Toscana

Anno giudiziario: processi, tempi troppo lunghi. Pericolo di infiltrazioni mafiose

Processi troppo lunghi, carceri che soffrono di sovraffollamento, il pericolo di infiltrazioni mafiose. Questo il quadro che emerge dalla cerimonia di inaugurazione dell’anno giudiziario 2013 che si è svolta stamani nell’aula della corte di assise del nuovo palazzo di giustizia di Novoli a Firenze. 

TEMPI TROPPO LUNGHI. Da una ricognizione sullo stato della giustizia in Toscana emerge una «amara ma oggettiva conclusione del permanere, salvo episodiche e circoscritte eccezioni, della consueta crisi legata all’eccessiva durata dei processi». Lo ha detto Fabio Massimo Drago, presidente della Corte di Appello di Firenze, alla presenza del presidente della Regione Toscana Enrico Rossi, del presidente del Consiglio regionale Alberto Monaci, del sindaco di Firenze Matteo Renzi. Secondo Drago, «a fronte di un arretrato cristallizzatosi da decenni, gli effetti pratici dei provvedimenti semplificatori e della razionalizzazione della geografia giudiziaria non potranno che essere marginali e manifestarsi comunque soltanto nel medio termine». Tali provvedimenti, tra l’altro, «mentre lasciano irrisolto l’annoso problema della molteplicità dei riti, rischiano talvolta di aggravarlo, laddove non tengano adeguato conto dell’esperienza dei giudici e degli avvocati che vivono le diverse realtà giudiziarie». Nei tribunali toscani una causa civile dura in media 407 giorni. In quello di Firenze 450 giorni (erano 417 nel periodo precedente). In corte d’appello una causa civile si trascina in media 952 giorni (cioè quasi tre anni +6% rispetto al periodo precedente). Un processo penale collegiale dura in media in Toscana 636 giorni (+11,73% rispetto al periodo precedente). Un processo penale con rito monocratico dura in media 376 giorni (+14,71% rispetto al periodo precedente).

CARCERI SOVRAFFOLLATE. In Toscana, secondo Drago, la situazione delle carceri assume dimensioni di «drammaticità». In particolare al carcere di Sollicciano a Firenze, il «sovraffollamento è una caratteristica costante». Rispetto alla media nazionale, che è del 155%, a Sollicciano il sovraffollamento sfiora il 200%. Le camere di pernottamento prevedono ormai sempre tre letti e l’aumento (oltre il raddoppio) in quelle a più posti. Permangono le «difficoltà» relative all’assistenza sanitaria.

TRAFFICO RIFIUTI E DROGA. C’è poi l’allarme per una «crescente criminalità dedita al traffico di rifiuti, spesso gestita da esponenti di clan camorristici». A lanciarlo la Procura di Firenze. Anche il riciclaggio è «delitto sempre più emergente» per la Procura che indica la «accresciuta incidenza dei delitti attribuibili ad elementi, gruppi o espressioni di camorra e ‘ndrangheta in particolare». E mentre cresce ancora il «gettito criminale» di cittadini cinesi, «crea notevole allarme l’ingresso massiccio di gruppi albanesi e rumeni nel campo dello spaccio di droga, nell’immigrazione clandestina nonché nel mercato della prostituzione».

INFILTRAZIONI MAFIOSE.«Nessuna zona della Toscana – ha spiegato Francesco D’Andrea, Procuratore generale facente funzioni – è oggetto di controllo da parte di organizzazioni criminali». Però «queste organizzazioni hanno interesse a infiltrarsi in modo subdolo nel tessuto socio-economico della Regione, senza il dispiego di quelle eclatanti manifestazioni di intimidazione e di violenza che sono invece tipiche dell’azione mafiosa in altre zone del Paese». Emergono in particolare «aggregazioni di vario tipo riferibili a gruppi di criminalità storicamente radicate nel nostro meridione, in particolare alla ‘ndrangheta e alla camorra».

CAUSE PER MOBBING. In aumento le cause per mobbing e i contenzioni di «precari» contro la Pubblica amministrazione, in particolare nella scuola. E’ quanto emerge dalla relazione della sezione lavoro. Nel periodo 1° luglio 2011-30 giugno 2012, rispetto all’anno precedente, «in fase di incremento sono le controversie nei confronti della pubblica amministrazione, con particolare riguardo al settore scolastico: tale contenzioso molto spesso è originato dai problemi del precariato che nel settore pubblico acquista connotazioni specifiche». «Anche le cause di mobbing – si legge ancora nella relazione – sia nel settore privato che pubblico, sono in costante aumento e, in molti casi, si ha l’impressione che vi sia una tendenza a connotare in termini mobbizzanti e/o discrimintaori quelle che sono fisiologiche discrezionalità valutative da parte della Pubblica amministrazione, ad esempio nel conferimento di incarichi dirigenziali o di posizioni organizzative».

SERVONO RISORSE. Per la giustizia, ha sottolineato Drago, servono risorse adeguate che mettano fine all’«umiliazione di una questua quotidiana». «Qualsiasi riforma ordinamentale – ha detto – non può fondarsi soltanto sull’abnegazione dei singoli o sulle eccellenze organizzative di illuminati capi degli uffici, ma deve poter contate anche su un decoroso stanziamento finanziario di bilancio che ponga fine all’umiliazione di una questua quotidiana per ottenere dal governo molto meno dell’indispensabile per il funzionamento degli uffici».

MAGISTRATI IN POLITICA. Secondo D’Andrea, su tempi e modalità con cui i magistrati possono impegnarsi in politica deve intervenire il legislatore. «E’ anche nostro il convincimento – ha concluso – che l’affermazione, ormai scontata se non addirittura banale, secondo cui il magistrato deve evitare comportamenti che, valutati retrospettivamente, possano gettare anche solo l’ombra del sospetto sull’attività giudiziaria, riguarda oggi anche il tema della scelta del magistrato di assumere impegni sul terreno della politica».