Toscana

Alla Verna nel nome di Francesco la marcia e la preghiera per la pace

di Giacomo GambassiNessuna bandiera, nessuno striscione. Soltanto i gonfaloni dei Comuni delle province di Arezzo e Firenze, sei fiaccole e tre insegne con la stessa scritta ripetuta in italiano, in ebraico, in arabo: «Dio è amore». Poi il silenzio francescano del Monte delle Stimmate che accompagna la preghiera itinerante delle tre grandi religioni monoteiste, riunite nel nome di Abramo, lungo la salita verso il santuario. Insieme nella diversità per invocare la pace «soprattutto in Iraq, a Gerusalemme e in tutto il Vicino Oriente», per sollecitare «il rilascio di tutte le persone sequestrate in terra irachena», per «condannare la violenza omicida, le sue premesse, le sue giustificazioni».Parte da La Verna lo «scacco alla guerra» di «Rondine-Cittadella della Pace», il progetto in tre mosse nato dalla mente del fondatore dell’associazione aretina, Franco Vaccari, che intreccia preghiera, politica ed economia.

Parte con un pellegrinaggio di tre chilometri sulla roccia benedetta di San Francesco, con una preghiera ecumenica e interreligiosa, con un ponte radio fra il Casentino, Gerusalemme e Bagdad, con un appello «ai responsabili delle nazioni e ai responsabili religiosi» firmato da sei vescovi della Toscana (Agostinelli, Bassetti, Cetoloni, Giovannetti, Maniago e Simoni), dal Provinciale dei Francescani, padre Maurizio Faggioni, dal Guardiano del Santuario della Verna, padre Fiorenzo Locatelli, dal Generale dei Camaldolesi, padre Emanuele Bargellini, dall’archimandrita per l’Italia del Patriarcato di Costantinopoli, Dionisios Vasileius, dall’imam di Firenze, Elzir Izzeddin, e dal rappresentante della comunità ebraica di Firenze, Mario Fineschi. Parte con un impegno diffuso lunedì sera dalla terrazza del santuario francescano che è già stato inviato in Iraq, in Terra Santa, al Parlamento italiano, all’Unione europea e all’Onu e che vuol essere anche un contributo per arrivare ad «uno slancio di fantasia creativa dei governanti», spiega il Generale dei Camaldolesi.

Le sue parole risuonano nella Basilica dove sono riuniti in preghiera i cristiani. In preghiera i cattolici e gli ortodossi insieme ai sei vescovi della Toscana. In preghiera i musulmani e gli ebrei in altre due sale del santuario. Uniti dall’«Onnipotente», si legge nell’appello, intorno alla figura di San Francesco d’Assisi, ambasciatore di pace e sostenitore del dialogo fra le civiltà.

Lo cita l’imam di Firenze durante la marcia che precede la preghiera a cui partecipano anche il sottosegretario al welfare, Grazia Sestini, i parlamentari aretini Rosy Bindi e Giuseppe Fanfani, il presidente della Provincia, Vincenzo Ceccarelli e più di trenta sindaci accompagnati dai loro gonfaloni e da quelli del Comune di Firenze e della Regione. E, a nome dell’Unione delle Comunità Islamiche Italiane, Izzeddin rinnova l’invito «alla convivenza pacifica e al rispetto reciproco». Altrettanto impegnativo il messaggio del rappresentante della comunità ebraica di Firenze, Mario Fineschi. «Soltanto la preghiera può aiutare a combattere la tentazione umana della sfiducia e unirci di fronte all’unico Padre».

San Francesco, le radici comuni, ma anche Giorgio La Pira. Se il «sindaco santo» di Firenze ha ispirato Franco Vaccari nell’elaborazione del suo piano che si rifà all’idea di «ingerenza profetica» sperimentata negli anni della «guerra fredda» e del Vietnam, la forza di La Pira entra alla Verna con la testimonianza di un suo diretto collaboratore, Giorgio Giovannoni. «Come cristiani non possiamo che ripudiare le crociate e, anzi, dobbiamo alimentare con l’olio benedetto la fiamma della speranza».Una speranza che a Bagdad è sempre viva e rimbalza nel santuario attraverso le parole del nunzio apostolico in Iraq, Filoni, collegato con il Casentino attraverso Radio Vaticana. «Da anni il popolo iracheno conosce combattimenti, violenze e negazione dei diritti umani. Sembra un corpo fragile squarciato da una malattia senza rimedio. E, invece, la pace è possibile: ma non basta l’assenza di guerra, occorre restituire dignità a una terra senza, però, appellarsi a presunzioni di superiorità fra civiltà». E via radio da Gerusalemme, il cardinal Kasper, presidente del Pontificio Consiglio per l’Unità dei Cristiani, definisce l’iniziativa della Verna una «testimonianza di pace a cui partecipano tre religioni della pace». Nonostante i numeri lancino sempre il tempo che trovano perché «noi ci sentiamo di rappresentare il mondo che chiede di superare le barriere religiose e umane», afferma padre Bargellini, una volta tanto anche le cifre hanno un senso. Perché lunedì sera in più di duemila hanno varcato la soglia del santuario francescano e sottoscritto l’appello per la pace. Una partecipazione forse inaspettata che, spiega Vaccari, «ci carica di ulteriore responsabilità e si spinge a non fermarci». E, infatti, se la veglia di preghiera era il primo passo del progetto di «Rondine», ora l’attenzione si sposta sul versante politico. «Dopo questo sussulto di grazia – afferma il fondatore dell’associazione – è necessario che la politica abbia un sussulto d’intelligenza. Bisogna entrare nella complessità delle strade della pace con la forza di una proposta». Perché, sostiene Vaccari, «non si può aspettare che siano sempre gli altri a muoversi per primi».Tra i partecipantiSei i vescovi toscani presenti alla Verna: Gualtiero Bassetti, che ha fatto gli onori di casa insieme al padre guardiano della Verna Fiorenzo Locatelli e al priore di Camaldoli, Emanuele Bargellini; Gastone Simoni di Prato, Claudio Magnago, ausiliare di Firenze, Luciano Giovannetti di Fiesole, Franco Agostinelli di Grosseto e Rodolfo Cetoloni di Montepulciano-Chiusi-Pienza. A loro si sono uniti, con testimonianze di valore spirituale e culturale, i rappresentanti delle religioni: Elzir Izzeddin, presidente della Comunità islamica toscana, Mario Fineschi, del Consiglio della Comunità ebraica di Firenze, Dionisios Vasileius, Archimandrita per l’Italia del Patriarcato di Costantinopoli e altri ancora.

Presenti i gonfaloni e i rappresentanti istituzionali di molte città: Arezzo e Firenze, la Provincia di Bologna, la Regione Toscana e oltre 30 sindaci della Provincia di Arezzo. Non sono mancate nemmeno le presenze dei parlamentari, da Rosy Bindi, a Giuseppe Fanfani, a Grazia Sestini e Monica Bettoni e di molti esponenti dell’associazionismo cattolico tra cui la Comunità di Sant’Egidio, l’Azione cattolica italiana, il Movimento dei Focolari e le madri generali di alcuni ordini religiosi femminili.

Le prossime mosseLa veglia di preghiera alla Verna era la prima delle tre «mosse» previste dal piano di pace per l’Iraq proposto da «Rondine» e dal suo presidente Franco Vaccari. Di seguito le altre due «mosse».

La seconda. L’Italia chiama l’Europa per l’immediata creazione, al suo interno, di una forza militare multinazionale euromediterranea cui partecipano – anche in modi diversificati – Paesi estranei alla guerra (Francia, Germania, Marocco? Egitto? Libia? …). L’Italia potrebbe parteciparvi con il compito specifico di rilanciare il rapporto atlantico con gli Stati Uniti sul piano degli alti valori condivisi. Tale forza multinazionale è proposta al legittimo Governo provvisorio e ai Capi religiosi iracheni (che potrebbero negoziare sulla base di diversi ed evidenti interessi) e alle forze armate che hanno abbattuto il regime di Saddam (Stati Uniti e Inghilterra, che avrebbero altrettanti – e non minori – interessi per realizzare con Stati amici un turn over che apra alla fase di pacificazione e di ricostruzione). L’operazione di veloce sostituzione di tutte le forze armate presenti – come passaggio intermedio dall’attuale situazione a un successivo e positivo intervento delle Nazioni Unite – dovrebbe essere avallata, ovviamente, dalle Nazioni Unite.

La terza. La progettazione di un Cantiere per una Cooperazione Economica Internazionale Equa e Solidale, sotto la responsabilità degli Organismi Internazionali collegati alle Nazioni Unite, in collaborazione con tutti gli stati protagonisti della vicenda, specialmente quelli del Vicino Oriente, comprendendo quelli che hanno abbattuto con la guerra il regime di Saddam. Il nuovo Iraq dovrebbe diventare un intero Paese che attua ciò che in microesperienze si realizza da tempo in varie parti del mondo. Si tratterebbe della trasformazione di una situazione tragica in occasione per creare relazioni utili per la crescita umana, economica e culturale di tutti. Buone pratiche di cooperazione internazionale potrebbero aprire la via ad una riconciliazione sul campo tra Occidente (intero) e Vicino Oriente (intero: Gerusalemme non può mai essere dimenticata!). Pace per ciascuno in cambio di vantaggi economici per tutti.

Iraq, scacco alla paralisi in tre mosse