Toscana

Al Qaida, cinque arresti a Firenze

Morire da kamikaze per conquistare il paradiso promesso dal Profeta. Era l’aspirazione di cinque elementi di una cellula “dormiente” che stava per realizzare il sogno dei fondamentalisti e individuata dagli inquirenti genovesi. Non c’è stata soluzione di continuità nei due anni di indagine della Digos di Genova sui contatti tra l’organizzazione di Hamas ed elementi legati al terrorismo internazionale. Un’indagine silenziosa e blindata senza una parola o una fuga di notizie. Un’indagine che parte da Genova e arriva dritta a Firenze, all’imam di una delle due moschee cittadine, quella di Sorgane, e a quattro musulmani convinti che presto «saranno vestiti di verde» ma che, adesso, sono in manette.

LE INDAGINI, DA HAMAS A AL QAIDA – La Digos di Genova, nell’ambito di un’indagine a vasto raggio sull’organizzazione di Hamas e sui possibili contatti con i salafiti del Movimento per la predicazione e il combattimento, aveva identificato nell’agosto del 2003, nel porto di Genova, Abdel ben Matallah, tunisino. L’uomo, che stava partendo per Tunisi, aveva con sè una valigia piena di sermoni inneggianti la Jihad e alcuni video che mostravano attentati in Cecenia. Da lui sono partite le indagini che hanno portato alla moschea di Sorgane, nella periferia di Firenze e al suo imam, Mahamri Rashid, considerato capo della cellula dormiente “Ansar al Islam”.

LA CELLULA GUIDATA DA UN IMAM – “Ansar al Islam” significa “sostenitrice dell’Islam”. È considerata un’organizzazione fiancheggiatrice di Al Qaida e ha base nel nord dell’Iraq, in territorio curdo. Prende nome dai musulmani che accolsero i “fratelli dell’Islam” in fuga dalla Mecca a Medina. Secondo quanto accertato la cellula sgominata era composta da cinque persone: l’imam algerino della moschea fiorentina di Sorgane, che aveva sostituito l’imam Mohamed Rafik, marocchino, arrestato per l’attentato di Casablanca nel 2003, e quattro tunisini, tutti in regola con il permesso di soggiorno, residenti a Siena e Firenze e dediti a lavori saltuari.

TRADITI DALLA FRETTA DI PARTIRE – È stata la fretta e l’insistenza nell’ottenere il duplicato di un passaporto smarrito a convincere la Digos di Genova a imprimere un’accelerazione nelle indagini portando a termine gli arresti. I cinque infatti stavano preparandosi a partire per raggiungere la Siria e lo Yemen e da qui l’Iraq dove sarebbero divenuti kamikaze contro obiettivi americani ed europei.

INTERCETTAZIONI, COSA SI PROVA A SPARARE AGLI ITALIANI? – “Fra un mese finalmente saremo martiri”. È, questa, una frase trascritta nelle intercettazioni telefoniche effettuate dalla Digos di Genova durante le indagini. L’ansia di raggiungere il paradiso promesso ai musulmani, con tutti gli annessi e connessi, porta gli indagati a parlare spesso della prossima missione kamikaze, e del sogno di divenire «l’angelo custode della mia famiglia». Nelle telefonate, i cinque esprimono anche la curiosità di «farsi saltare in aria con 300 chili di esplosivo addosso» e che cosa si deve provare «nell’uscire allo scoperto e a sparare contro i militari italiani».

I MAGISTRATI, ORA L’INCHIESTA A FIRENZE – Il fascicolo, iscritto a modello 21 per il reato di associazione sovversiva con finalità di terrorismo, viene aperto dalla procura di Genova. Il magistrato incaricato delle indagini è Nicola Piacente, titolare, tra l’altro, dell’inchiesta per l’arruolamento di alcuni italiani inviati in Iraq e per la morte di Fabrizio Quattrocchi, body guard genovese. Venti giorni fa, le indagini si chiudono e il magistrato dispone l’invio del fascicolo a Firenze. Qui, il procuratore aggiunto Francesco Fleury chiede e ottiene le ordinanze di custodia cautelare firmate dal gip Anna Sacco.

PISANU, MANTENERE ALTA L’ATTENZIONE – Per il ministro dell’Interno Giuseppe Pisanu, l’operazione «è il risultato di lunghe e complesse indagini condotte con grande professionalità dalla Polizia di Stato sotto l’efficace direzione dell’autorità giudiziaria». Il ministro ha anche aggiunto «che queste indagini, pur nella loro importanza, sono soltanto un aspetto della più vasta e articolata attività antiterrorismo che stiamo conducendo in Italia e all’estero con la collaborazione di tanti paesi amici». Pisanu, che si è detto «soddisfatto» ha ribadito la necessità di «mantenere alta l’attenzione». (Chiara Carenini- ANSA).