Toscana

Acqua. Enrico Rossi: ripubblicizziamola, con una holding toscana nel 2030

Il governatore ha messo sul piatto una holding da far nascere nel 2030. All’interno della capogruppo, i sindaci continuerebbero ad avere una struttura di rappresentanza sulla falsariga delle strutture societarie esistenti. La Regione è disponibile ad aiutarli anche con un pacchetto finanziario per realizzare questa trasformazione. «Il risultato del referendum sull’acqua del 2011 mi impressionò – confida Rossi rivolgendosi all’assemblea – la democrazia rappresentativa è la base, ma la democrazia diretta ha un suo valore soprattutto su alcune scelte fondamentali». Dare attuazione a quel pronunciamento, tuttavia, ha finora presentato molte controindicazioni: liquidare i soci privati a convenzioni in corso non si è rilevato praticabile. La Toscana pensò nel 2012 e nel 2013 di poter provvedere con interventi di ingegneria finanziaria oppure varando delle cooperative di cittadini sul modello anglosassone.

Il vero appiglio legislativo, tuttavia, è arrivato con la legge nazionale del 2014 voluta dal governo Renzi che lascia la facoltà ai sindaci alla scadenza delle concessioni idriche di confermare o di rottamare il modello attuale di gestione. La svolta nel dibattito è arrivata a luglio con l’orientamento espresso dai sindaci, soci di Publiacqua di riportare il servizio completamente in capo ai Comuni. «Mi auguro che questa decisione venga conferma da parte dell’assemblea regionale dei sindaci – ha proseguito – per far diventare definitiva la procedura a partire dal 2022. Per parte nostra dobbiamo chiederci come supportare questo processo».

Publiacqua è tecnicamente cruciale: rappresenta oltre il 25% degli utenti della Toscana. E a termini della legge del governo Renzi sarebbe a lei a gestire il processo, incorporando via, via l’incorporazione degli altri ambiti alla loro scadenza. L’iter si concluderebbe con la conclusione del contratto di Gaia, che copre il territorio apuano, nel 2034. Rossi ha precisato che l’operazione dovrà essere necessariamente concordata coi sindaci, nel senso che se i Comuni dovessero decidere di muoversi autonomamente la Regione dovrà prenderne atto. Tuttavia, sprona l’assemblea toscana a muoversi: «Potremmo istituire la holding regionale pubblica entro il 2030- specifica- serve che il Consiglio dia un mandato, si interessi a questo processo. Questo possibilmente col ruolo della minoranza, visto che molte città capoluogo ormai sono in mano al centrodestra o comunque all’opposizione».

Il fronte delicato è quello delle risorse che serviranno per liquidare i soci privati. Il governatore ha evidenziato che nel 2021 i canoni che i Comuni riscuoteranno finiranno: «Si libereranno così 30 milioni. Non è cosa di poco conto. Se poi ai 30 milioni aggiungete quanto il privato si prende o viene ridistribuito in termini di utili si arriva a una cifra di 60 milioni all’anno». Fondi preziosi per dare una spinta alle amministrazioni cittadine a votare la messa alla porta dei privati, ma anche per far decollare la manutenzione delle tubature. «Liberandosi 60 milioni potremmo investirli sul patrimonio complessivo e, al tempo stesso, sulla messa in sicurezza della rete – ha sostenuto il presidente della Giunta- spendiamo attualmente 100-150 milioni in manutenzione, dovremmo arrivare a 300 all’anno. È un altro tema su cui discutere». Servirebbe un alleato, ad ogni modo, per far diventare robusta l’operazione: «Chi può essere il partner finanziario? La Banca europea per gli investimenti che offre tassi bassi o Cassa depositi e prestiti?- gira l’interrogativo-. Forse, addirittura, potrebbe valutare l’ingresso» nella holding.

Il percorso proposto da Rossi di arrivare a una forma di gestione «integralmente pubblica» del servizio idrico «è da considerarsi positivo». È quanto recita una risoluzione del Partito democratico, approvata ieri dal Consiglio regionale dopo la comunicazione del governatore della Toscana sulla gestione dell’acqua. Contestualmente, tuttavia, i dem suggeriscono una «stringente valutazione» del modello proposto. Dovranno essere garantiti alcuni obiettivi: il non aumento delle tariffe, la programmazione dei 2,2 miliardi di investimenti necessari, l’individuazione di un soggetto pubblico che contribuisca allo sforzo di liquidare i privati. In ogni caso, non ci dovranno essere degli aggravi sulle finanze delle città. Pertanto, il sentiero tracciato dal presidente della Regione, indica il testo votato dall’aula, «dovrà prevedere necessariamente il coinvolgimento dei Comuni toscani ai quali la normativa assegna l’affidamento dei servizi pubblici, quale quello del servizio idrico integrato».

La risoluzione ritiene «che sia, di conseguenza, opportuno attivare un confronto tra la Regione e i Comuni della Toscana per valutare assieme, anche alla luce delle scadenze delle concessioni esistenti, quale sia il percorso migliore per arrivare ad un nuovo assetto».