Toscana

2001, fuga dalle città

di Marco LapiUna mezza rivoluzione: fuga dalle città, forte incremento della popolazione nelle zone attorno ai centri urbani più in crisi (Siena, Pisa, Firenze, Livorno), quadro in chiaroscuro per le aree montane appenniniche, spopolamento notevole per Maremma meridionale e Amiata ma soprattutto per Volterrano e Colline Metallifere. L’analisi dei dati definitivi del censimento 2001 rispetto a quelli di dieci anni prima lascia pochi dubbi: sette capoluoghi di provincia su dieci hanno perso complessivamente centomila abitanti (100.084, per la precisione) a favore soprattutto dei centri limitrofi. E se uno di essi, Grosseto, è in realtà praticamente stabile (-0,28%), i tre in controtendenza, ovvero Prato, Arezzo e Massa, messi assieme non raggiungono nemmeno i 7000 abitanti in più (6839), pur scavalcando, rispettivamente, Livorno, Pisa e Carrara. Crescono, sia pur di poco, anche due importanti città non capoluogo come Viareggio (+1,89%) ed Empoli (+2,86).

Per il secondo censimento consecutivo, inoltre, ad essere in calo sono anche i toscani nel loro complesso. Dal massimo storico del 1981 (3.581.011 residenti) le perdite sono state rispettivamente di 70.937 abitanti nel 1991 e di 49.239 all’ultima conta. Ciò non toglie, tuttavia, che la crescente «deurbanizzazione» (già manifestatasi dieci anni fa, sia pure in misura più contenuta) vada ben al di là di queste cifre, costituendo il dato più eclatante della statistica. Negli ultimi sei censimenti, Firenze, Siena e Lucca non avevano mai fatto segnare una popolazione così bassa, inferiore perfino a quella del 1951 che per tutti gli altri capoluoghi costituisce ancora il record negativo del dopoguerra. Per le quattro città già ricordate all’inizio (Siena, Pisa, Firenze e Livorno) il calo rispetto al 1991 è stato superiore al 10%, dall’11,53 di Livorno al 14,26 di Siena che, per inciso, è scesa dal 12° al 13° posto tra i comuni toscani essendo stata superata, sia pure «in retromarcia», anche da Scandicci (fino al 1971 era al 9°). Fuga dall’inquinamento e voglia di aria pura? Solo in minima parte. Se questo può essere vero soprattutto per Firenze, non lo è infatti per la città del Palio, non certo «intossicata» come il capoluogo toscano. Piuttosto la dice lunga il fatto che in tre città delle quattro che in proporzione hanno perso più abitanti abbiano sede gli atenei toscani: soprattutto per Siena e Pisa, l’incidenza della popolazione universitaria rispetto a quella residente è sempre più alta, con buona pace di chi cerca casa a un prezzo accettabile e gran vantaggio di chi affitta agli studenti a cifre da capogiro. A Firenze, poi, anche gran parte dell’hinterland sembra ormai off-limits, dal momento che risultano in calo pure Scandicci, Bagno a Ripoli, Fiesole e, sia pure in misura minore, Sesto Fiorentino e Impruneta.

Il calo complessivo della popolazione toscana (-1,40%) si è ripercosso in misura diseguale nelle dieci province, senza che tuttavia nessuna di esse presenti decrementi eccezionali: quello più alto (Livorno) si attesta al 5,63%, ma ci sono anche le variazioni in positivo di Prato (+4% rispetto al 1991, quando la provincia era ancora in via di istituzione), Arezzo (+3,22), Pistoia (+1,82), Massa Carrara (+0,86) e la sostanziale stabilità di Pisa (-0,42). È piuttosto all’interno delle singole circoscrizioni provinciali che si sono avuti i rimescolamenti più forti. Tra i 45 comuni toscani che hanno incrementato la loro popolazione di almeno il 10% rispetto al 1991 troviamo molti centri del sistema territoriale che dal Mugello scende, attraverso la Val di Sieve, fino al Valdarno e al Chianti e comprende, in ordine di «capacità di attrazione», Londa, Rignano sull’Arno, Pian di Sco, Scarperia, Cavriglia, Greve in Chianti, Vicchio, Rufina, Barberino di Mugello, Reggello e Montemignaio. A questo si salda un «polo attrattivo» più propriamente aretino di cui fanno parte – sempre secondo lo stesso criterio – Subbiano, Chitignano, Loro Ciuffenna. Castiglion Fibocchi, Marciano della Chiana, Civitella in Val di Chiana e Capolona.

Per la sua consistenza e la sua continuità – garantita anche da altri comuni contingui, pure a segno positivo – il sistema mugellano-valdarnese sembra ormai costituire il secondo polmone abitativo dell’area fiorentina, contrapposto al meno distante ma ben più antropizzato sistema occidentale dove ancora crescono Campi Bisenzio (+8,20%), Signa (+6,41) e Lastra a Signa (+5,40), cui si salda però una ben più consistente catena di comuni a forte capacità di attrazione che da Valdinievole e Montagna Pistoiese scende, attraverso tre province, verso la Valdelsa. Qui troviamo, con oltre il 10% in più rispetto a dieci anni fa, Carmignano, Marliana, Montespertoli, Capraia e Limite, Uzzano, Serravalle Pistoiese, Montelupo Fiorentino, Gambassi Terme, Agliana e Massa e Cozzile.

Altro interessante e ben marcato «sistema di attrazione» è quello attorno a Siena, che compensa il forte e progressivo depauperamento del capoluogo di cui si è detto sopra. Con il +10% e oltre d’incremento rispetto al 1991 ne fanno parte Castelnuovo Berardenga, Colle Val d’Elsa, Casole d’Elsa, Monteriggioni e Monteroni d’Arbia, ma anche gli altri comuni della zona presentano un segno positivo, sia pur meno marcato. Infine, si può individuare un polo fortemente positivo pisano-lucchese comprendente Crespina, Bientina, Altopascio, Lorenzana e Orciano Pisano, cui vanno aggiunti tanti altri comuni confinati anch’essi in crescita, sia pure più modesta. In ordine sparso, invece, gli altri centri a forte incremento, dal sorprendente comune elbano di Capoliveri (+48,21%, record assoluto d’incremento per la Toscana) a Capraia Isola (il meno popoloso della regione, salito però da 263 a 335 residenti), Fosdinovo, Scarlino, Cantagallo, Montignoso e Licciana Nardi: due dell’arcipelago livornese, tre della provincia di Massa Carrara, uno maremmano e uno pratese.

Da notare, tra i «top 45» per incremento, la presenza di alcuni comuni di montagna, segno di un andamento non più «a senso unico» (ossia fortemente negativo) per i centri in quota, ma assai più articolato, con segnali di ripresa anche incoraggianti in alcune zone e con cali più contenuti in altre rispetto al precedente rilevamento. Con il -10% e più rispetto alla popolazione del 1991 troviamo però ancora diversi municipi montani delle province di Lucca e Massa Carrara (Bagnone, Bagni di Lucca, Fabbriche di Vallico, Zeri, Villa Basilica, Vergemoli, Careggine, Vagli Sotto, in ordine crescente di spopolamento), e altri maremmani e amiatini (Cinigiano, San Casciano dei Bagni, Seggiano, Castiglione d’Orcia, Castell’Azzara e Roccalbegna). Ma l’area a più deciso e uniforme decremento anagrafico è ora quella che da Volterra raggiunge le Colline Metallifere, con Montieri in testa anche alla graduatoria regionale dello spopolamento tra i due ultimi censimenti (-15,84%).

L’exploit dei centri intermedi

Dalle tabelle emergono altre interessanti considerazioni sul movimento della popolazione in Toscana. I centri principali che in cinquant’anni hanno conosciuto il maggiore sviluppo sono Scandicci (+229, 72%), Sesto Fiorentino (+145,21), Campi Bisenzio (+132,75), Prato (+119,48), Grosseto (+82,68), Empoli (+50,06), Viareggio (+39,31), Arezzo (+34,80), Massa (+31,04) e Cascina (+30,60): nessuno di questi però ha fatto meglio di Montemurlo, passato dai 3.045 abitanti del 1951 ai 17.500 del 2001. Il 1981 è stato l’anno in cui la maggior parte dei centri al di sopra dei 40.000 abitanti ha raggiunto la sua popolazione record (8 su 16). Nel 2001, a parte i casi di Prato e Massa, il record di residenti è stato invece raggiunto da numerosi comuni intermedi, capaci ancora, assieme a tanti centri minori, di crescere e attrarre abitanti nonostante il calo complessivo della popolazione regionale. Colpisce invece la crisi demografica di diverse città di grande rilievo storico, tuttora o fino a poco tempo fa sedi diocesane, come Cortona, Pescia, Volterra, Massa Marittima, Pontremoli e Chiusi, quest’ultima peraltro mai molto popolata. Sempre per quanto riguarda i decrementi di popolazione, da notare che Roccalbegna e Montieri in cinquant’anni hanno perso i tre quarti dei loro abitanti, e che i comuni meno popolosi del 1951 erano comuni molto più popolosi di quelli attuali.

I dati del Censimento 2001 (formato Excel)