Toscana

Aeroporto e parco sono inconciliabili?

Produzione di cibo e compagnie low cost, uccelli migratori e decibel di inquinamento acustico, piste ciclabili e decolli monodirezionali. Temi inconciliabili? Non tanto se si vuole includere un aeroporto in un parco agricolo. Il problema è trovarne le compatibilità. Ed è a questo che l’assessore all’urbanistica della Regione, Anna Marson sta lavorando con l’integrazione alla variante del Pit (Piano di indirizzo territoriale). Nomi complicati che in sintesi vogliono dire che la Regione si appresta a indicare la possibilità di modificare l’attuale pista dell’aeroporto di Peretola e le condizioni alle quali ciò potrebbe avvenire in rapporto al previsto Parco agricolo. Questo è ciò di cui si è discusso nell’incontro pubblico, sul Parco agricolo della piana e la “qualificazione” dell’aeroporto di Firenze, coordinato dal garante regionale per la comunicazione Massimo Morisi, svoltosi al Polo scientifico di Sesto Fiorentino il 6 e 7 dicembre.

L’aspetto politico più rilevante che è emerso è proprio questo: la Regione si limita a definire il campo delle possibilità teoriche, spetta ad altri, Adf (la società che gestisce l’aeroporto di Peretola) e i Ministeri dell’ambiente e delle infrastrutture, con il parere di Enac (l’Ente nazionale per l’aviazione civile) decidere. Forse era già chiaro nella variante al Pit, approvata dalla Giunta regionale nel febbraio 2011 che definiva le aree di salvaguardia per le eventuali trasformazioni dell’aeroporto: allungamento dell’attuale pista a nord e a sud, e pista parallela all’autostrada. Ma è un fatto che la Regione e in particolare il presidente Enrico Rossi si sia mossa, con un piglio tale da far intendere che tutto dipendesse dalle sue decisioni. In pratica, e da un punto di vista politico, la verità non è molto diversa. Se difatti la decisione spetta a livello nazionale ai due ministeri è pur vero che il parere della Regione e degli enti locali è richiesto, e si può star certi che avrà un peso determinante.

Quindi il ridimensionamento del ruolo della Regione, corretto sul piano amministrativo-istituzionale, serve in sostanza a stemperare i contrasti emersi tra il Presidente Rossi apertamente favorevole alla nuova pista parallela, e l’assessore Marson, schierata col fronte ambientalista e favorevole ad un allungamento dell’attuale pista.

La procedura amministrativa, chiaramente delineata da Riccardo Baracco, direttore generale delle politiche territoriali della Regione, dovrebbe portare alla approvazione da parte del Consiglio regionale della Variante al Pit comprendente in sostanza le due ipotesi di pista parallela e di allungamento della attuale, dato che per ora nulla è approvato, nonostante che se ne parli almeno da quattro anni. C’è da attendersi che dato il livello dello scontro in atto all’interno della maggioranza regionale, la decisione venga rinviata a dopo le oramai prossime elezioni politiche per evitare di turbare ancora di più la situazione.

I due leitmotiv dell’assessore Marson, ripetuti nell’incontro pubblico, sono il ruolo del parco agricolo della piana e le condizioni per l’integrazione con l’aeroporto. Questo si traduce nel fatto che i due provvedimenti, parco e aeroporto, vengono tenuti insieme in una unica variante al Pit. Procedure corretta dal punto di vista territoriale dato che una qualsiasi trasformazione dell’aeroporto, non può che comportare una revisione generale dell’assetto dell’area, in particolare del reticolo idrografico e della viabilità, per non parlare degli aspetti ambientali. Ma occorre osservare anche che il parco agricolo e l’aeroporto, hanno tempi di trasformazione in rapporto alla domanda che sono completamente diversi. Se difatti il parco agricolo ha tempi lunghi e poco cambia in rapporto alla domanda, non avendo concorrenti, per l’aeroporto esposto alla concorrenza da parte dei due vicini, Pisa e Bologna i tempi sono cruciali. E le procedure amministrative, ma anche i tempi della politica, sembrano calibrati piuttosto sulle necessità del parco che dell’aeroporto.

Il parco agricolo della piana, oggetto a prima vista misterioso, si estende nell’area pianeggiante tra Firenze e Prato ed è qualificato come l’”elemento ordinatore” dell’area. Una sorta di principio monoteista, in contrasto col fatto che l’area è da molto tempo soggetta ad una quantità di elementi ordinatori, ciascuno dei quali ha “ordinato” per proprio conto. E’ innegabile difatti che l’area assomigli alle corti interni degli isolati urbani in cui ciascuno mette tutto quello che non vuole o non può tenere in casa. Un retro diviso in varie proprietà, che in questo caso sono i comuni che vi si affacciano, ciascuno dei quali ha, almeno dal dopoguerra, “pianificato” il proprio territorio.

In realtà il piani hanno seguito lo sviluppo, addirittura contendendosi le espansioni residenziali col centro maggiore, Firenze, in modo da acquisire popolazione e quindi peso economico e politico. Ora che lo sviluppo edilizio sembra un po’ allentato, emergono, come dopo un uragano, gli importanti resti del territorio agricolo e si accarezza l’idea di restaurarli, e se possibile di riportarli ad una nuova vita.

Chiaramente un settore produttivo, e quello agricolo lo è, esiste in quanto le condizioni di mercato lo rendono possibile, ma una politica di incentivi può favorire la sua nascita e sviluppo. Per ora la Regione ha stanziato 6 milioni di euro che sono serviti a finanziare 17 progetti. Ma in sintesi il progetto di parco agricolo si basa tutto su un unico elemento strutturale: la destinazione ad uso agricolo e quindi, in pratica, la inedificabilità dei terreni inclusi nel parco. Se si arriverà a questo, ed i proprietari avranno la percezione che, almeno nel medio periodo, vale a dire venti o trent’anni, dovranno abbandonare le aspettative edificatorie, verrà meno la cosiddetta rendita di attesa, cioè l’aspettativa che uno può nutrire in rapporto al fatto che da qui a 5-10 anni i terreni divengano edificabili con un incremento di valore da dieci a venti volte. In questo caso l’investimento in agricoltura potrebbe tornare appetibile e l’area essere veramente una zona di coltivazioni agricole intensive, sempre però sottomesse all’alea dell’inquinamento ambientale, derivante dalle attività produttive, dall’autostrada, dal futuro termovalorizzatore, e dall’aeroporto.

Il progetto è ambizioso. Legato a questo disegno sta il destino dell’aeroporto, data la convivenza spaziale. La storia è lunga, e se ne discute da almeno 50 anni. La vera novità degli ultimi tempi è il parere favorevole espresso dal Presidente Rossi. Il copione cui eravamo abituati era quello di un contesto fiorentino fatto prevalentemente di imprese legate al commercio e al turismo, favorevole all’aeroporto di Firenze, mentre il partito da sempre al governo della regione, il Pci, aveva deciso di considerare l’aeroporto pisano come una sorta di risarcimento della costa nei confronti dell’area centrale gratificata dal capoluogo regionale, e dai collegamenti ferroviari e autostradali molto più favorevoli.

Da qui la teoria dell’aeroporto di Pisa come l’unico della regione, alla quale si contrappone ora quella di Rossi che teorizza il polo aeroportuale toscano come composto di due aeroporti (Pisa e Firenze) in sinergia tra di loro, capaci di lanciare la Toscana come polo aeroportuale dell’Italia centrale, una idea che si inquadra nella cosiddetta città policentrica toscana. Rilancio che sembra possibile solo con una nuova pista parallela all’autostrada, anche perché l’attuale sopravvive con deroghe che Enac potrebbe non rinnovare con la conseguente dismissione dell’attuale aeroporto e quindi la perdita dei circa mille posti di lavoro connessi direttamente con l’aeroporto.

Alla pista parallela si oppongono l’assessore Marson, il comune di Prato che verrebbe sorvolato, quello di Sesto Fiorentino col sindaco Gianassi che si vedrebbe tagliati i collegamenti con l’Osmannoro, e in generale il variegato fronte ambientalista costituito da molti comitati. Occorre rilevare che il sorvolo aumentando il rumore, riduce il valore degli immobili e quindi il dissenso si estende facilmente a tutte le famiglie residenti nelle aree critiche o supposte tali. In generale questo fronte di opposizione propende per l’allungamento della attuale pista, o, al limite, per la pista obliqua. L’allungamento della attuale manterrebbe comunque gli attuali livelli di inquinamento sonoro presenti nelle zone di Brozzi e Quaracchi, e per questo motivo, e per altri aspetti ambientali, l’assessore Marson ha da sempre sostenuto la necessità di limitare in qualche modo il numero e gli orari dei voli. Ovviamente questo comporterebbe una riduzione del numero dei passeggeri e quindi degli occupati nell’aeroporto. Che possano essere riconvertiti nelle attività agricole del parco della piana sembra poco probabile, e in questi tempi di crisi nessuno si vuole assumere la responsabilità di mandare a casa dei lavoratori.

Si tratta quindi di una decisione difficile e politicamente costosa. Per questo motivo si ribadisce il ruolo non direttamente decisionale della Regione, prevedendo solo le aree all’interno delle quali le varie ipotesi possono essere collocate. Le diverse preferenze dell’Assessore rispetto al Presidente della giunta si trasferiscono sulle prescrizioni al progetto del nuovo aeroporto e sugli impegni che si chiedono al soggetto realizzatore. Sul fronte dei requisiti si indica una regolamentazione dell’utilizzo, senza specificare come, sul fronte degli obblighi si stabiliscono tutte le opere complementari di cui Adf dovrà sostenere i costi, specialmente nel caso di realizzazione della pista “parallela convergente”. Si tratta di opere di non poco conto, che includono il sottopasso per la strada che collega Sesto all’Osmannoro, la deviazione del Fosso reale, e la realizzazione del sovrappasso del Fosso da parte dell’autostrada. Opere che Adf avrebbe accuratamente evitato onde limitare il costo previsto dell’opera e farlo rientrare nel budget dei 100 milioni di euro messi a disposizione della società per l’investimento. Così il costo potrebbe raddoppiare e quindi, dal lato del fronte ambientalista, si spera che, dato l’ammontare dell’investimento, la società receda dai suoi propositi.

La Regione si limita quindi a stabilire le condizioni a tutela, e le prescrizioni al gestore privato. Una strategia comunque non indolore. Se dal lato di coloro che intendono realizzare la pista questo può essere visto come un forte ostacolo, dal lato del fronte ambientalista o di coloro che semplicemente non vogliono il territorio ingombrato da oggetti indesiderati, come potrebbe essere Sesto, questo viene percepito come un cedimento. La Regione avrebbe potuto nella sua autonomia non riservare alcuna area per lo sviluppo dell’aeroporto e dare parere negativo, in base a questa decisione, su qualsiasi piano di sviluppo aeroportuale successivamente presentato. Invece, si può notare come in questa integrazione alla precedente variante, l’area che dovrebbe contenere la pista parallela all’autostrada sia stata modificata in vicinanza dell’autostrada proprio per contenere la nuova previsione di pista “parallela convergente”, segno che Adf esercita un certo potere sulle scelte regionali e che tutta questa terzietà della Regione non è poi così evidente come la si descrive.

Si sta quindi giocando una partita complessa in una arena decisionale affollata di decisori dotati di armi impari, ma comunque efficaci, con autorità a differenti livelli. In estrema sintesi si confronta un fronte ambientalista con uno più legato allo sviluppo della economia locale. Di fatto una città come Firenze senza un aeroporto valido avrà molte difficoltà nella competizione urbana a meno di non creare un collegamento efficiente con Pisa, e il people mover pisano non va certo in questa direzione.

Nella integrazione della variante si va delineando con maggior chiarezza il ruolo della Regione che ha deciso di attendere. Sarebbe bene che si smettesse di evitare la decisione, anche se esistono fior di teorie che ci spiegano come questa sia la strada più seguita. D’altra parte la politica è fatta per questo, e la mancanza di decisione, come sottolineato durante l’incontro dal rappresentante della Cna, finisce per non dare certezze agli imprenditori che intendono investire, e sappiamo quanto, in questi tempi, di investimenti ce ne sia bisogno.

*Ricercatore, Dipartimento di Urbanistica e pianificazione del territorio Università  di Firenze