richieste?

«Noi a questo sistema partecipiamo da sempre con grande disponibilità e generosità. Vogliamo però – perché di questo siamo gelosi – essere custodi del nostro patrimonio. E quello umano per noi è fondamentale. Accogliere la disponibilità e la gratuità del proprio tempo di tanti volontari comporta la necessità di una sensibilità e di un’attenzione di cui noi vogliamo essere esclusivi utilizzatori e attuatori. Non vogliamo che altri possano ingerirsi in questo. Noi sicuramente ci sapremo attenere ai protocolli operativi, ma non possiamo accettare inutili ingerenze o gestioni fatti da altri che andrebbero presto a snaturare il nostro ruolo la nostra funzione e la nostra permanenza nel sistema».

Oltre a vedere come hanno risolto il problema altre regioni, c’è qualche altro aspetto che dovete ancora esaminare?

«Il riordino del 118 non è estraneo ad un’altra problematica: il numero unico delle emergenze, che in Europa è il 112. Dovrebbe essere già attivo in tutti i paesi della Comunità e la Commissione europea sta vigilando sulla sua attuazione. In Italia abbiamo già alcune esperienze. Può darsi che in commissione ci interferiremo con queste problematiche. Se lo Stato dovesse finalmente attuare questa direttiva della Comunità europea, il numero che anche in Toscana i cittadini dovrebbero comporre per avere una risposta anche di tipo sanitario non sarà più il 118, ma il 112».